Amarcord: Jens Lehmann, papere da scudetto
Quante volte si sente dire: chi è stato l’artefice della vittoria in una squadra? Qualche volta si sente rispondere il centravanti, altre volte anche il portiere che grazie a qualche intervento decisivo ha salvato i pali della squadra e conservato il risultato favorevole. E se vi dicessimo che una volta proprio un portiere è stato fra i protagonisti di uno scudetto, ma grazie ai suoi errori? Il protagonista si chiama Jens Lehmann e la storia è quella del titolo tricolore del Milan nel 1999.
L’avventura fra Jens Lehmann ed i rossoneri inizia nel maggio del 1997 quando il portiere tedesco che difende i pali dello Schalke 04 si rivela determinante nella finale di Coppa Uefa che la formazione biancoblu strappa all’Inter dopo i calci di rigore. Lehmann è l’eroe di ogni milanista che si rispetti e anche grazie a lui i sostenitori del Diavolo possono sfottere a scuola e negli uffici i dirimpettai cittadini, umiliati da una sconfitta inaspettata e coi favori del pronostico che pendevano tutti dalla parte dei nerazzurri. Passa un anno ed ecco che il Milan si ritrova nuovamente con l’esigenza di trovare un’alternativa a Sebastiano Rossi, portiere che detiene il record di imbattibilità della serie A (929 minuti senza subire gol) ma che, un po’ per carattere ed un po’ per brillantezza persa, non fornisce più le garanzie di un tempo e già da un paio d’anni i rossoneri hanno provato a sostituirlo, anche se i ricambi non sono stati altezza. Prima hanno tentato col giovane Pagotto, titolare della nazionale under 21, il quale dopo qualche buona prestazione ha commesso un paio di ingenuità che sono costate la sconfitta a San Siro contro la Sampdoria. I fischi che hanno accompagnato il portiere hanno influito sul temperamento non fortissimo di Pagotto, finito poi in prestito altrove e rimpiazzato da Massimo Taibi, reduce da anni fantastici a Piacenza ma bloccato pure lui da una papera colossale durante Milan-Juventus che ha permesso al futuro milanista ma ancora juventino Inzaghi di infilare l’1-1 finale.
Rossi si è così per due volte ripreso la porta, più per dabbenaggine altrui che per meriti propri, ma stavolta sembra esser giunta l’ora del commiato per il portierone romagnolo, perché Lehmann è portiere esperto, ha ormai quasi 30 anni, ha accumulato oltre 270 partite in Bundesliga dove ha addirittura segnato due gol (uno di testa e uno su calcio di rigore), è entrato a far parte del giro della nazionale tedesca e non sembra avere punti deboli, forte fra i pali, sicuro nelle uscite, ottimo para rigori. Il Milan, poi, dopo due annate disastrose, chiuse all’undicesimo e al decimo posto, ha fatto piazza pulita di elementi che negli anni avevano fatto grandi i rossoneri ma che erano ormai spremuti, chiamando in panchina Alberto Zaccheroni che ha portato l’Udinese al terzo posto in serie A, e riempiendo la squadra di elementi affamati di vittorie. Lehmann è accolto benissimo dalla piazza, un po’ perché considerato un gran portiere ed un po’ perché i tifosi non hanno mai la memoria corta e ricordano benissimo le prodezze dell’estremo difensore tedesco contro l’Inter, tanto che nei giorni del ritiro estivo sono in molti a ringraziarlo per quella finale. Le premesse, insomma, sono ottime e Lehmann è considerato uno dei punti di forza dei rossoneri che non sono più i favoriti come un tempo nella corsa scudetto, ma che possono recitare comunque un ruolo da protagonisti in campionato.
Sabato 12 settembre 1998 il Milan esordisce in campionato a San Siro contro il Bologna. Il pubblico è inizialmente freddino, il ricordo delle ultime due pessime stagioni autorizza i tifosi ad andarci cauti coi giudizi e con l’entusiasmo, ma già alla fine del primo tempo applaudono convinti la prestazione dei rossoneri che chiudono la frazione in vantaggio per 1-0. Nella ripresa, poi, l’immediato raddoppio tranquillizza ancor di più i milanisti, anche se il Bologna sfiora più volte il gol dell’1-2 ma viene bloccato dalla sicurezza di Lehmann e da un paio di traverse colpite, prima di incassare il 3-0 finale. Il portiere tedesco, insomma, oltre che bravo sembra pure fortunato, il che non guasta mai. Passano 8 giorni ed il Milan va a Salerno per la seconda giornata di campionato: clima infuocato, Salernitana agguerrita ma rossoneri cinici e vittoriosi per 2-1, con Lehmann che si arrende solo nel finale ad una perfetta punizione di uno specialista come Roberto Breda. Le impressioni sull’estremo difensore tedesco sono comunque ottime, i giudizi positivi ed anche i compagni della difesa si fanno guidare dalla sicurezza del portiere, tanto che gente come Costacurta e Maldini (non gli ultimi arrivati, insomma) applaude sovente Lehmann, oltre ad ascoltarne le direttive che lui sa imprimere già in un buon italiano.
Sabato 26 settembre, però, si consumerà quello che a posteriori verrà definita come una delle svolte nel campionato del Milan. A San Siro, infatti, arriva la Fiorentina di Trapattoni che ha vinto le prime due partite come i rossoneri. L’estate è ormai un ricordo, a Milano piove a dirotto ed il campo è zuppo e scivoloso, anche se settembre non è ancora finito e sono le 3 del pomeriggio. Di ciò che accade in Milan-Fiorentina si incolperà quasi esclusivamente Jens Lehmann, ma in realtà è un po’ tutta la squadra milanista a commettere errori, sbavature e pastrocchi, a cominciare dal sesto minuto quando Gabriel Batistuta si invola verso la porta rossonera dopo un rinvio sbadato di Costacurta e, appena entrato in area, spara con forza di destro: Lehmann, anche a causa del terreno viscido, si fa sfuggire la palla sotto la pancia e la Fiorentina è in vantaggio. Colpa del portiere, certo, ma anche della difesa che ha lasciato uno come Batistuta libero di colpire. Il primo tempo si chiude così e la ripresa comincia anche peggio per il Milan che dopo una manciata di secondi incassa pure lo 0-2, ancora da Batistuta e ancora a causa di un’incertezza di Lehmann che si fa beffare sul primo palo. Per la squadra di Zaccheroni è un incubo, passano altri 5 minuti e il centravanti argentino completa la tripletta con una bordata su punizione dall’interno dell’area di rigore: 0-3. Sul Milan piove forte e non è soltanto acqua.
La gara termina 1-3 e la sconfitta pesa come un macigno sull’autostima di una squadra ancora giovane e di un pubblico scottato da due anni tremendi che magari rischiano di diventare tre se il contraccolpo non sarà assorbito decentemente. Zaccheroni rassicura tutti, si dice soddisfatto della prestazione anche al netto degli errori singoli, non getta nemmeno la croce addosso a Lehmann, confermatissimo la domenica successiva quando i rossoneri saranno impegnati nella trasferta di Venezia. Il riscatto è di quelli da fuoriclasse, per il portiere e per la squadra intera: il Milan vince 2-0 anche a fronte di una partita non brillantissima, Lehmann è il protagonista di giornata con almeno tre interventi che salvano la sua porta, uno dei quali su conclusione ravvicinatissima oramai data per rete sicura. I servizi dei programmi televisivi di domenica 4 ottobre acclamano le prodezze del tedesco e parlano apertamente di riscatto dopo le papere contro la Fiorentina. Chi non si scompone è invece Zaccheroni che critica la prestazione della squadra (“Paradossalmente abbiamo fatto meglio contro i viola che oggi“, afferma in sala stampa) e non si dice sorpreso dalle parate di Lehmann, considerato un grandissimo portiere che ha avuto sfortuna ed una giornata storta la settimana precedente. Nulla più.
Passano due settimane, in mezzo c’è la sosta per le nazionali, poi il Milan affronta un’altra gara fuori casa, stavolta a Cagliari, un campo dove storicamente i rossoneri hanno faticato anche nelle stagioni più gloriose. E la storia si ripete, perchè il Cagliari mette alle corde i lombardi, segna al 19′ con il mediano De Patre dopo un’uscita avventata di Lehmann che si scontra col compagno di squadra N’Gotty e lascia l’avversario libero di battere a rete a porta vuota. Passano 5 minuti ed il disastro si completa: il portiere frana su Muzzi lanciato a rete e causa un calcio di rigore; nell’occasione, peraltro, il tedesco si fa pure male e viene sostituito da Sebastiano Rossi che con la rabbia e la frustrazione di chi è stato messo da parte per un mese, para il conseguente rigore che non eviterà al Milan la sconfitta, ma farà ragionare Zaccheroni sulle gerarchie da seguire per la porta. Nello spogliatoio, inoltre, gli animi si surriscaldano, i senatori temono un’altra stagione da dimenticare, chiedono al tecnico di affidarsi per il momento a guide sicure, Lehmann sembra aver accusato il colpo ed aver perso certezze, ha paura dell’accoglienza che gli potrà riservare San Siro, non è neanche in perfette condizioni fisiche, meglio allora reinserire Sebastiano Rossi.
I casi della vita, si sa, sono imprevedibili, così come i treni che una volta passati non tornano certo in dietro. Fatto sta che una settimana più tardi, in mezzo ad un fiume impetuoso di chiacchiere, il Milan batte in casa per 3-2 la Roma in una gara ricca di polemiche, colpi di scena, ribaltamenti di fronte ed un altro calcio di rigore contro i rossoneri, sventato ancora da Rossi su Totti, col portiere milanista che ne para dunque due in una settimana. L’estremo difensore cesenate offre garanzie, ha la risorsa della rabbia dentro di sé, sembra tornato quello dei tempi migliori e Zaccheroni lo mantiene a guardia della porta, relegando Lehmann in panchina e rispolverandolo solo a fine novembre in Coppa Italia nella sfida Milan-Lazio che terminerà 1-1 sancendo l’eliminazione dei rossoneri dopo l’1-3 incassato all’andata allo stadio Olimpico. E l’avventura di Jens Lehmann a Milano termina qui poiché a gennaio il portiere farà ritorno in Germania trasferendosi al Borussia Dortmund, proprio nei giorni in cui Rossi si buscherà una squalifica lunghissima dopo essere stato espulso nel finale di Milan-Perugia per aver preso per il collo Bucchi in occasione di un calcio di rigore per gli umbri, trasformato dal giapponese Nakata.
Rossi non giocherà più fino alla fine della stagione, il Milan scoprirà il talento del giovane Christian Abbiati che risulterà determinante nella vittoria dello scudetto rossonero in rimonta sulla Lazio. Tre portieri in una sola annata, tre storie diverse fra di loro ed uno scudetto nato ed arrivato quando nessuno se lo aspettava, un titolo con tanti protagonisti, un allenatore coraggioso ed un portiere tedesco che, a causa delle sue papere iniziali, ha lasciato subito il suo posto, risultando alla fine anche lui un ingranaggio perfetto in quella macchina che è stato il Milan 1998-99, non perfetta ma in cui tutto si è incastrato nel modo giusto e al momento giusto. E’ proprio vero, allora, che non tutti i mali vengono per nuocere.
di Marco Milan
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