Amarcord: Ivan Pelizzoli, il predestinato della porta, schiacciato da sé stesso
Partiamo dalla fine: Ivan Pelizzoli è stato classificato dall’IFFHS, ovvero l’istituto internazionale di storia e statistiche autorizzato dalla FIFA, al 44° posto fra i portieri del decennio 2001-2010, terzo italiano dopo Buffon e Toldo. Eppure, Ivan Pelizzoli non è riuscito ad imporsi come talento e premesse richiedevano, nonostante un esordio folgorante che, forse, è stato anche il suo tallone d’Achille.
Ivan Pelizzoli nasce a Bergamo il 18 novembre 1980, è un ragazzo alto quasi due metri, capelli scuri e sguardo di quelli che noti, di quelli che in una foto di classe a scuola tutti chiedono: “E questo ragazzo chi è?“. Pelizzoli sviluppa presto la passione per il calcio, la sua statura lo fa cominciare come difensore centrale, poi un giorno nella sua squadra manca il portiere e fra i pali ci si piazza lui; è come un colpo di fulmine: parare gli piace molto di più che giocare in campo, affina la tecnica, si fa comprare diverse paia di guanti, studia quei portieri come Giovanni Galli o Walter Zenga che gli piacciono tantissimo, hanno la responsabilità quasi totale della difesa e anche il giovane Pelizzoli vuole ricoprire quel ruolo tanto rischioso quanto affascinante. La statura lo aiuta, il talento che ha ancora di più, i suoi primi allenatori restano sbigottiti dalla reattività nonostante l’altezza imponente, nonché dalla prevedibile ma non scontata precisione nelle uscite alte. Non c’è dubbio, questo giovane ha di fronte a sé una sicura carriera ad alti livelli.
Naturalmente, un simile talento non può sfuggire agli occhi dell’Atalanta che, in fatto di settore giovanile, non è seconda a nessuno, almeno in Italia. Dopo aver fatto parte della rosa bergamasca nella stagione 1998-99, Pelizzoli viene mandato in prestito in serie C2 alla Triestina dove gioca 23 partite su 34 destando un’ottima impressione e vivendo la cocente delusione del ko dei giuliani nella semifinale playoff contro la Vis Pesaro. Nell’estate del 2000 il portiere bergamasco torna all’Atalanta, l’allenatore Vavassori lo vuole come terzo dopo il titolare Alberto Fontana e la riserva Pinato. L’avvio di campionato dei nerazzurri, neo promossi, è da sogno, l’Atalanta gioca bene, segna e vince, ritrovandosi dopo quasi un mese addirittura in testa alla classifica. Il 5 novembre 2000, la formazione di Vavassori è ospite del Milan a San Siro e si ritrova a fare i conti con un’emergenza portieri che si trasforma presto in emorragia: Fontana è infortunato e dopo pochi minuti anche Pinato si fa male e così debutta Pelizzoli ad appena 19 anni. Nessuna emozione di giocare in uno stadio simile e contro il Milan, il giovane portiere para il possibile, a volte perfino l’impossibile e, nonostante la partita termini 3-3, riceve complimenti da tutti, milanisti compresi.
Le qualità di Pelizzoli sono indiscutibili, Vavassori si prende la responsabilità di lasciarlo titolare per il resto della stagione, anche se ciò metterà il tecnico contro Fontana che non accetta il ridimensionamento e la panchina (al contrario di Pinato che è abbonato da sempre al ruolo di vice), tanto che a gennaio farà le valigie e si trasferirà al Napoli. Pelizzoli chiude il campionato 2000-01 con 30 presenze e la stima dei suoi, nonché l’interesse di mezza serie A, affascinata da quel diciannovenne che para e si muove fra i pali come un veterano. La Roma neo campione d’Italia ha forse un unico punto debole, ovvero il portiere, perché Francesco Antonioli, seppur dotato di talento ed esperienza, ha commesso qualche errore in un’annata comunque trionfale per i giallorossi ed è stato spesso fischiato e contestato dal pubblico. Il presidente Franco Sensi vorrebbe regalare al tecnico Fabio Capello Gianluigi Buffon, in uscita dal Parma, ma la trattativa sfuma sul più bello ed il portiere della Nazionale sceglie di andare alla Juventus. Così, la Roma dirotta interesse e soldi verso Pelizzoli, sborsa quasi 30 miliardi di lire all’Atalanta portandosi a casa quello che, come si dice, di Buffon sembra il naturale erede.
Pelizzoli sbarca in una Roma ancora ebbra di felicità nell’estate del 2001, contagiato dall’entusiasmo di una piazza a cui lo scudetto mancava da 18 anni e che continua a festeggiare anche alla ripresa della nuova stagione, tanto che la squadra di Capello inizierà malissimo il campionato 2001-02 con due pareggi ed una sconfitta nelle prime tre uscite. Pelizzoli sa che inizialmente farà il dodicesimo al confermato Antonioli, a cui Capello non si è sentito di togliere il posto, ma appare evidente che la titolarità dell’ex atalantino sarà solamente una questione di tempo. Pelizzoli chiude la prima annata romanista con appena 9 presenze, ma si preparara ad essere il proprietario della porta giallorossa in vista della stagione 2002-03. Sembra fatta per il grande salto ma, si sa, nel calcio le occasioni vanno prese immediatamente e, oltretutto, accompagnate anche da un pizzico di fortuna che Pelizzoli, nel caso specifico, non ha. La Roma, dopo due anni da protagonista, fatica, non è più la squadra granitica che ha vinto uno scudetto e ne ha sfiorato un altro, anzi, subisce gol con facilità e si stacca quasi subito dalle zone alte della classifica.
Pelizzoli ha poche colpe, ma non compie neanche miracoli e la tifoseria romanista, già seccata dall’andamento sghembo della squadra, si irrita col portiere: “Abbiamo pagato una fortuna Pelizzoli che si limita a fare il compitino“, urlano i tifosi quando telefonano alle radio della capitale. Lo chiamano Pellizzoli, con due l. A Roma perdonano poco e niente, così Pelizzoli perde qualche certezza e un po’ di fiducia, sente attorno a sé una brutta aria, per strada qualcuno gli critica perfino il look dopo che il calciatore si è fatto crescere i capelli, ci ha applicato qualche colpo di sole ed ha aggiunto al viso anche una barbetta che in quegli anni va assai di moda, fina, geometrica, quasi disegnata. Il 18 febbraio 2003, poi, Pelizzoli la combina grossa pure in campo e stavolta ha poche scusanti da presentare: nella delicatissima sfida di Coppa dei Campioni all’Olimpico contro il Valencia, la Roma si gioca una bella fetta di qualificazione dopo aver perso le prime due partite contro Arsenal ed Ajax. A poco più di dieci minuti dalla fine e sullo 0-0, il norvegese John Carew, attaccante del Valencia che in estate finirà proprio alla Roma, crossa dal settore destro del campo senza troppa convinzione verso la porta giallorossa, ma la parabola, peraltro bassa e per nulla potente, sorprende Pelizzoli che si aspettava una palla tesa al centro dell’area. Il portiere della Roma non fa in tempo a coprire il palo subendo un gol quasi comico.
L’annata della Roma si chiude male, Pelizzoli si lascia sfuggire con qualche amico: “E’ difficile qui, non ti fanno passare niente, non sei coccolato come a Bergamo“. Eppure, il portiere ha la personalità per non arrendersi: nell’estate del 2003 inizia a lavorare con Franco Tancredi come preparatore dei portieri ed apprende trucchi, segreti e modo di stare in porta. L’avvio del campionato 2003-04 è sfavillante per la Roma e per Pelizzoli: la squadra sembra quella dello scudetto ed avvia un duello serrato col Milan per vincere il titolo. L’ex portiere dell’Atalanta si riscopre quello degli esordi, è un muro, adesso anche il pubblico si spella le mani per applaudirlo. L’autostima porta l’estremo difensore bergamasco a scendere in campo con tranquillità e sicurezza, guida una difesa tornata imperforabile e addirittura tiene la sua porta inviolata per ben 774 minuti consecutivi, piazzandosi al quarto posto assoluto come record di imbattibilità della serie A. Qualche mese prima, Pelizzoli aveva anche esordito in Nazionale (il 30 aprile 2003 a Ginevra in un’amichevole con la Svizzera) e la sensazione è che l’Italia e la Roma abbiano ritrovato quella promessa che si era un po’ persa nei due anni precedenti.
I giallorossi chiudono il campionato al secondo posto dietro al Milan, beffati dai due ko negli scontri diretti coi rossoneri, ma Pelizzoli subisce appena 14 reti in 31 partite guadagnandosi la Saracinesca d’Oro, ovvero il premio di portiere meno battuto d’Europa. Sarà il suo canto del cigno, perché in estate viene escluso dalla lista dei convocati di Giovanni Trapattoni per Euro 2004, poi nella stagione successiva alla Roma succede di tutto: va via Capello e con lui anche Samuel ed Emerson, in più il nuovo allenatore Cesare Prandelli lascia la squadra prima dell’inizio del campionato a causa dei gravi problemi di salute della moglie che lo costringono ad abbandonare il calcio per qualche tempo. Lo spogliatoio è destabilizzato da tanti, troppi cambiamenti, il tedesco Rudi Voller (vecchio idolo della curva giallorossa da calciatore) non riesce a guidare la Roma come vorrebbe e si dimette quasi subito, ma anche il suo successore Delneri fatica e in primavera viene rimpiazzato da un’altra vecchia gloria romanista, Bruno Conti. Cambia poco, però, la Roma annaspa quasi a ridosso della zona retrocessione e il muro difensivo dell’anno precedente è solamente un ricordo sbiadito. Pelizzoli è risucchiato nel vortice assieme ai compagni, si infortuna anche e perde il posto a favore dell’emergente Gianluca Curci.
Nell’estate del 2005 la Roma cambia quasi tutto, il nuovo allenatore Luciano Spalletti sceglie Curci come titolare della porta, Pelizzoli si sente scaricato, parla col tecnico che gli ribadisce che per lui c’è spazio solo come vice. Il portiere non la prende bene e, piuttosto che fare il secondo, decide di andar via, di fare il titolare in una piazza meno blasonata ma in cui rilanciarsi e prendersi, forse, anche una rivincita. Alla Reggina le cose funzionano, Pelizzoli parte bene e il pubblico lo apprezza, ma a metà stagione ricomincia a soffrire di guai fisici che gli fanno progressivamente perdere il posto a favore del meno famoso Nicola Pavarini che chiuderà il campionato da titolare. La Reggina, tuttavia, si salva e Pelizzoli si candida a riprendersi i gradi di primo per la stagione 2006-07 che per gli amaranto sarà trionfale con salvezza raggiunta nonostante i 15 punti punti di penalità dovuti alle vicende di Calciopoli, ma che per l’ex romanista sarà agrodolce: 20 partite da titolare, poi a gennaio il passaggio alla Lokomotiv Mosca, un salto nel buio di cui Pelizzoli in seguito si pentirà. Il portiere sceglie la Russia pensando di salire di livello, invece gioca poco e spesso è il secondo, mentre intanto a Reggio Calabria festeggiano una salvezza insperata sulla spiaggia e lui è a prendersi il freddo e l’umidità della panchina della Lokomotiv.
Il declino di Ivan Pelizzoli inizia da qui: il portiere in Russia gioca poco, maledice di aver accettato quell’offerta, convinto anche dal presidente della Reggina Foti che, coi 3 milioni pagati dalla Lokomotiv, ci si finanzia mezza campagna acquisti, e finito ai margini della squadra anche a causa di una frattura alla spalla. Il treno del grande calcio è ormai passato, questo è uno sport che dimentica in fretta, che guarda quasi sempre avanti e quasi mai indietro. Pelizzoli torna in Italia all’inizio della stagione 2009-10, ripartendo da quella stessa città, Bergamo, che lo aveva lanciato quasi 10 anni prima; sceglie l’AlbinoLeffe che milita in serie B dove gioca 23 partite, poi torna in serie A al Cagliari ma a fare la riserva, tanto che chiude l’annata 2010-11 con appena una presenza, allora scende nuovamente in serie B al Padova dove fa la chioccia di una promessa emergente come Mattia Perin che ritroverà anche nella successiva esperienza di Pescara dove Pelizzoli gioca due anni, uno in A e uno in B, collezionando 30 presenze totali. Le ultime cartucce le spara fra il 2014 ed il 2017 fra serie B e serie C giocando con Entella, Vicenza e Piacenza, sempre tormentato da condizioni fisiche non ottimali che ne minano presenze e rendimento. Poi l’addio nel 2017 a 37 anni, quando ormai era già considerato un ex dall’opinione pubblica.
Una carriera da predestinato che ha funzionato solo a metà e a sprazzi, condizionata da un fisico che lo ha sorretto ad intermittenza, nonché da situazioni e scelte non sempre azzeccate. Ivan Pelizzoli è stato definito, come molti altri della sua generazione, l’erede di Buffon, etichetta che gli ha fatto certamente perdere consensi e simpatie, quando sarebbe bastato definirlo un portiere di talento e di sicuro avvenire, senza appiccicargli addosso adesivi troppo impegnativi. Poteva fare di più, certo, si è tolto meno soddisfazioni del previsto, eppure nel ricordo degli appassionati la figura di Ivan Pelizzoli resiste, una delle innumerevoli promesse che generano la storica domanda: “E se fosse andata diversamente?“.
di Marco Milan