Amarcord: Ian Rush alla Juventus, l’inglese rimandato in italiano
Si diceva, un tempo, che i calciatori britannici e spagnoli non riuscissero ad affermarsi in serie A. Salvo rare eccezioni, in effetti, non erano stati pochi i flop che in Italia provenivano da Gran Bretagna e Spagna, anche se stavolta tutto lasciava presagire che il sortilegio potesse essere spezzato; fu, invece, una terribile scudisciata di conferma.
Quando nell’estate del 1987 la Juventus annuncia l’acquisto di Ian Rush, l’Italia del calcio ha un sussulto: gioisce la parte juventina, tremano i rivali, perché Rush, classe 1961, è un centravanti coi fiocchi, un bomber di razza che ha portato il Liverpool a vincere tutto in Inghilterra e all’estero. Nei 7 anni coi Reds, Rush ha messo a segno 207 gol in 331 partite sommando tutte le competizioni, è l’attaccante britannico per eccellenza, il più forte del Regno Unito in quel momento assieme a Gary Lineker e la sua unica sfortuna è probabilmente quella di militare in una nazionale come il Galles che non riesce a qualificarsi mai né per i Mondiali e né per gli Europei. La squalifica delle squadre inglesi dalle coppe europee dopo la strage dell’Heysel, inoltre, è fra le motivazioni che spingono Rush a lasciare Liverpool ed approdare in Italia, e ciò spiega anche la cifra non elevatissima (7 miliardi di lire) con cui la Juventus riesce a portarselo a casa. I bianconeri, va detto, vivono una fase di transizione, l’ultimo scudetto l’ha vinto il Napoli di Maradona, nel frattempo le due milanesi stanno tornando competitive e l’emergente Sampdoria punta ad inserirsi nella lotta al vertice.
Con Rush, però, anche la Juve punta ai massimi traguardi e, del resto, anche i giornali parlano di rinascita juventina dopo l’addio di Platini e le difficoltà del post Trapattoni quando a Torino si festeggiava lo scudetto un anno sì e uno no. L’ultima investitura, poi, a Rush la dà un altro gallese, ovvero John Charles che ai suoi tempi aveva fatto grande la Juve: “Rush è molto più forte di me – dice l’ex calciatore – e segnerà molto più del sottoscritto. Del resto, non c’è calciatore al mondo che sappia andare in rete come lui“. I numeri, inoltre, sono dalla parte del gallese che solo nell’ultima stagione ha messo a referto 30 reti in campionato e 4 in FA Cup. In panchina alla Juve è stato confermato Rino Marchesi, in attacco Platini ha lasciato il calcio e Aldo Serena si è trasferito all’Inter; Rush non dovrà far rimpiangere il centravanti veneto, mentre per rimpiazzare il fuoriclasse francese è arrivato Marino Magrin che qualcuno ha definito il Platini italiano e che, semplicemente, è un buon centrocmapista, ordinato, tecnico, preciso nel battere i calci piazzati, ma a cui manca l’estro, la fantasia e la genialità del campione transalpino.
Il buongiorno, comunque, stavolta non si vede dal mattino, anzi, nell’esordio di Ian Rush con la maglia della Juventus c’è la macchia di un infortunio muscolare che lo mette ko a Lecce il 23 agosto 1987 e gli fa rimandare l’esordio in campionato. Passa un mese, tuttavia, e il gallese inizia a fare ciò per cui è stato acquistato, ovvero i gol: il 27 settembre sigla le sue prime reti in serie A facendo doppietta al Pescara, tre giorni più tardi si ripete con una marcatura in Coppa Uefa contro i modesti maltesi del Valletta. La Juventus, però, si dimostra sin da subito vulnerabile e mai realmente competitiva per il titolo: i bianconeri perdono a Verona e poi a San Siro contro l’Inter, puniti da una doppietta del grande ex Serena. Una beffa doppia per i torinesi, anche perché Rush fatica ad inserirsi negli schemi della squadra, soffre le asfissianti marcature delle difese italiane, le botte e anche fuori dal campo se ne sta per conto suo, parla solamente con Michael Laudrup che è l’unico del gruppo a masticare un po’ di inglese. Anche perché uno dei grandi limiti del gallese è che si applica poco nell’imparare l’italiano, dopo tre mesi smozzica appena qualche parola e ne comprende ancor meno. Sono lontani ancora i tempi dei tanti stranieri e dell’inglese concepito come lingua universale: nel 1987 chi vive in Italia deve parlare l’italiano e Rush ne parla pochissimo.
Il 1 novembre la Juventus ospita al Comunale l’Avellino e sfoggia un’inedita maglia rosa, omaggio ai primi 90 anni del club e alle casacche dell’epoca. Il campo è fangoso, piove, forse questo ricorda a Rush le atmosfere inglesi ed il centravanti ritrova sé stesso e il gol andando a segno nel 3-0 finale della squadra di Marchesi. Alla fine del girone d’andata la Juve è ben lontana dalla coppia di testa Napoli-Milan e Rush ha realizzato appena 2 reti, apparendo timido ed involuto rispetto alla belva assetata di gol ammirata per anni in Inghilterra. Perfino l’avvocato Agnelli si scomoda per parlare col calciatore, il quale ammette di riscontrare molte più difficoltà del previsto nell’adattarsi all’Italia: le marcature dei difensori sono troppo strette rispetto alla Gran Bretagna, inoltre lui e la moglie Tracy faticano a farsi capire a Torino, escono solamente con Laudrup e la sua compagna, pur mantenendo un buon rapporto con gli altri componenti dello spogliatoio. Non mancano, poi, i ritardi agli allenamenti che costeranno a Rush qualche multa di troppo e la reazione stizzita di Marchesi che forse proprio da un campione come lui si sarebbe aspettato un comportamento più professionale.
Il campionato riparte, la Juve nel frattempo è stata eliminata dalla Coppa Uefa per mano del Panathinaikos ed arranca in serie A dove alterna discrete prestazioni ad altre sottotono. Rush torna al gol il 20 gennaio 1988 in Coppa Italia quando rifila addirittura una quaterna sul campo del Pescara, ripetendosi in campionato tre giorni dopo nel 4-0 dei bianconeri contro l’Empoli. Appena una settimana dopo, però, la compagine piemontese cade 2-0 a Pescara, poi fa 0-0 contro il Verona e perde con la Roma, dicendo definitivamente addio ai sogni di gloria. Ma anche la qualificazione in Uefa comincia a non essere più al sicuro, mentre Rush continua a farsi picchiare dai difensori italiani senza apparentemente opporre resistenza. Segna ad Ascoli il 10 aprile e contro il Napoli la settimana successiva in una delle partite che costeranno carissime ai partenopei nella volata scudetto col Milan. Il 1 maggio, Rush decide il derby col Torino che la Juventus vince per 2-1 grazie ad un gol del gallese al minuto 88; è un successo fondamentale per i bianconeri che agganciano a fine campionato proprio i cugini granata in classifica andandosi a giocare lo spareggio per accedere in Coppa Uefa.
Il 23 maggio 1988 allo stadio Comunale, Juventus e Torino si affrontano in gara unica: chi vince va in Coppa Uefa, chi perde resta fuori dall’Europa. Forse la dirigenza juventina ha già deciso di cedere Rush a fine stagione, forse non ancora, di certo non dice nulla al calciatore e lo lascia tranquillo prima della gara più importante dell’anno. E’ un brutto derby, condizionato dalla posta in palio e che si trascina su uno 0-0 quasi inevitabile; si va ai calci di rigore dove la Juve ne sbaglia uno e il Torino due. Il tiro decisivo è proprio fra i piedi di Rush che segna e porta la Juventus in Coppa Uefa, anche se la sua stagione è fortemente al di sotto delle aspettative: 13 reti totali, appena 7 in campionato, 5 in Coppa Italia di cui 4 in un solo incontro, ed una in Uefa. Troppo poco per il suo valore, troppo poco per le ambizioni juventine, tanto che Agnelli e Boniperti, delusi da un rendimento zoppicante, cedono nuovamente il gallese al Liverpool nell’estate del 1988 dopo un solo anno a Torino, pochi gol e tante delusioni. Rush giocherà altre 8 stagioni con la sua vecchia squadra, tornando a segnare anche se un po’ meno del passato, poi chiuderà la carriera fra Leeds, Newcastle, Sheffield United, i gallesi del Wrexham e un mese in Australia fra novembre e dicembre del 1999.
L’unica annata di Ian Rush in Italia è stata una delusione, soprattutto per chi ne aveva ammirato le gesta e i numeri in Inghilterra. Anni dopo, lo stesso gallese ammetterà di non aver fatto bene con la Juve, ma anche che la stagione a Torino lo fortificò dal punto di vista tattico, insegnandogli a sacrificarsi per la squadra, a non fossilizzare la sua presenza solamente in area di rigore ma svariando anche altrove, nonché ad incassare calci e pestoni senza lagnarsi troppo. “L’Italia mi ha migliorato come uomo e come calciatore“, dirà anni dopo un Rush invecchiato e senza più quei baffi che lo avevano sempre caratterizzato. Sarà, eppure alla Juventus ancora oggi si chiedono come abbia potuto rendere così poco un super bomber da oltre 250 gol in carriera.
di Marco Milan