Amarcord: Angola 2006, i disoccupati ai mondiali
Ogni qual volta una piccola nazionale si avvicina alla fase finale del campionato del mondo, suscita immediatamente simpatia e curiosità, attirando su di sé l’interesse degli appassionati, pronti a cogliere particolari e stravaganze della squadra e della nazione che rappresenta. Chi ha studiato la nazionale dell’Angola, clamorosamente qualificata a Germania 2006, ha però scoperto qualcosa di unico e forse irripetibile nella storia della vecchia Coppa Rimet.
Il percorso dell’Angola per arrivare a qualificarsi alla fase finale dei mondiali 2006 parte da lontano, da molto lontano, e precisamente dall’ottobre 2003 quando la nazionale dell’ex colonia portoghese in Africa disputa il turno eliminatorio contro il Ciad. E’ una sfida che non interessa praticamente nessuno, a parte i tifosi dei due paesi e qualche scommettitore incallito in giro per il mondo, motivo per cui il 3-1 a favore del Ciad davanti a poco meno di 30.000 spettatori passa del tutto inosservato; eppure sarà questa partita e questo evento a far scaturire la svolta per la nazionale angolana. La sconfitta, peraltro subita in rimonta dopo l’iniziale vantaggio, manda infatti su tutte le furie la federazione che licenzia il commissario tecnico e chiama al suo posto un sostituto, Luis de Oliveira Gonçalves, angolano puro sangue ed ex allenatore della nazionale under 20, che piomba nello spogliatoio come un terremoto e in un mese ribalta la squadra sia dal punto di vista tattico che psicologico. Il 16 novembre 2003 allo stadio di Luanda, capitale angolana, gli uomini in maglia rossa e calzoncini neri capovolgono l’1-3 dell’andata vincendo per 2-0 ed ottenendo il passaggio del turno con qualificazione al girone finale per Germania 2006.
L’Angola è inserita nel gruppo 4 assieme ad Algeria, Gabon, Nigeria, Rwanda e Zimbawe, alla fase finale della coppa del mondo accede solamente la prima classificata, così come negli altri quattro raggruppamenti, andando a formare il quintetto che rappresenterà l’Africa in Germania. I favori del pronostico, inutile dirlo, sono tutti per Algeria e Nigeria che, sulla carta, si dovranno sfidare per ottenere la qualificazione, mentre le altre non sembrano avere alcuna possibilità di sperare in un miracolo. L’Angola, però, umile ma organizzata, conquista 4 punti nelle prime due partite e lo fa proprio contro gli avversari peggiori: il 5 giugno 2004 strappa un ottimo 0-0 in Algeria, il 20 giugno batte 1-0 in casa la Nigeria con rete di Akwà a 5 minuti dal 90′. Nessuno forse se ne accorge, ma quei punti possono mettere in seria difficoltà le due grandi favorite del girone che peraltro si affrontano nella giornata successiva con la Nigeria che vince 1-0 raggiungendo in testa l’Angola che pareggia 2-2 in Gabon. Ma gli angolani, nonostante un organico ben più povero degli avversari, proseguono nella loro marcia superando di misura prima il Rwanda e poi lo Zimbawe che però li batte in casa per 2-0 nella sfida di ritorno. Il 2-1 inflitto all’Algeria il 5 giugno 2005, comunque, ringalluzzisce la formazione di Gonçalves che elimina di fatto i nordafricani dalla corsa alla fase finale.
Ora l’Angola ci crede davvero e dà vita ad un duello testa a testa con la Nigeria che resta super favorita per l’approdo in Germania. Lo scontro diretto di ritorno si gioca in Nigeria, a Kano,il 18 giugno 2005: i nigeriani passano subito al 5′ con Okocha e la strada sembra tutta in discesa per i biancoverdi che non hanno però fatto i conti con l’indomita nazionale angolana, non certo spettacolare ma assai grintosa ed organizzata, e che pareggia al 60′ con il centrocampista Paulo José Lopes de Figueirado che inchioda il risultato finale sull’1-1 e concede all’Angola il favore del confronto diretto in caso di arrivo in classifica a pari punti con i nigeriani. Il successivo 3-0 rifilato al Gabon galvanizza ancor di più i rossoneri, segna anche l’attaccante Mantorras che gioca in Portogallo nel Benfica e che viene definito un possibile fenomeno sul quale mettono gli occhi anche Milan e Real Madrid, ma che non manterrà mai le premesse iniziali. La Nigeria, intanto, piazza un 5-2 roboante in Algeria e non molla la presa, tanto che alla vigilia dell’ultima giornata le due nazionali sono appaiate al comando del girone con 18 punti e si giocano tutto; all’Angola basta vincere o comunque eguagliare il risultato dei rivali, costretti invece ad ottenere qualcosa in più degli angolani. La Nigeria gioca in casa con lo Zimbawe, mentre l’Angola è impegnata in Rwanda; inutile dire che l’intera nazione angolana si chiude in casa per assistere alla partita del secolo, all’evento che può spedire la nazionale ai mondiali, proprio quella stessa nazionale che ha giocato la sua prima partita ufficiale nel 1977 e che al suo attivo ha solamente due partecipazioni alla Coppa d’Africa, per di più senza alcun risultato degno di nota e senza alcuna vittoria.
E’ l’8 ottobre 2005 quando va in scena la doppia sfida che sull’asse Abuja-Kigali (sedi delle due partite) vale un biglietto per la Germania. La Nigeria sbriga agevolmente la sua pratica e batte per 5-1 lo Zimbawe, mentre assai meno semplice si rivela il compito per l’Angola, perché la squadra di Gonçalves, probabilmente in preda all’emozione e ad una tensione mai provata prima, non riesce a sbloccare la sua partita. In Nigeria iniziano a crederci quando al 60′ il Rwanda resiste ancora e molto di più sperano quando al 75′ il punteggio è sempre inchiodato sullo 0-0; la grande favorita nigeriana, insomma, può scampare il pericolo, ma proprio quando tutto sembra compiuto, ecco il gol dell’Angola che con Akwà segna al 79′ la rete che spedisce incredibilmente i centroafricani ai mondiali. La gente esce di casa impazzita, le persone ballano, cantano, saltellano, si buttano in mare per una nuotata liberatoria e piena di felicità. Immaginare la nazionale angolana alla fase finale del campionato del mondo era un esercizio complicatissimo prima delle qualificazioni, mentre ora siti internet ed enciclopedie calcistiche vengono prese d’assalto per una documentazione più approfondita su questa piccola squadra che appare a tutti gli effetti la meno attrezzata delle 32 partecipanti, anche perché quasi nessuno al mondo sa nulla del gioco, dei calciatori e del commissario tecnico di una compagine che sembra dover sbarcare in Germania quasi per caso.
Nel dicembre 2005, poi, ecco il sorteggio dei gironi mondiali che colloca l’Angola nel gruppo D assieme a Messico, Iran e, soprattutto, all’odiato Portogallo, visto nella nazione africana come il paese oppressore e colonizzatore. L’Angola è di fatto una colonia lusitana, così come Senegal e Camerun sono colonie francesi, e così via, logico che ai loro occhi il Portogallo venga considerato come il popolo ricco venuto a fare l’invasore a casa d’altri. Ma analizzando la nazionale angolana, pubblico e giornalisti scoprono qualcosa di ancor più interessante, ovvero che diversi calciatori della formazione africana non sono al momento tesserati con alcuna squadra di club, a cominciare dal portiere titolare Joao Ricardo che per tenersi in forma va a correre tutte le mattine in spiaggia e poi gioca partitelle amatoriali nei parchi o nei campetti, proprio come fanno gli amici o i colleghi di lavoro comunemente durante la settimana. Ciò ha dell’incredibile, intanto per l’immediato paragone coi divi delle altre nazionali che guadagnano fior di milioni fra club, sponsor e premi, e poi perché in molti iniziano, giustamente, a domandarsi: ma l’Angola a che tipo di figure potrà andare incontro se non riesce neanche a far tesserare a qualche squadra del suo campionato i calciatori della nazionale? A precisa domanda, però, risponde con semplicità il commissario tecnico Gonçalves: “Saremo pronti, state tranquilli“, dice ai microfoni ad inizio 2006, l’anno che in Angola non dimenticheranno mai.
Il soprannome dei calciatori della nazionale angolana è quello di Palancas Negras, ovvero antilopi nere, appellativo che qualcuno inizia a ritenere adatto per gli atleti della squadra, pronti a scappare di fronte ai ferocissimi avversari. I giornali dedicano loro qualche pagina ma, a parte il centravanti Mantorras, gli altri sono dei perfetti sconosciuti e gli approfondimenti non riescono a far piena luce su una formazione della quale, a conti fatti, si arriva a sapere poco o niente in vista dell’esordio mondiale, previsto contro il Portogallo a Colonia la sera dell’11 giugno 2006. Nel pomeriggio dello stesso giorno il Messico supera 3-1 l’Iran e conquista i primi 3 punti del girone, chiamando subito il Portogallo alla risposta, in quello che appare come uno scontato duello per il primo posto in un gruppo in cui la qualificazione non sembra in equilibrio. Portogallo-Angola parte immediatamente bene per i lusitani, in gol dopo 4 minuti con la punta Pauleta; sembra l’inizio di una goleada per i portoghesi che, viceversa, incominciano a cincischiare col pallone fra i piedi, amministrando il vantaggio e lasciando l’iniziativa agli africani, i quali, però, denotano subito un enorme difetto, ovvero una produzione offensiva pari quasi allo zero. Varcata la metà campo avversaria, infatti, l’Angola è pressoché inconcludente e, al di là di qualche sortita sporadica, non riesce a fare alla difesa del Portogallo neppure il solletico e la partita finisce 1-0, un risultato quasi accettabile per la nazionale africana, viste le premesse della vigilia.
Il 16 giugno è prevista ad Hannover Messico-Angola, altra gara il cui esito appare scontato a favore dei centroamericani che, oltretutto, nella sfida d’esordio contro l’Iran hanno destato un’ottima impressione. La partita è tutt’altro che divertente, il Messico attacca e l’Angola si difende, anzi, si barrica nella sua area di rigore e prova di tanto in tanto a ripartire; i messicani forse si innervosiscono, o forse aspettano il momento giusto per colpire, sottovalutando un avversario che, invece, capisce che potrebbe uscire da quei 90 minuti col primo, sospirato e storico primo punto nella coppa del mondo. Il Messico nel finale si riversa nell’area angolana, alla disperata ricerca di un gol che lo tenga attaccato al Portogallo che nel pomeriggio ha vinto 2-0 contro l’Iran, ma niente: la partita termina 0-0 e i calciatori africani si abbracciano come se si trattasse del triplice fischio della finale; primo a far festa è il portiere Joao Ricardo, il disoccupato illustre, che ha tenuto la sua porta inviolata contribuendo massicciamente al raggiungimento del pareggio. Dopo due giornate, insomma, la classifica recita: Portogallo 6, Messico 4, Angola 1, Iran 0; i portoghesi sono aritmeticamente qualificati, al Messico manca un punto, mentre l’Angola può sotto sotto nutrire ancora una minuscola speranza di acciuffare clamorosamente gli ottavi di finale, battendo l’Iran nell’ultima partita e sperando in un favore proprio dai nemici portoghesi, per poi prendere carta, penna e calcolatrice per conteggiare la differenza reti coi messicani.
Le possibilità, è evidente, sono pochissime, ma anche arrivare alla fase finale era proibitivo, eppure l’Angola ci è riuscita ed ora prova a giocarsela fino in fondo, tra lo stupore generale e la simpatia dei tifosi neutrali che sembrano essersi appassionati alla curiosa storia di una nazionale giunta in Germania quasi senza credenziali. Il 21 giugno 2006 si gioca a Lipsia Iran-Angola, probabilmente una partita che nella stragrande maggioranza dei paesi non guarderà nessuno, ma che per gli angolani è la più importante della loro breve storia. Lo spettacolo, naturalmente, latita enormemente, l’Iran è in campo per far presenza e provare a non tornarsene a casa senza neanche un punto, mentre gli africani hanno motivazioni ma scarsa vena negli ultimi sedici metri. Alla fine del primo tempo il Portogallo sta vincendo 2-1 contro il Messico, mentre Iran e Angola sono ancora sullo 0-0; al minuto 60, però, a Lipsia accade qualcosa, ovvero l’Angola trova la prima storica rete ai mondiali grazie all’attaccante Flàvio. I festeggiamenti dei tifosi e dei giocatori in campo sono fuori dal comune, le antilopi nere sono aggrappate alla qualificazione, anche se la differenza reti premierebbe ancora un Messico che, però, inizia a tremare. Ma al 75′ anche i battiti a Città del Messico tornano regolari dopo il proverbiale (e qui anche effettivo) quarto d’ora di paura: l’Iran, infatti, per merito del difensore Bakhtiarizadeh acciuffa l’1-1 che non muterà più e che certificherà una classifica con Portogallo primo a quota 9, Messico secondo e qualificato a 4, Angola 2, Iran 1, entrambe eliminate. Nulla di strano, nulla di clamoroso, dunque, ma per l’Angola l’avventura è stata in ogni caso positiva, con 2 punti incamerati, alla faccia di chi ne aveva già tracciato i connotati di agnello sacrificale dell’intera manifestazione.
Il ritorno in patria della nazionale angolana viene celebrato con sincera soddisfazione da un paese che, rassegnato ad un destino calcisticamente poverissimo, ha invece vissuto qualche settimana da protagonista, senza dover prendere in simpatia una nazionale qualsiasi ai mondiali come in un videogioco, ma potendo tifare orgogliosamente per la propria squadra, ascoltando l’inno della propria nazione, riecheggiante per una volta anche nei televisori di tutto il mondo. E pazienza se delle partite dell’Angola non si è più parlato, perché quella squadra e quella storia sono state comunque consegnate ed inserite nel grande volume delle irripetibili leggende calcistiche.
di Marco Milan