Amarcord: 1990, gli assi di coppe della Juve, gli unici trofei di Zoff in panchina
Era nata come una squadra incompleta e sperimentale, lontana anni luce da quelle che vincevano i campionati a mani basse con Trapattoni. E’ finita con due trionfi e due coppe di cui a tutt’oggi il popolo juventino è gelosissimo. E’ la storia della Juventus 89-90, vincente quasi a sorpresa.
La Juventus che prepara la nuova stagione nell’estate del 1989 si è profondamente rinnovata, anche se l’allenatore è per il secondo anno consecutivo Dino Zoff. E’ partito Antonio Cabrini, andato a Bologna dove chiuderà la carriera a maggio del 1991, dopo 13 anni in bianconero, sono partiti Favero, Altobelli e Laudrup, sono arrivati Dario Bonetti in difesa, i sovietici Alejnikov e Zavarov a centrocampo, mentre in attacco ecco le scommesse provenienti dalla serie B, ovvero Casiraghi dal Monza e Schillaci dal Messina. Ai nastri di partenza della serie A, la Juve non gode dei favori del pronostico, anzi, le milanesi, il Napoli e anche la Sampdoria sono considerate assai più attrezzate dei bianconeri che possono ambire, stando ai pronostici, al massimo alla qualificazione Uefa e a far più srtrada possibile in Coppa Uefa e in Coppa Italia. E non è di avviso completamente diverso neppure Dino Zoff, consapevole che vincere lo scudetto sarebbe praticamente un miracolo per la sua squadra ma che, al contrario, avanzare nelle coppe può essere il vero traguardo stagionale dei torinesi.
L’annata della Juve inizia dalla Coppa Italia e con due vittorie nel doppio turno eliminatorio che precede la fase a gironi che incomincerà poi a gennaio: i bianconeri eliminano il Cagliari (che milita in serie B come neo promossa) vincendo 1-0 in Sardegna con gol di Zavarov ai supplementari, e il Taranto (compagine di C1), battuto 2-1 al Comunale dalle reti di Schillaci e ancora del sovietico. Il campionato incomincia il 27 agosto 1989 col pari casalingo (1-1) contro il Bologna, poi alla seconda giornata, il 3 settembre, i bianconeri vincono di prepotenza 4-1 a Verona con una doppietta di Schillaci che realizza, così, le sue due prime reti in serie A. Il tempo per gioire, però, è pochissimo perché quella stessa sera arriva la drammatica notizia della morte di Gaetano Scirea, ex capitano juventino ed ora vice di Dino Zoff, che resta ucciso in un terribile incidente stradale in Polonia dove si era recato per visionare il Gòrnik Zabrze, primo avversario della Juventus in Coppa Uefa. La tragedia colpisce squadra e spogliatoio, ma anche un Dino Zoff come sempre composto e riservato, ma terribilmente affranto nel cuore per la perdita dell’amico e vecchio compagno di tante battaglie alla Juve e in Nazionale.
I bianconeri, tuttavia, onorano il lutto eliminando i polacchi con un doppio successo (1-0 in Polonia, 4-2 a Torino), quindi fanno fuori anche il Paris Saint Germain, battuto 1-0 a Parigi e 2-1 al Comunale, risultati che qualificano la Juve agli ottavi di finale di Coppa Uefa. Il campionato, intanto, prosegue a fasi alterne, la squadra di Zoff incappa in un periodo complicato perdendo contro Inter e Atalanta, pur mantenendosi in lizza per un piazzamento europeo. Lo scudetto è destinato a rimanere un sogno da riporre al più presto, è il segreto di Pulcinella anche se confermarlo in un ambiente come quello juventino è più complicato di quanto si pensi; ad inizio novembre, la Juve perde in casa del Milan 3-2, poi in Coppa Uefa si ripresenta con una marcia in più ed elimina pure i mezzi sconosciuti tedeschi del Karl-Marx-Stadt, vincendo di nuovo entrambe le gare, 2-1 in casa e 1-0 in trasferta con cui si chiude l’anno solare 1989. I nuovi vertici societari si insediano ad inizio del 1990 quando Boniperti lascia la carica di presidente dopo 20 anni e le prime voci di insoddisfazione verso Zoff circolano con sempre maggior insistenza, a prescindere dai risultati che il tecnico friulano otterrà.
All’ex portiere, però, le voci interessano poco e niente, conosce il calcio, sa bene che solitamente quando una società cambia i suoi riferimenti più importanti le modifiche saranno molte, sa che probabilmente a fine stagione non verrà riconfermato, ma sa anche che ciò non dipenderà esclusivamente dal suo rendimento. Qualcuno lo associa già alla panchina della Lazio (dove poi effettivamente andrà), altri a quella della Fiorentina, nonostante la rivalità fra viola e bianconeri. A gennaio, comunque, riparte la Coppa Italia e la Juventus batte Pescara e Sampdoria qualificandosi alla semifinale che disputerà fra la fine di gennaio e la metà di febbraio contro la Roma. Una doppietta di Casiraghi doma i giallorossi al Comunale, mentre ben più accesa è la sfida dello stadio Olimpico il pomeriggio di San Valentino, quando la Roma vince per 3-2 tentando un’impresa che resta, però, solamente a metà e la Juve vola in finale dove a primavera sfiderà il Milan di Sacchi, in corsa ancora pure per lo scudetto e in Coppa dei Campioni. E così, la tanto bistrattata Juve senza campioni ha già messo in carniere una finale che, di quei tempi, non è poco.
A marzo, poi, riprende anche il cammino europeo e i bianconeri devono fronteggiare un altro avversario tedesco, stavolta più blasonato e che rievoca sinistri ricordi nei cuori juventini, ovvero l’Amburgo che nel 1983 ad Atene aveva soffiato alla favoritissima Juventus una Coppa Campioni che sembrava solo una formalità da portare a casa per l’allora formazione di Trapattoni. In pochi, giorni, la Juve si gioca una fetta importante di stagione: il 28 febbraio gioca l’andata della finale di Coppa Italia in casa contro il Milan, pareggiando per 0-0, risultato che la compagine di Zoff non disprezza affatto in vista del ritorno a San Siro in cui, comunque, i rossoneri saranno favoriti; il 7 marzo, invece, ecco la sfida d’andata con l’Amburgo in Germania: i bianconeri giocano un grande incontro e vincono per 2-0 grazie ai gol di Schillaci e Casiraghi, quei due attaccanti provenienti dalla serie B e su cui tanti erano inizialmente scettici e che, invece, si stanno dimostrando all’altezza dei grandi palcoscenici della serie A e dell’Europa. Casiraghi piace per forza fisica, colpo di testa e carisma, Schillaci è apprezzato per rapidità e senso del gol, caratteristiche che permettono alle due punte di completarsi a vicenda.
Il 21 marzo la Juve trema nel ritorno con l’Amburgo: al Comunale segna subito Roberto Galia, mediano e tuttofare della squadra, classico gregario da medaglia per l’impegno alla carriera, ma fra il 70′ e il 71′ i tedeschi segnano due volte e provano a completare la clamorosa rimonta. Finisce 1-2, la Juve perde in coppa la prima partita dopo 7 vittorie su 7, ma passa ugualmente il turno e si ritrova in semifinale dove affronterà altri tedeschi, il Colonia. I bianconeri, con l’arrivo della primavera, stanno mostrando una condizione atletica sfavillante e anche in campionato recuperano posizioni, hanno fermato la Sampdoria a Genova sullo 0-0 a inizio marzo hanno battuto per 3-0 il Milan al Comunale in un antipasto del ritorno della finale di Coppa Italia che si disputerà di lì a un mese o poco più. Il 4 aprile, intanto, ecco l’andata della semifinale di Coppa Uefa: a Torino la Juve piega per 3-2 il Colonia, ma è un successo dolce amaro perché i bianconeri sono in vantaggio per 3-0 fino al minuto 80 e nel giro di 10 minuti appena subiscono due reti che mettono a repentaglio la qualificazione rendendo complicato il ritorno in Germania.
Zoff è irritato perché il ritorno si disputerà ad una sola settimana dalla finale di Coppa Italia che il tecnico avrebbe voluto preparare con meno ansia e farlo partendo da un 3-2 non è come farlo da un 3-0. In 7 giorni la Juve si gioca la stagione e rischia di chiudere senza trofei per il quarto anno di fila, dallo scudetto vinto da Trapattoni nel 1986. A Colonia è una battaglia, ma la Juventus esce indenne, porta a casa 0-0 e accesso alla finale che giocherà in doppia partita contro un’altra italiana, la Fiorentina guidata in campo da quel Roberto Baggio che molte voci vedono già juventino in estate. Il 25 aprile 1990 la Juventus sfida a San Siro il Milan a cui contende la Coppa Italia: i rossoneri godono dei favori del pronostico ma sono stanchi, la lotta scudetto col Napoli è estenuante e in più la squadra di Sacchi è anche in finale di Coppa Campioni e la spia della riserva della benzina sta già lampeggiando. La Juve, al contrario, sta bene e ci prova: segna Galia al 17′, a quel punto al Milan servono due gol per ribaltare la situazione, ma il caldo e gli altri impegni deconcentrano i milanesi, la Juventus difende bene, soffre all’occorrenza ma alla fine porta a casa il primo trofeo dopo 4 anni e, soprattutto, Zoff alza il primo da allenatore.
La vittoria della Coppa Italia toglie qualche ansia alla Juventus, da sempre condannata a vincere e incapace di farlo per tre stagioni di fila; stavolta almeno una coppa è arrivata ed ora si può affrontare la finale con la Fiorentina senza agitazioni, anche perché, contrariamente a quanto avvenuto col Milan, rispetto ai viola la Juve è ampiamente favorita. L’andata si gioca a Torino la sera del 2 maggio e i bianconeri vincono per 3-1: segna di nuovo Galia al 3′, pareggia l’ex di turno Buso al 10′, poi Casiraghi al 60′ e De Agostini al 75′ mettono i torinesi in una buona condizione in vista del ritorno che si gioca in campo neutro ad Avellino il 16 maggio 1990. La disputa sul terreno di gioco campano aiuta molti juventini che abitano al sud ad acquistare i tagliandi e così la Fiorentina sembra quasi non godere del tifo casalingo che avrebbe avuto, viceversa, in uno stadio Franchi gremitissimo. I viola ci provano, la Juve ci mette esperienza, fame ed una difesa solidissima: finisce 0-0 e per i bianconeri arriva la doppietta Coppa Uefa-Coppa Italia. E meno male che doveva essere una stagione deludente.
La Juventus 89-90 chiude il campionato al quarto posto, vince la Coppa Uefa (che a quel tempo era una signora competizione) e la Coppa Italia, strappata al Milan di Sacchi, ovvero alla squadra in quel momento più forte del mondo. Dino Zoff lascia Torino in silenzio ma con orgoglio, si accasa alla Lazio, scaricato dal nuovo corso dirigenziale juventino che porterà Roberto Baggio e in panchina Luigi Maifredi, splendida scommessa che sarà clamorosamente persa dalla Juve che rimarrà fuori dalle coppe dopo 28 anni di partecipazioni consecutive. Un anno dopo in molti rimpiangeranno il pragmatismo di Zoff che aveva lasciato la Juve con una dote di due coppe. Scusate se è poco.
di Marco Milan
La finale di andata fu condita da un gol regalato alla Juve dall’arbitro. Il ritorno, col campo squalificato, la Fiorentina giocò in casa ad Avellino. Nonostante tutto erano 15.000 i fiorentini in trasferta. Nei settori bianconeri ( c’ era mezzo sud Italia) la sportiva Avellino aveva posizionato amplificatori….fu una farsa i meglio il solito furto.