Di nuovo le Sette Sorelle, ma di madre diversa

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Berlusconi, Moratti, Agnelli, Cragnotti, Sensi, Cecchi Gori, Tanzi. Sette nomi di storia italiana:  politica, economia e sport.  Sì perché 20 anni fa declinare questi nomi significava anche: Milan, Inter,  Juventus, Lazio, Roma, Fiorentina e Parma.  La leggenda delle sette sorelle, che i più giovani probabilmente ricordano solo come narrazione.

Siamo sul finire degli anni ’90. Le delusioni di Italia ‘90 e Usa ‘94 sono un eco lontano, sono gli anni in cui il calcio cambia nuovamente pelle. Sponsorizzazioni milionarie, l’avvento delle pay tv, grandi giocatori che sgomitano per approdare in Italia: è il calcio degli  investimenti folli, sta prendendo il via quel sistema di indebitamento che qualcuna delle magnifiche sette pagherà a caro prezzo.

La voglia di competere di imprenditori come Franco Sensi, Sergio Cragnotti  e Callisto Tanzi, la smania di portare Firenze al centro delle mappe come ai tempi del “calcio fiorentino” di Vittorio Cecchi Gori, fanno da traino al movimento voglioso di espropriare alle 3 “scrisciate” il dominio semi assoluto.

Il Parma, prima del fallimento, resterà per anni l’ultima italiana vincente in Europa, e oltre a 2 Coppa Uefa porterà anche a casa la Coppa Italia e la Supercoppa, vedendo passare fior fior di campioni che faranno le fortune anche di altre squadre (banale, ma d’obbligo, citare i vari Buffon, Cannavaro, Thuram, Crespo e via discorrendo). La Fiorentina, prima del fallimento, vincerà 2 Coppe Italia, una Supercoppa e abbandonerà la lotta scudetto del 1998-1999, dopo essersi laureata campione d’inverno. La cavalcata si interromperà a febbraio con l’infortunio di Gabriel Batistuta contro il Milan e con la successiva fuga di Edmundo per il carnevale di Rio, la viola di Trapattoni chiuderà terza, superata da Milan e Lazio.

Le romane saranno, invece, le uniche due delle sette sorelle a strappare un tricolore. Due corazzate costruite con sforzi economici e investimenti che poteranno entrambe a vivere giorni bui con il rischio di dover ricominciare dalle serie inferiori.  Il 17 giugno 2001 al triplice fischio dell’ultima giornata di campionato, Riccardo Cucchi in radiocronaca Rai dallo Stadio Olimpico di Roma recitava “per la prima volta nella storia del nostro campionato lo scudetto rimane a Roma per 2 anni consecutivi, dopo la Lazio lo scorso anno, la Roma quest’anno. Segno tangibile della crescita del calcio capitolino”.

Quel segno si è toccato per mano, la Lazio insieme allo scudetto del 2000 metterà in bacheca Coppa delle Coppe, Supercoppa Europea, 2 Coppe Italia e 2 Supercoppe Italiane. La Roma conquisterà anche la Supercoppa, fallendo però il bis scudetto l’anno successivo a causa di sciagurati pareggi contro squadre che alla fine del torneo retrocederanno. Emblematico il 2 a 2 a Venezia con i nero verdi già matematicamente in B.

E le 3 potenze?  L’Inter porterà a casa la coppa Uefa del 1998 nella finale tutta italiana con la Lazio (a proposito di sorelle) e sfiorerà lo scudetto perso con la Juventus. Per capirci: quello del contatto Ronaldo – Iuliano (alzi la mano chi non ha mai visto il contatto incriminato almeno una volta). La Juventus tra scudetti (95-97-98), troverà il modo di inserire la seconda Champions della Storia e la Coppa Intercontinentale.  Il Milan, invece, non ancora quello stellare del ciclo Ancelotti, porterà comunque a casa lo scudetto del 1999.

Sono passati più di 20 anni dall’era delle sette sorelle e mai come quest’anno la Serie A sembra pronta e rivivere quella sensazione di incertezza, con la consapevolezza che un colpo di scena no, non sarebbe così impossibile. Ce ne sono di nuove sette (con Napoli e Atalanta al posto di Parma e Fiorentina), che almeno ai nastri di partenza sembrano in grado di essere competitive alla stessa maniera, ovviamente c’è chi è più avanti, vedi l’Inter campione in carica. Ognuna con i suoi punti forti e con le proprie debolezze da mascherare il più possibile.

Sette sorelle nate però da una madre diversa rispetto a 20 anni fa. Alla fine degli anni 90 quel livello quasi omogeneo nasceva dalla voglia di spendere e spandere, troppe volte anche senza controllo. Quelle di oggi nascono dal bisogno di ridimensionare, dalla necessità di far quadrare i conti.  Ed ecco che insieme ad acquisti importanti si assistono ad addii più o meno dolorosi e in alcuni casi anche inaspettati.
L’Inter perde Lukaku e Hakimi, la Juventus Cristiano Ronaldo, la Lazio il Tucu Correa, il Milan non si piega alle richieste di Donnarumma e Chalanoglu, la Roma è costretta a lasciare andare a Dzeko e Pedro gratis, il Napoli tiene i suoi ed opera poco in entrata. A chiudere,  invece, il concetto Atalanta che fonda il suo essere sulla programmazione e sulla valorizzazione dei giovani.

Tutte sembrano aver cercato il proprio jolly in panchina, eccezion fatta per Atalanta e Milan rimaste con la stessa guida tecnica, le altre hanno dato il via al valzer delle panchine con la consapevolezza (e la speranza) che quel valore aggiunto possa arrivare proprio dal ponte di comando, al netto degli innesti che comunque tutte o quasi hanno compiuto. Ad Allegri, Inzaghi, Pioli, Mourinho, Sarri, Spalletti e Gasperini, quindi l’ingrato compito di dover essere l’ago della bilancia, senza però scendere in campo.

La sfida per il posto in paradiso è aperta, ben tornate Sette sorelle.

di Cristiano Checchi

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