Amarcord: Riccardo Zampagna, l’operaio dell’area di rigore
E’ esistito anche un calcio in cui i giocatori non pubblicavano sui social network la loro vita, in cui non preconfezionavano le esultanze dopo ogni gol e in cui non si copiavano le pettinature fra di loro come soldati. E non era un calcio preistorico, è accaduto tutto pochi anni fa, è accaduto quando giocava Riccardo Zampagna.
Riccardo Zampagna nasce a Terni il 15 novembre 1974 da una famiglia modesta ma pulita, il papà è operaio delle acciaierie cittadine, lavora sodo e torna a casa con i calli sulle mani, costrette a subire pesanti dosaggi di creme ammorbidenti. Il piccolo Riccardo guarda ed impara, capisce che senza sacrificio e fatica non si guadagna e senza soldi il piatto sul tavolo rimane vuoto. A scuola capisce in fretta le differenze sociali: fra i suoi compagni c’è chi lo accompagna la tata ed è vestito di tutto punto e chi, come lui, spesso ha addosso i vestiti di fratelli o cugini più grandi. Ben presto a Riccardo Zampagna inizia a venire una certa passione per il calcio, quello che si gioca per strada e che elimina tutte le differenze, perché appresso al pallone tutti corrono nello stesso modo e tutti hanno il medesimo entusiasmo; lui ci mette grinta e tenacia, non sa niente di tattica e non è neanche così bravo a stoppare la palla, però non perde un contrasto e, soprattutto, quando si tratta di dare la zampata decisiva in area è sempre lì. “La zampata di Zampagna“, gli dicono gli amici, ma lui dopo un po’ smette di ridere e la prende molto più seriamente di loro, crede che forse quella passione potrà trasformarsi in qualcosa di più e lo dice anche a casa. “Basta che continui a studiare e poi ti metti comunque a lavorare“, è la risposta di mamma e papà.
E così Zampagna inizia a dividersi fra scuola e campetti dell’entroterra ternano, comincia a sudare sul serio quando si allena e quando gioca, ma tutto è ancora poco più di uno svago: non segue una dieta ben precisa, al massimo evita di abbuffarsi il sabato a pranzo se poi al pomeriggio deve giocare, però cerca di apprendere al massimo gli insegnamenti dei suoi allenatori, migliora la tecnica di base e le nozioni tattiche, soprattutto per non finire in fuorigioco ad ogni azione. Nel 1986 lo prende in organico la società Virgilio Maroso che gioca nel quartiere Borgo Rivo, proprio dove Zampagna abita con la famiglia; col pallone ci sa fare, non c’è che dire, anche se di lui non colpisce tanto la bravura tecnica e la postura, quanto l’abnegazione e il senso della posizione in area: quando c’è una palla vacante a ridosso del portiere, dicono, state certi che il primo a catapultarsi è lui. Nel 1991 lo chiama un’altra formazione dilettantistica, l’Amerina, ed anche qui le sue grandi doti di finalizzatore e uomo di carattere vengono immediatamente notate, soprattutto perché nello spogliatoio molti dei suoi compagni scimmiottano i calciatori della serie A, mentre lui arriva e se ne va sempre trafelato, perché nel frattempo ha trovato lavoro come tappezziere ed è ligio ai dettami della famiglia: va bene il calcio, ma bisogna lavorare. Zampagna si ricorda che senza soldi il piatto in tavola resta vuoto e allora lavora sodo, impara tutto del montaggio delle tende da sole, è un operaio modello, suda e sgobba, poi la sera corre ad allenarsi e la domenica gioca e segna.
Fra il 1991 e il 1996 Zampagna segna 30 reti con l’Amerina, ma a 22 anni suonati è convinto che il sogno di diventare un vero calciatore sia ormai svanito. A quell’età, del resto, molti giocatori hanno già diverse presenze in serie A o comunque vantano buona esperienza fra serie B e C. Meglio fare il tappezziere, dunque, e lasciar stare quella doppia vita che stanca, stressa e consuma la mente ed il corpo, meglio uno stipendio fisso, magari non eccezionale, ma una vita normale che alle 6 di sera ti riporta a casa a goderti la famiglia e gli amici. Proprio quando è sul momento di mollare la carriera calcistica, però, Zampagna viene convocato dai dirigenti dell’Amerina che gli comunicano che il Pontevecchio (società della frazione perugina di Borgo San Giovanni) lo vorrebbe per giocare in serie D. Lui se lo fa ripetere un paio di volte, poi corre a sentire dai diretti interessati la proposta e firma per la prima volta un contratto vero, certo non ancora professionistico, ma pur sempre l’anticamera del grande calcio. Il Pontevecchio è una piccola società, non ha particolari ambizioni e Zampagna si ambienta bene, l’impatto con la serie D non è per niente traumatico e il bomber ternano sigla 13 reti in 22 partite, un bottino che non passa inosservato alle categorie superiori: in estate lo ingaggia la Triestina e stavolta le porte del calcio vero sono spalancate per l’ex tappezziere che si ritrova in C2 e in un club storico come quello giuliano, in uno stadio grande e prestigioso come il Nereo Rocco. E Zampagna non sfigura neanche all’esordio in serie C dove mette a segno 9 reti in una stagione che vede la Triestina perdere la finale playoff con il Cittadella, promosso in C1 solo per il miglior piazzamento al termine del campionato regolare.
Zampagna inizia ad affermarsi come buon attaccante di serie C, dopo Trieste si trasferisce ad Arezzo, quindi si misura con una grande piazza come Catania nel 1999 quando la società siciliana è gestita da Luciano Gaucci, proprietario anche del Perugia che milita in serie A. Dopo un prestito al Brescello, lo stesso presidente Gaucci trasferisce Zampagna proprio al Perugia, facendogli compiere un doppio balzo dalla C1 alla serie A. E’ l’estate del 2000 e qualche giornale inizia a raccontare la strana storia di questo centravanti che si è costruito da solo e che il Perugia dei miracoli (che ha già compiuto imprese simili proprio in quegli anni portando direttamente in serie A calciatori come Bucchi o Liverani, prelevati dalla serie C o dai dilettanti) vuole far esordire in massima serie. Chi lo vede in ritiro resta colpito da un ragazzo che a prima vista non sembra neanche un calciatore: è accogliente ed un po’ timido, fatica a mantenere l’equilibrio alimentare dei compagni e non ha il fisico atletico e scolpito dei giocatori di serie A. Durante il ritiro l’allenatore Serse Cosmi, umbro come lui, gli concede la possibilità di esordire nell’Intertoto e nella sfida del Perugia contro lo Standard Liegi. Gli amici di Terni lo sfottono, gli dicono che con addosso la maglia dei nemici perugini è ancora più brutto del solito, lui se la ride ma ha capito che tra fare il tifoso e diventare professionista c’è tanta diversità. A Perugia, tuttavia, Zampagna non riesce ad imporsi e nel calciomercato autunnale scende in serie B e va al Cosenza dove vive una stagione magica perché i calabresi guidati in panchina da Bortolo Mutti restano a lungo in testa alla classifica e sognano la prima storica promozione in serie A. Un calo nella seconda parte li relega quasi a metà classifica, ma il campionato resta ottimo, così come quello di Zampagna che sigla 10 reti in 29 presenze.
Rientrato a Perugia viene nuovamente ceduto in serie B, stavolta al Siena dove contribuisce alla salvezza dei toscani mettendo a segno 7 reti. Ancor meglio va nella stagione successiva, 2002-2003, quando salva il Messina con ben 19 gol in campionato, conoscendo uno dei suoi grandi amori calcistici, quello per la maglia giallorossa dei siciliani. Nel 2003-2004 Zampagna torna a casa e gioca sempre in serie B con la Ternana; è un’annata da sogno, fra la sua gente e con una squadra che a lungo battaglia per la promozione in A, Zampagna segna e segna pure tanto, ad ogni gol (diversi dei quali realizzati in rovesciata) in casa va sotto la curva rossoverde ed esulta come un ragazzino, acclamato da quelli che sente come amici e non come semplici tifosi. Alla fine i gol saranno ben 21, ma la Ternana non riesce ad agganciare il treno promozione ed il suo goleador casalingo torna a Messina dove nel frattempo i giallorossi hanno ottenuto la serie A e stavolta Zampagna a quasi 30 anni è pronto a debuttare nel massimo campionato. In panchina c’è Mutti, i due si conoscono bene e l’affiatamento è immediato, in più il Messina è una squadra costruita bene, si capisce sin dalle prime battute che ha fondate possibilità di salvarsi. L’esordio di Zampagna in serie A avviene il 19 settembre nella seconda giornata di campionato quando a Messina si gioca la sfida fra i padroni di casa e la Roma; è una gara storica perché è la prima nel nuovissimo stadio San Filippo che ha appena preso il posto del leggendario Celeste, anche se la giornata è cupa e piovosa. La partita è incredibile: il Messina va in vantaggio, subisce il pareggio e trova il 2-1, ma la Roma grazie ad una tripletta di Montella si ritrova sul 3-2 ad un quarto d’ora dal termine. Al 75′ Giampà sigla il 3-3 e pochi minuti più tardi ecco il capolavoro di Zampagna che, lanciato in contropiede, beffa il portiere romanista con un pallonetto preciso che vale il gol vittoria e la sua prima marcatura in serie A.
La storia di Riccardo Zampagna finisce su tutti i giornali, in televisione, il gol alla Roma fa il giro del mondo, lui a carriera finita benedice la sua spregiudicatezza: “Se mi fosse capitato dopo – dice – avrei cercato altre soluzioni, invece quel giorno con tutta la mia incoscienza di esordiente in serie A ho voluto fare una cosa sopra le righe ed è andata bene“. E andrà meglio solo tre giorni dopo quando nel turno infrasettimanale il Messina gioca a San Siro con i campioni d’Italia in carica del Milan: anche in questo caso emozioni a non finire: segna il Milan ad inizio ripresa, ma in soli tre minuti ancora Giampà e Zampagna ribaltano la situazione e per il centravanti ternano arriva la consacrazione di un altro gol prestigioso e di un altro successo regalato agli increduli tifosi peloritani. Zampagna gioca con semplicità, si vede che non ha tecnica sopraffina ma ha il carattere giusto per giocare in serie A, ha grinta, tenacia e nessuna paura degli avversari, non ha neanche paura delle figuracce come ha dimostrato il pallonetto contro la Roma. Spesso si esibisce in rovesciate che qualche volta riescono e qualche volta no, e a chi gli domanda cosa lo faccia rischiare così lui risponde: “Come faccio a sapere che non andrà bene se non ci provo neanche?“. L’ex attaccante della Ternana segna anche a Torino contro la Juventus il 16 ottobre, anche se il Messina perde, poi va in rete nel sentito derby dello Stretto contro la Reggina, vinto dalla sua squadra per 2-1, quindi nel girone di ritorno si ripete contro Roma e Milan anche se stavolta i giallorossi siculi perdono entrambe le volte. La doppietta alla Sampdoria del 1 maggio 2005 arriva quando il Messina è ormai virtualmente salvo e all’ultima giornata Zampagna trova la via del gol anche contro il Livorno per un bottino finale di 12 reti, salvezza acquisita e titolo personale di capocannoniere della squadra. Niente male per un debuttante.
Zampagna è ormai un attaccante affermato anche in serie A, tuttavia resta schivo, si concede poco alla televisione e non si atteggia a divo, tanto che per fare un po’ di inutile gossip la stampa trova un paio di sue esultanze a pugno chiuso sotto la curva della Ternana: ” E’ comunista“, si affrettano a dire alcuni, proprio nel periodo dello stucchevole scontro politico fra Lazio e Livorno, col “camerata” Di Canio ed il “compagno” Lucarelli posti a capo delle fazioni delle due tifoserie. A chi gli chiede se sia di sinistra, Zampagna risponde: “Sono nato in una famiglia di operai a Terni, è improbabile che io sia a favore dei capitalisti“. Ma a lui interessa poco filosofeggiare sulla politica e preferisce concentrarsi sul campo, laddove ha dimostrato di poter sgomitare con le difese migliori della serie A nonostante fino a 7 anni prima lui facesse ancora l’operaio nella periferia di Terni. Il Messina lo conferma, ma si capisce fin da subito che l’annata per i giallorossi è storta, Zampagna segna contro Ascoli e Chievo, poi a gennaio lo acquista l’Atalanta in serie B dove lo vuole fermamente il tecnico Stefano Colantuono; l’attaccante umbro accetta di buon grado la declassazione, perché sa che a Messina ha dato tutto e la squadra non è la stessa e perché consapevole dell’ambizioso progetto tecnico dell’Atalanta che, grazie anche alle sue 6 reti da gennaio a giugno, ottiene la promozione in serie A. L’esilio cadetto dura dunque appena 6 mesi e per Zampagna nell’estate del 2006 si riaprono le porte della massima serie con la possibilità di confrontarsi con una piazza importante come quella di Bergamo in cui diventerà quasi subito un idolo.
L’Atalanta 2006-2007 è una squadra ben assortita e ottimamente guidata da Colantuono che affida a Zampagna le chiavi dell’attacco nerazzurro, con Ventola e Soncin ad alternarsi come spalla del centravanti ternano e con la qualità di Doni ad ispirare la prima linea. Zampagna fa subito gol in Coppa Italia, prima al Sassuolo e poi al Pescara, quindi si ripete alla prima giornata di campionato il 10 settembre 2006 nel 3-1 rifilato dall’Atalanta all’Ascoli. Il 22 ottobre, alla settima giornata, va in scena Atalanta-Sampdoria: la partita inizia malissimo per i lombardi, trafitti dalla doppietta di Quagliarella dopo appena 11 minuti; l’Atalanta fatica a rialzarsi e la Samp sfiora in più occasioni il colpo del ko, fino al 38′ quando i bergamaschi si guadagnano un rigore che Doni trasforma per l’1-2. La ripresa è una battaglia che si infuoca all’85’ quando Doni segna nuovamente dal dischetto per un 2-2 che agli atalantini non basta ancora dato che proprio al 90′ Zampagna infila la rete del ribaltone e del clamoroso 3-2. A molti torna in mente Messina-Roma di due anni prima, decisa proprio dal bomber umbro che si specializza in gol decisivi: il 22 novembre dà inizio ad un’altra rimonta, quella da 2-0 a 2-2 in casa del Chievo, poi segna ad Ascoli, in casa contro Catania e Palermo, a Torino e soprattutto sigla il gol del 2-0 contro la Roma il 22 aprile 2007 certificando indirettamente l’aritmetico scudetto dell’Inter grazie alla concomitante sconfitta romanista proprio a Bergamo. A fine campionato i gol di Zampagna saranno ben 11 con conseguente riconferma per l’anno successivo quando però le cose non girano: in panchina c’è Delneri che ha preso il posto di Colantuono, passato al Palermo. L’Atalanta arranca, Zampagna la salva in due occasioni, prima a Firenze siglando la rete del 2-2 all’86’, poi in casa con la Lazio, battuta da un guizzo dell’attaccante al 93′. Poi però la punta litiga pesantemente con Delneri, il centravanti finisce fuori rosa e a gennaio passa al Vicenza in serie B dove segna 6 reti ed è condizionato da un infortunio che lo tiene a lungo fermo.
Le ultime cartucce della carriera Riccardo Zampagna le spara ancora in serie B dove gioca due anni discreti al Sassuolo con 16 reti totali ed il ruolo di chioccia del gruppo, quindi in C2 alla Carrarese dove dopo un buon inizio con 2 gol nelle prime 10 partite rescinde a sorpresa il contratto e decide di chiudere col calcio giocato a novembre del 2010 e a 36 anni appena compiuti. Una carriera da quasi 200 reti complessive, tutte realizzate unendo caparbietà e carattere, a dispetto di un fisico non allenato come gli altri e da una gavetta fatta forse per qualche anno di troppo, perché prima della certezza di sfondare nel calcio occorreva farsi una posizione più o meno solida nel mondo del lavoro, per non correre rischi e per rispettare quella tradizione familiare fatta di lavoro e sacrificio, qualità poi espresse anche sui campi da gioco, dai dilettanti alla serie A. Il 2 luglio 2011 Riccardo Zampagna ha ufficializzato il suo ritiro dal calcio con una partita d’addio a Terni fra Ternana ed Atalanta in cui ha invitato tanti amici e tanti ex compagni di squadra, devolvendo poi l’intero incasso a diverse onlus della città umbra. Un atto di beneficienza che per l’ormai ex calciatore è solo l’ultimo di una lunga serie perpetrata nel corso degli anni e mai sbandierata.
Dopo il ritiro e il ritorno sui campi a livello amatoriale, Riccardo Zampagna ha aperto una tabaccheria nel centro storico di Terni, da lui stesso gestita, ha pubblicato un libro autobiografico dal titolo “Il calcio alla rovescia” girando poi tutti i proventi all’ospedale cittadino e coi quali è stato acquistato un mammografo. Ha intrapreso anche la carriera di allenatore ottenendo il patentino e guidando formazioni dilettantistiche fra cui Trestina e Orvietana, entrambe in serie D, prima di fare per un anno il commentatore televisivo per Rai Sport, con qualche chilo in più, qualche capello in meno ma la stessa semplicità che lo ha contraddistinto per l’intera carriera. Perché Riccardo Zampagna ha dimostrato a tutti come si possa arrivare in alto partendo dal gradino più basso della scala, unendo sudore, ambizione e sacrificio, ma soprattutto lavorando, adattandosi e sgomitando, qualità che in un mondo troppo spesso ovattato come quello del calcio sono servite da esempio ed insegnamento per molti.
di Marco Milan