Amarcord: Roma 2004-2005, quattro allenatori per un unico incubo
Ci sono annate nello sport che andrebbero messe da parte sin da subito e poi immediatamente cancellate, in cui tutto va storto e, come nella famosa teoria del piano inclinato, una volta che la pallina inizia a rotolare verso il basso non c’è verso che si fermi. Chi non ci crede può tranquillamente contattare qualsiasi tifoso romanista di sua conoscenza ed avrà fugato ogni dubbio.
L’estate del 2004 è più che burrascosa a Roma: sulla sponda laziale del Tevere c’è l’arrivo del nuovo presidente Lotito al termine di una lunga trattativa e di un braccio di ferro con l’altro imprenditore Tulli, e che per settimane tiene in ansia la tifoseria della Lazio che teme la beffa del fallimento. Ma anche la parte romanista ha poco da sorridere: il secondo posto del campionato appena concluso ha subito lasciato spazio alle polemiche e l’addio di Fabio Capello è esploso come un petardo in una chiesa, perché inaspettato e perché, soprattutto, il tecnico friulano si è accasato alla Juventus dopo che in inverno, a precisa domanda di un giornalista, aveva risposto: “Non andrò mai ad allenare la Juve, non mi interessa“. Con Capello vanno via anche il centrocampista Emerson, pure lui in direzione Torino, ed il difensore Samuel, ceduto al Real Madrid, e la piazza giallorossa teme un ridimensionamento degli obiettivi dopo lo scudetto vinto nel 2001 e i due sfiorati l’anno successivo e, come detto, nella stagione 2003-2004 quando la Roma era stata in testa alla classifica per tutto il girone d’andata, salvo poi subire rimonta e sorpasso dal Milan di Ancelotti. Ma il presidente Franco Sensi non intende affatto sgonfiare le speranze dell’ambiente: ingaggia come tecnico Cesare Prandelli, reduce da un ottimo biennio alla guida del Parma e ritenuto uno degli allenatori emergenti del calcio italiano. Al posto di Emerson arriva Simone Perrotta dal Chievo, per rimpiazzare Samuel, invece, ecco il francese Philippe Mexes dell’Auxerre.
Ma che la stagione 2004-2005 sia problematica per la Roma lo si capisce subito: ancor prima dell’inizio, infatti, Cesare Prandelli è costretto a dimettersi. Un altro fulmine a ciel sereno, senza un preavviso e, inizialmente, senza motivazioni valide. La motivazione, invece, c’è ed è pure parecchio seria: la moglie del tecnico ha scoperto di avere un tumore (che la porterà alla morte nel 2007) e Prandelli non intende lasciarla da sola, non ha il cuore e la testa in grado di affrontare l’anno al timone della Roma. E così, in tutta fretta il club giallorosso deve trovare un sostituto all’altezza, ma l’impresa non è semplice perché le panchine sono ormai tutte occupate e gli allenatori a spasso pochi e con un curriculum inferiore alle ambizioni romaniste. Alla fine, ecco la soluzione: a Roma torna Rudi Voller, indimenticato centravanti giallorosso di fine anni ottanta e inizio novanta, che ha da poco lasciato la guida della nazionale tedesca, condotta alla finale dei mondiali nel 2002 (persa contro il Brasile) e ad una precoce eliminazione al primo turno ad Euro 2004. I tifosi della Roma gioiscono e si emozionano nel rivedere il loro “tedesco volante” di nuovo a casa, eppure le perplessità sulle capacità del tedesco ci sono, perché Voller, nazionale a parte, non è mai stato un allenatore e non ha mai vissuto per intero una stagione alla guida di una squadra di club, mestiere del tutto diverso da quello di selezionatore.
Il 12 settembre 2004 la Roma di Voller esordisce in campionato battendo per 1-0 la Fiorentina con rete di Vincenzo Montella ad inizio ripresa. La gara viene ricordata per l’ovazione tributata dal pubblico dell’Olimpico all’allenatore tedesco e per l’espulsione di Antonio Cassano, reo di aver preso a schiaffi Giorgio Chiellini, all’epoca giovane difensore viola. Passano tre giorni e i giallorossi esordiscono in Coppa Campioni, sempre in casa, contro gli ucraini della Dinamo Kiev: dopo un primo tempo scialbo, dalla tribuna Monte Mario (quella centrale, per intenderci) viene lanciata una monetina che colpisce in fronte l’arbitro svedese Anders Frisk che riemerge dal capannello che gli si crea intorno come una maschera di sangue. Lo scellerato gesto ha conseguenze durissime per la Roma: la gara viene sospesa, al club capitolino viene comminata la sconfitta a tavolino per 3-0 e due turni di coppa da disputare a porte chiuse, il che vuol dire terminare la fase a gironi senza pubblico. Nel frattempo, ricomincia il campionato e la squadra di Voller gioca in trasfera a Messina; è il 19 settembre ed è una domenica anomala, un po’ perché in Sicilia diluvia nonostante sia ancora estate, un po’ perché i messinesi tornano in serie A dopo quasi 50 anni e debuttano nel nuovissimo stadio San Filippo e un po’ perché la Roma si presenta in campo con la maglia verde. Di anomalo, poi, c’è pure la partita: Messina in vantaggio su rigore, pari di Montella, nuovo vantaggio dei siculi, altri due gol di Montella che sigla una tripletta e porta i suoi sul 3-2, infine in 4 minuti il pareggio di Giampà e il pallonetto finale di Zampagna che mandano in estasi i siciliani, vittoriosi per 4-3.
Ma l’incubo non è finito: dopo un rocambolesco 2-2 in casa contro il Lecce nel turno infrasettimanale, la Roma è ospite del Bologna per la quarta giornata di campionato, sabato 25 settembre 2004, ore 18. Già nel primo tempo si capisce che il gruppo romanista è completamente fuori fase: il Bologna chiude infatti la prima frazione in vantaggio per 3-0 e nella ripresa la rete di Totti non salva neanche l’onore della Roma e di un Rudi Voller che lascia il campo a testa bassa, scuro in volto e del tutto spaesato. Le ore che seguono la partita sono concitate e dall’ambiente romanista circolano sempre più insistenti le voci che vorrebbero il tecnico tedesco vicino alle dimissioni, voci poi confermate dall’ufficialità. La Roma in meno di un mese deve così scegliere un terzo allenatore, decisione tutt’altro che semplice, anche perché appare evidente come qualcosa nello spogliatoio giallorosso non funzioni. Contro il Real Madrid, tre giorni dopo, va in panchina Ezio Sella, la Roma vince inizialmente 2-0, ma subisce la rimonta degli spagnoli che trionfano per 4-2 e lasciano i giallorossi a zero punti dopo due turni. Intanto la società contatta Luigi Delneri, ex allenatore del Chievo, che ha vissuto un’estate quasi più travagliata di quella romanista, essendo stato ingaggiato dal Porto campione d’Europa e orfano di Mourinho, per poi essere immediatamente esonerato senza apparenti motivi. Il tecnico friulano accetta e diventa così il terzo allenatore della Roma in stagione.
L’esordio di Delneri sulla panchina giallorossa è da brividi: domenica 3 ottobre all’Olimpico arriva l’Inter. Il gol di Montella dopo 9 minuti illude la Roma, poi i nerazzurri si portano sul 3-1 (reti sudamericane di Cambiasso, Veron e Recoba), ma l’orgoglio e la tenacia della squadra capitolina sfociano nel 3-3 firmato da Totti e da De Rossi. L’entusiasmo del pubblico è enorme, perché la speranza è che quella partita possa rappresentare la svolta di un’annata sino a quel momento più che tribolata. E i frutti sembrano effettivamente pronti per essere colti dall’albero: passa una settimana e la Roma espugna Livorno per 2-0, ma è un fuoco di paglia, perché ci pensa il Bayer Leverkusen dopo pochi giorni a ridimensionare l’euforia romanista vincendo 3-1 la terza partita del girone ed estromettendo di fatto i giallorossi dalla competizione. Ne seguono, quindi, un pareggio casalingo contro il Palermo, la sconfitta di Torino contro la Juventus dei grandi ex Capello ed Emerson, e due partite che sembrano restituire fiducia alla truppa di Delneri: prima il 5-1 inflitto al Cagliari, poi l’1-1 strappato in casa del Milan campione d’Italia. A tenere dritta la barra della Roma sono soprattutto capitan Totti e Vincenzo Montella che dopo un paio d’anni di patimenti è tornato a segnare come ai tempi dello scudetto. A loro si aggrappa una Roma comunque già discretamente attardata in campionato e praticamente fuori dall’Europa.
Il 10 novembre 2004 l’Udinese passeggia all’Olimpico vincendo per 3-0, quindi la Roma perde pure a Reggio Calabria e nell’andata del primo turno di Coppa Italia in casa contro il Siena. E’ un momento delicatissimo, con la tifoseria sul piede di guerra e Delneri in evidente difficoltà in una piazza bollente come Roma che nulla ha a che vedere col sobborgo veronese che faceva da sfondo alla realtà del Chievo. I tifosi un po’ lo sfottono per alcune frasi dette troppo velocemente con la erre moscia e praticamente incomprensibili, un po’ lo identificano vicino ad un ambiente juventino per appartenere alla società di procuratori GEA, rappresentata dal figlio di Luciano Moggi, il che lo rende meno simpatico ai loro occhi. La vittoria a Siena per 4-0 restituisce autostima al gruppo e tranquillità al pubblico che giunge più sollevato alla sosta natalizia dopo i due successi consecutivi contro Brescia e Parma, nonché dopo l’eliminazione dalla Coppa dei Campioni, resa ufficiale dalle ultime due sconfitte contro Dinamo Kiev e Real Madrid. Il 6 gennaio 2005 è in programma il derby di Roma ed entrambe le compagini non se la passano bene, anche la Lazio ha i suoi problemi ed è invischiata nella lotta per non retrocedere, tanto che ha appena cambiato allenatore chiamando Papadopulo al posto dell’inesperto Caso. La stracittadina potrebbe rilanciare una delle due squadre e, al contempo, affossare l’altra, motivo per cui entrambe le piazze ci arrivano con più ansie che speranze.
Lazio-Roma del 6 gennaio 2005 sarà ricordata come la grande partita di Paolo Di Canio, tornato alla Lazio dopo 15 anni e protagonista di una partita leggendaria con tanto di gol nel primo tempo ed esultanza sotto la curva sud proprio come nel 1989. Sarà inutile il pareggio di Cassano, perché i gol di Cesar e Rocchi regaleranno ai biancocelesti una vittoria epica che fa sprofondare la Roma in una crisi da cui uscire risulta davvero complicato. Radio e televisioni private sono scatenate, i conduttori sembrano affranti, mentre gli ascoltatori che chiamano in diretta sono furibondi, in alcuni casi la regia deve tagliare la linea per evitare che la dialettica degeneri. Ma il fondo toccato nel derby fa risalire leggermente la squadra che vince contro l’Atalanta e rimonta in casa del Chievo da 0-2 a 2-2, in entrambi i casi con doppietta di Montella, poi vince 2-1 a Firenze e 3-2 col Messina dopo essere stata sotto per 2-0, infine passa il turno in Coppa Italia stravincendo a Siena per 5-1. Sembra che Delneri abbia ritrovato la retta via, la sua squadra vince anche nell’andata dei quarti di finale di Coppa Italia grazie ad un gol di De Rossi contro la Fiorentina. In campionato, però, la situazione torna complicata dopo gli incolori pareggi contro Lecce e Bologna, e le sconfitte in casa di Inter e Palermo, inframezzate dal successo per 3-0 contro il Livorno il 20 febbraio, l’ultima vittoria di Delneri sulla panchina romanista.
Dopo il ko di Palermo, infatti, la Roma perde pure in casa contro la Juventus in una partita vibrante sia per gli insulti a Capello ed Emerson, sia per l’arbitraggio di Racalbuto, molto contestato dal pubblico dell’Olimpico, infine tracolla a Cagliari dove i sardi vincono per 3-0. E’ il 13 marzo e la Roma sembra nuovamente allo sbando. Delneri è sulla graticola, la sua posizione traballa, si parla di frizioni insanabili con lo spogliatoio, di liti con Cassano, di senatori che gli rimproverano, fra le altre cose, la mancanza di polso nelle scelte, a cominciare da quella del portiere, con il tecnico ad alternare di continuo Pelizzoli, Zotti e Curci, finendo col rendere insicuri tutti e tre. La società, di fronte a tali rimostranze e ad una classifica che ha relegato la Roma in zona retrocessione, esonera l’allenatore ed affida la conduzione tecnica a Bruno Conti che come allenatore ha poca esperienza (è pure sprovvisto del patentino di prima categoria), ma che di certo ha a cuore le sorti della compagine giallorossa. Il debutto dell’ex tornante romanista in panchina è al cardiopalma, il 16 marzo 2005, nel ritorno dei quarti di finale di Coppa Italia a Firenze, la Fiorentina vince 1-0 e la sfida finisce ai calci di rigore dove la Roma prevale e vola in semifinale.
In campionato, però, le cose vanno ancora malissimo: quattro giorni dopo il passaggio del turno in coppa, la Roma cade all’Olimpico contro il Milan (0-2, reti di Crespo e Pirlo) nonostante un primo tempo gagliardo. Poi ecco il 3-3 rocambolesco di Udine, coi giallorossi ripresi per tre volte dopo altrettanti vantaggi, e le tre sconfitte di fila contro Reggina e Siena in casa e a Genova con la Sampdoria. Roma-Siena 0-2 del 20 aprile è anche ricordata per l’espulsione di Totti dopo una sberla a Francesco Colonnese, ex laziale, che pare aver provocato il capitano giallorosso. La situazione della Roma è quasi disperata, si teme una disfatta epocale, Conti non riesce ad imporsi, qualcuno dice che l’allenatore in realtà sia Totti, intanto i giallorossi continuano a perdere punti e partite: col Brescia, la squadra romanista va in vantaggio due volte, ma è ripresa sul 2-2 a dieci minuti dalla fine dopo uno svarione di Matteo Ferrari che spalanca a Caracciolo le porte del pareggio. A Parma, una settimana dopo, l’illusorio vantaggio di Cassano viene ribaltato dai gol di Morfeo e Gilardino che rendono il derby della domenica successiva come una sorta di spareggio per evitare la serie B. E’ una settimana di passione quella che porta Roma e Lazio alla stracittadina, sullo sfondo l’ipotesi di un pareggio che salvi capra e cavoli per entrambe, nonché l’andata della semifinale di Coppa Italia che i giallorossi pareggiano in casa 1-1 contro l’Udinese, rimontati da un gol del capitano friulano Bertotto all’85’.
Domenica 15 maggio 2005 sotto un sole cocente si gioca Roma-Lazio, uno dei derby più brutti dell’intera storia della partitissima romana. Amantino Mancini sfiora il gol per i giallorossi dopo una manciata di secondi, poi non succede quasi più nulla, la paura blocca testa, gambe e muscoli dei calciatori, mentre in panchina sia Conti che Papadopulo sono alle prese con tic frenetici che ne evidenziano la tensione. Al triplice fischio dell’arbitro Collina il pubblico di ambo le curve fischia sonoramente uno 0-0 che non li ha convinti del tutto, anzi, non sono in pochi quelli che sostengono che per Roma e Lazio quel pomeriggio abbia prevalso la regola del “meglio due feriti che un morto“. Entrambe si avvicinano alla salvezza, certificata per la Roma una settimana dopo grazie alla vittoria ottenuta a Bergamo con gol di Cassano. E’ la fine di un incubo per i giallorossi che nel frattempo approdano pure in finale di Coppa Italia vincendo il ritorno della semifinale a Udine per 2-1 con gol di Totti all’80’. Una finale che la squadra di Conti giocherà libera dalla paura della serie B, ma che perderà a metà giugno contro l’Inter senza essere mai realmente in partita, 0-2 all’Olimpico e 0-1 a San Siro. Prima c’era stata l’ultima giornata di campionato, chiuso con l’inutile 0-0 contro il Chievo, accolto dai tifosi come una liberazione, come la fine di quell’anno orribile.
La stagione 2004-2005 resta a suo modo storica per la Roma: 4 allenatori cambiati, errori, guai e quella tremenda paura di un’ecatombe tecnica che avrebbe avuto del clamoroso dopo il secondo posto dell’anno prima e a soli 4 anni da uno scudetto apparso lontano secoli. La Roma ha davvero tremato quell’anno, si è aggrappata ai suoi leader, a Totti, a Montella (autore di ben 21 reti), salvando il salvabile in un’annata ignobile e per certi versi anomala per l’intera serie A, basti pensare che fra ottavo e ultimo posto ci furono appena 10 punti di distacco. Un anno da record di cui però a Roma avrebbero fatto volentieri a meno.
di Marco Milan