Amarcord: Inter-Verona, la sfida di campionato che finì ai rigori
Maledetti rigori! Hanno titolato così molto spesso i giornali italiani dopo le sconfitte dagli undici metri della Nazionale ai mondiali di Italia ’90, a Usa ’94 e a Francia ’98. Sfortune e rimpianti che hanno invaso l’intero paese, anche se in Italia pochi ricordano quanto accaduto a San Siro durante un anonimo Inter-Verona, entrato però nella leggenda della serie A per un record quasi imbattibile.
Alla vigilia del campionato 1991-92 Inter e Verona partono con obiettivi diametralmente opposti: i nerazzurri si affidano all’esperimento di un allenatore esordiente come Corrado Orrico dopo l’addio di Trapattoni, puntando comunque al vertice con un organico di tutto rispetto e poco modificato rispetto a quello che aveva sfiorato lo scudetto e vinto la Coppa Uefa l’anno precedente, mentre i veneti confermano in panchina Eugenio Fascetti, tecnico che li ha riportati in serie A dopo la retrocessione del 1990, e puntano ad una tranquilla salvezza, contando anche sull’eccezionale colpo di mercato legato a Dragan Stojkovic, storico fantasista jugoslavo e fresco campione d’Europa con la Stella Rossa di Belgrado. La storia, ahiloro, dirà che per entrambe sarà una stagione fallimentare: Orrico di spettacolo ne farà vedere ben poco, dimettendosi alla fine del girone d’andata, l’Inter chiuderà a metà classifica e fuori dall’Europa, così come il Verona, mai aiutato da uno Stojkovic perennemente infortunato e da un attacco anemico, tornerà subito in serie B fra la delusione e la rabbia del pubblico. Ma chi assiste alla sfida di San Siro di inizio campionato, queste cose ancora non le sa, gli interisti sognano ancora lo scudetto, i veronesi si godono nuovamente il palcoscenico della serie A.
E’ il 15 settembre 1991 quando in un pomeriggio caldo e soleggiato Inter e Verona scendono in campo per la terza giornata di campionato. Gli uomini di Orrico sono reduci dal pari al debutto contro il Foggia e, soprattutto, dal successo in casa della Roma nel secondo turno che ha spento sul nascere qualche polemica sull’atteggiamento tattico della squadra nella sfida d’esordio. Il Verona, viceversa, è ancora inchiodato a zero punti, frutto della sconfitta casalinga contro la Roma alla prima giornata e del ko a Genova contro i campioni d’Italia in carica della Sampdoria alla seconda. Il calendario, stilato il 3 agosto precedente, obbliga i veronesi ad un’altra trasferta che, nonostante il blasone e la forza dell’Inter, viene già considerata tappa fondamentale per muovere la classifica, perché se è vero che i gialloblu non si giocheranno la salvezza in sfide come questa, è altrettanto evidente che rimanere sul fondo della graduatoria a lungo penalizzerebbe gli uomini di Fascetti anche dal punto di vista psicologico, condizione che il tecnico toscano vuole assolutamente evitare. Sugli spalti c’è tanta gente, ma nessuno sa ancora, ovviamente, che assisterà ad una partita fondamentalmente anonima e senza alcuna sorpresa dal punto di vista del risultato, ma destinata a restare impressa nella loro memoria per sempre.
L’Inter parte subito forte e vuole sbloccare il risultato prima che la gara diventi nervosa e si vada a collocare su binari più congeniali ad un Verona inizialmente guardingo. Il tempo di incominciare a capirci qualcosa, però, e l’arbitro Pezzella assegna un calcio di rigore all’Inter per un intervento in area che i veneti contestano a lungo. Sul dischetto si presenta il solito Lothar Matthaus, uno che non sbaglia quasi mai dagli undici metri; il quasi, però, stavolta prende il sopravvento perché il tedesco calcia anche discretamente, forte, a mezz’altezza e alla destra del portiere Gregori che si tuffa dalla parte giusta e con un pugno manda la palla in calcio d’angolo. L’Inter crea tanto e sciupa parecchio, il Verona agisce di rimessa ma non riesce a fare neppure il solletico a Walter Zenga, poi quasi in chiusura di tempo, Berti viene falciato in area e stavolta neanche quelli del Verona hanno qualcosa da ridire al direttore di gara che decreta il secondo rigore a favore dei nerazzurri: sul dischetto si presenta Brehme, ma anche in questa occasione è più bravo Gregori che respinge, non potendo però nulla sul successivo colpo di testa di Desideri che insacca il gol dell’1-0 con cui si chiude un primo tempo mai così strano.
Nella ripresa il copione non cambia: Inter all’attacco per cercare il raddoppio, Verona a rispondere in contropiede per acciuffare il pareggio. Jurgen Klinsmann, tanto per confermare la giornata storta dei tedeschi in maglia nerazzurra, si divora un paio di gol clamorosi a portiere battuto, il pubblico inizia ad insultarlo e lui, con orgoglio e caparbietà, si conquista il terzo rigore di giornata dopo uno sgambetto ad opera di Ezio Rossi. Orrico cambia ancora rigorista e stavolta dal dischetto si presenta Massimo Ciocci, appena entrato in campo, attaccante rientrato a Milano dopo l’ottima annata a Cesena e autore del gol del pari nella prima giornata contro il Foggia. Ciocci prende una lunga rincorsa, batte di destro ma la sua conclusione finisce in curva: terzo rigore fallito dall’Inter, col pubblico che non sa più se ridere o piangere. A circa dieci minuti dal novantesimo, poi, il teatro dell’assurdo si completa col quarto tiro di rigore a favore dell’Inter, stavolta per mani in area di Piubelli. Quarto rigore e quarto tiratore differente, perché stavolta a battere c’è Desideri: incredibile ma vero, l’ex romanista infila Gregori con una conclusione rasoterra, bassa, talmente precisa da toccare il palo e finire poi in rete. L’Inter trova il sospirato 2-0 e riesce a segnare al quarto rigore dopo tre errori: fosse stata una sfida dal dischetto, gli uomini di Orrico sarebbero stati in evidente crisi.
La partita non ha più sussulti, i nerazzurri vincono la seconda gara consecutiva di quell’illusorio inizio di campionato, il Verona rimane all’ultimo posto della classifica con zero punti ed un successo che arriverà sette giorni più tardi in casa contro il Bari. A fine gara, qualche giocatore interista sorride, Ciocci ai microfoni della Domenica Sportiva glissa sui rigori e difende la squadra affermando che tanti gol falliti significano anche tante occasioni create, mentre Orrico si dice soddisfatto. Gregori, infine, la prende con filosofia: “Domenica scorsa ho parato un rigore alla Sampdoria e abbiamo perso – sostiene il portiere – oggi l’Inter ne ha falliti tre e abbiamo perso lo stesso. Speriamo che la prossima volta entrino i rigori ma il Verona riesca a fare punti“. Le cronache parlano di record difficilmente battibile, qualche tifoso se la prende con Orrico che ha cambiato rigorista 4 volte su 4, anche se appare chiaro a tutti di aver assistito ad un evento più unico che raro, quasi impossibile da ripetere e dettato in gran parte dalla casualità, e la sfida di San Siro verrà ben presto chiusa nel cassetto dei ricordi, soppiantata da un campionato disastroso da parte delle due squadre che avranno ben altro a cui pensare da lì in poi.
L’8 marzo 1992, alla 24.ma giornata, il Verona ospita la Cremonese allo stadio Bentegodi: per i gialloblu è forse l’ultimo treno per restare in serie A, coi lombardi già quasi retrocessi. Nel primo tempo il Verona segna l’1-0, poi Stojkovic si fa parare un rigore da Rampulla, quindi nella ripresa, quando il punteggio è di 2-1 per i veneti, anche Magrin dal dischetto si fa ipnotizzare da Rampulla. La partita finirà 2-2 con ben due errori dagli undici metri: tanto se si considerano condizioni normali, ben poco ricordando la gara contro l’Inter. Evidentemente era destino per il Verona che in un’annata disgraziata è riuscito a ritagliarsi uno spazio di notorietà che ancora oggi può definirsi da Guinness dei primati.
di Marco Milan