Amarcord: la Jugoslavia a Italia ’90, l’ultima recita di uno squadrone
Se gli jugoslavi sono stati definiti i brasiliani d’Europa un motivo dovrà pur esserci. Talento incredibile, una nazionale che avrebbe potuto vincere tanto e che invece non ha raccolto quasi nulla a livello di risultati. Colpa della sfortuna (vedi Euro ’68), ma anche di un’indolenza e di una discontinuità che da sempre caratterizza i calciatori slavi. Italia ’90 è stata l’ultima apparizione prima della disgregazione e dell’addio di una compagine da sogno.
Dopo aver mancato l’accesso ai Mondiali del 1986 e agli Europei del 1988, la Jugoslavia si qualifica per Italia ’90 dopo aver vinto il proprio girone con 14 punti, frutto di 6 vittorie, 2 pareggi e nessuna sconfitta, ed essersi messa alle spalle la Scozia (comunque qualificata) e, soprattutto, la Francia che viene incredibilmente estromessa dalla fase finale, oltre alle meno quotate Norvegia e Cipro. Il commissario tecnico jugoslavo è un bosniaco, Ivica Osim, mentre in rosa ci sono calciatori di assoluto talento come Pancev, Savicevic, Prosinecki, Katanec, ma soprattutto Dragan Stojkovic che è la stella della squadra e l’uomo di maggior qualità, un fantasista con colpi da centravanti, fisico, talento e personalità, perno della Stella Rossa Belgrado, finirà per una sola stagione anche in Italia al Verona dove, però, complici anche numerosi guai fisici non riuscirà mai ad imporsi, giocherà poco, segnerà meno e non aiuterà i veneti a salvarsi. Non c’è, invece, un altro giovane talento come Zvonimir Boban, squalificato per 6 mesi dopo aver colpito con un calcio un agente di polizia durante gli scontri nella gara fra Dinamo Zagabria e Stella Rossa che sono la prova di una tensione incredibile nel paese.
Nel sorteggio mondiale, la Jugoslavia viene inserita nel girone D assieme alla Germania, alla Colombia e agli Emirati Arabi Uniti. E’ un raggruppamento impegnativo perché, al di là degli asiatici che sono la cenerentola dei Mondiali, i tedeschi sono forse i favoriti dell’intero torneo assieme ad Italia e Olanda, e i colombiani sono al massimo della maturità di una generazione d’oro che vuole raccogliere risultati e vittorie. L’esordio della Jugoslavia ad Italia ’90 avviene la sera del 10 giugno 1990 a Milano contro la Germania e per la nazionale balcanica sarà una mattanza con sconfitta per 5-1; per gli slavi segna Davor Jozic che gioca in Italia con la maglia del Cesena. Nell’altra gara del girone, intanto, la Colombia batte per 2-0 gli Emirati Arabi, costringendo così la Jugoslavia a far punti nella seconda giornata, prevista per il pomeriggio del 14 giugno a Bologna proprio contro i sudamericani. E’ una partita tirata e nervosa, la Colombia fa ostruzionismo, le sta benissimo quello 0-0 che resiste fino al 75′ quando ancora Jozic segna il gol vittoria per gli slavi. La Germania travolge gli Emirati Arabu e si qualifica, mentre per la Jugoslavia la strada si fa in discesa considerando l’ultima sfida contro gli asiatici, reputati una delle compagini peggiori della manifestazione.
Il 19 giugno, sempre a Bologna, gli uomini di Osim ne rifilano 4 agli emiratini: segna Susic e poi, con una doppietta ciascuno, Pancev e Prosinecki. Per la prima volta si ammira quella squadra che tutti aspettavano, un concentrato di talento e personalità che permette alla nazionale in maglia blu di qualificarsi agli ottavi di finale come seconda dietro la Germania, ma che in campo nasconde i problemi che ristagnano nello spogliatoio e, purtroppo, nell’intera nazione che sta covando quel conflitto nazionale che si svilupperà nel 1992 e che porterà alla spaccatura della Jugoslavia e all’indipendenza dei paesi che componevano lo stato unito. I croati non amano i serbi e viceversa, in mezzo ci sono anche sloveni e bosniaci, le liti interne sono tante, qualcuno sussurra che anche in campo i croati la passino solo ai propri “connazionali“, anche se in realtà così non sembra perché la Jugoslavia sul rettangolo verde sembra unita ed è comunque arrivata agli ottavi di finale dove si ritroverà di fronte la Spagna.
Il 26 giugno a Verona si gioca Jugoslavia-Spagna con gli iberici che possono vantare maggior esperienza ed un organico competitivo e gli slavi con la possibilità di mettere in campo quel talento che tutti riconoscono loro. E’ la grande giornata di Dragan Stojkovic che si carica l’intera nazionale balcanica sulle spalle, dispensa colpi da maestro, incita i compagni, la squadra sembra più unita che mai e al 78′ passa in vantaggio proprio con Stojkovic; sembra fatta, ma all’84’ la Spagna pareggia con Julio Salinas e la sfida va ai supplementari dove ancora Stojkovic segna subito un altro eurogol, riporta in vantaggio gli slavi che difenderanno il 2-1 che li proietta i quarti di finale contro l’Argentina di Maradona che, nel frattempo, ha battuto ed eliminato il Brasile. Arrivati a questo punto, la qualificazione sembra quasi in bilico perché gli argentini sembrano in calo rispetto ai Mondiali vinti 4 anni prima e la Jugoslavia è in grande forma e con uno Stojkovic in spolvero eccellente. Chiaro che l’esperienza e il blasone dei sudamericani possa fare la differenza, ma la sensazione è che se gli slavi riusciranno a riporre momentaneamente nel cassetto i dissapori intestini, la semifinale mondiale potrebbe non essere una chimera.
Si arriva così al pomeriggio del 30 giugno 1990 quando Argentina e Jugoslavia scendono in campo allo stadio Franchi di Firenze. La partita è tattica, del resto gli argentini non giocano mai in maniera particolarmente offensiva e la nazionale di Osim preferisce aspettare e non scoprirsi troppo per non subire i contropiedi che uno come Claudio Caniggia potrebbe sfuttare, esattamente quanto accaduto agli ottavi contro il Brasile, superato proprio da una cavalcata del biondo attaccante dell’Atalanta. Lo 0-0 non si schioda, la Jugoslavia rimane pure in dieci uomini per l’espulsione del centrocampista Sabanadzovic e quel punto altro non può fare che puntare ai calci di rigore, soluzione che sta meno bene all’Argentina che, però può contare su specialisti dal dischetto e su un portiere come Goycochea che sarà forse il simbolo dei sudamericani in quella competizione. Ai calci di rigore sbagliano in tanti, perfino Diego Maradona fallisce, così come il laziale Troglio, mentre Serrizuela, Burruchaga e Dezotti (centravanti della Cremonese) faranno centro per l’Argentina. La Jugoslavia farà peggio sbagliandone 3 su 5 con Stojkovic, Brnovic e Hadzibegic che rendono inutili i gol di Prosinecki e Savicevic; gli argentini vincono 3-2 e volano in semifinale dove elimineranno, sempre ai tiri di rigore, l’Italia per poi perdere la finale con la Germania.
Diventa questa l’ultima recita della Jugoslavia dei talenti che riuscirà a qualificarsi anche per Euro ’92, un torneo che però non giocherà mai a causa dell’esplosione del conflitto nazionale che estrometterà la squadra dalla fase finale ripescando la Danimarca che poi addirittura vincerà il trofeo. Dalla disgregazione della vecchia Jugoslavia nasceranno altre nazionali, di cui la migliore sarà la Croazia, seconda ai Mondiali del 2018, terza a quelli del 1998 e del 2022, mentre di quella nazionale che dispensava talento, carattere e discontinuità resta il ricordo di ciò che poteva essere e non è stato, oltre che di un mondo che non esiste più.
di Marco Milan