Amarcord: Euro ’96, il capolinea di Arrigo Sacchi
L’ascesa di Arrigo Sacchi nel grande calcio è stata rapidissima e, per molti aspetti, anche inattesa, così come altrettanto celere è stata la sua discesa, coincisa con l’avventura in Nazionale, ritenuta di livello più basso rispetto ai successi alla guida del Milan e chiusa con la sfortunata spedizione inglese ai campionati europei del 1996.
Dopo il secondo posto di Usa ’94 e la finale contro il Brasile persa solamente ai calci di rigore, l’Italia del calcio ha voglia di rivincita. E quale occasione migliore se non gli Europei che nel 1996 si disputeranno in Inghilterra? Del resto, gli ingredienti per far bene ci sono tutti: la Nazionale azzurra è esperta, affamata di rivalsa dopo la beffa mondiale, vogliosa di riscatto dopo aver fallito la qualificazione agli Europei del 1992 e dunque desiderosa di sgomitare anche nella manifestazione continentale dopo le due delusioni mondiali di Italia ’90 e Usa ’94. Ottenere la qualificazione ad Euro ’96 non è scontato per l’Italia di Sacchi che fatica inizialmente in un girone quasi dominato dall’esordiente Croazia che sta gettando le basi per il terzo posto raggiunto ai mondiali del 1998. Il resto del raggruppamento è, oggettivamente, abbordabile con Estonia, Lituania, Ucraina e Slovenia a far da comprimarie a italiani e croati che arrivano appaiati a 23 punti centrando l’approdo agli Europei di Inghilterra che si svolgeranno oltre Manica nel giugno del 1996.
Le polemiche, tuttavia, non tardano ad arrivare in Italia: i tifosi sono scontenti del gioco della Nazionale, soprattutto perché Arrigo Sacchi aveva abituato troppo bene la gente col suo Milan di fine anni ottanta che dominava le partite in lungo e in largo, mentre l’Italia è spesso sparagnina e quegli schemi perfetti ammirati negli anni milanisti non si vedono mai, come aveva già dimostrato, del resto, anche Usa ’94. Certo, fare calcio ogni giorno in un club è diverso rispetto agli allenamenti della Nazionale, circoscritti in poche settimane l’anno e spesso con calciatori diversi ogni volta. E poi ci sono le convocazioni che lasciano perplessi gli appassionati e gli addetti ai lavori: per l’Inghilterra non partono Roberto Baggio (reduce da un’annata in chiaroscuro al Milan, ma pur sempre il miglior calciatore italiano), Giuseppe Signori (tre volte capocannoniere della serie A negli ultimi 4 anni), oltre a Gianluca Vialli e Roberto Mancini, già in polemica con la Nazionale da anni. Ma c’è di più, perché la gente vorrebbe a furor di popolo la convocazione di Igor Protti, attaccante del Bari che ha vinto l’ultima classifica dei marcatori a pari merito con Signori, ma che non viene preso in considerazione da Sacchi, scatenando l’ira generale.
In Inghilterra vanno, così, gli juventini Del Piero e Ravanelli, l’attaccante sampdoriano Enrico Chiesa che ha chiuso l’ultimo campionato con 22 reti, il laziale Casiraghi e il parmense Gianfranco Zola. C’è anche qualche sorpresa come il romanista Amedeo Carboni, il mediano Rossitto ed il giovane difensore laziale Alessandro Nesta, considerato l’erede di Franco Baresi che dopo i mondiali del 1994 ha deciso di abbandonare la Nazionale e giocare gli ultimi anni di carriera pensando solamente al Milan. I sorteggi, poi, non sorridono certo all’Italia che viene inserita nel gruppo C assieme alla Germania, alla Russia e alla Repubblica Ceca, un raggruppamento che non sembra avere la classica squadra più debole delle altre, Germania ed Italia si equivalgono, così come anche russi e cechi, col rischio che al minimo errore ci si possa ritrovare eliminati. Del resto, gli Europei con 16 partecipanti sono così, è difficile avere un girone troppo semplice, ancor più sconsigliato prendere le partite sottogamba, le sorprese sono dietro l’angolo, come sta lì a dimostrare la Danimarca campione d’Europa in carica.
Ad ogni modo, l’Italia di Sacchi parte bene e nella partita d’esordio a Liverpool l’11 giugno 1996 batte per 2-1 la Russia grazie ad una doppietta di Casiraghi e vede la strada spianata verso i quarti di finale, anche perché nell’altro incontro del girone la Germania regola agevolmente per 2-0 la Repubblica Ceca, dando la sensazione di un raggruppamento dominato da tedeschi e italiani. Ma il 14 giugno, sempre a Liverpool, l’Italia cade 2-1 contro i cechi nella partita che consegnerà all’Europa il talento di Pavel Nedved che proprio in quell’estate verrà acquistato dalla Lazio. Il concomitante 3-0 della Germania sulla Russia mette l’Italia in una spiacevole situazione, ovvero battere i tedeschi nell’ultima partita e sperare in un non successo dei cechi contro la quasi eliminata Russia. Liti mediatiche e polemiche iniziano a farsi largo sui giornali, nelle televisioni e nei bar di tutta Italia: “Perché Sacchi non ha convocato Tizio? Perché si è affidato a Caio? Perché le sue decisioni sono sempre sbagliate?” Eccetera, eccetera. Italia-Germania diventa così l’ultima spiaggia, per la qualificazione e per il futuro del commissario tecnico sulla panchina azzurra, o almeno così si sussurra.
Il 19 giugno 1996 Italia e Germania scendono in campo allo stadio Old Trafford di Manchester: i tedeschi sono già qualificati, all’Italia serve vincere e poi gettare l’orecchio a cosa accade fra Repubblica Ceca e Russia a Liverpool. Gli azzurri partono bene, attaccano, si procurano anche un calcio di rigore che, però, Zola si fa parare dal portiere Kopke. Nella ripresa, l’Italia è ancora all’attaco, colleziona calci d’angolo a ripetizione, la Germania è alle corde ma non vuole perdere, intanto fra russi e cechi accade di tutto, la Russia rimonta da 0-2 a 3-2, risultato che qualificherebbe l’Italia anche col pareggio, ma a 2 minuti dal 90′ Smicer dà alla Repubblica Ceca il 3-3 finale che spedisce ai quarti la sua nazionale, poiché l’Italia, nonostante un secondo tempo generoso, non sfonda e si ferma allo 0-0 che la rimanda mestamente a casa con 4 punti in classifica, gli stessi dei cechi, qualificati grazie allo scontro diretto favorevole. La delusione è cocente, il girone appariva abbordabile per una squadra che proveniva dal secondo posto ai mondiali e che è riuscita a farsi eliminare da una nazionale appena nata, nonostante molti dei protagonisti della Repubblica Ceca fossero i reduci della vecchia Cecoslovacchia.
Al ritorno in Italia, Arrigo Sacchi è bersagliato dalle critiche: gli rinfacciano, sostanzialmente, le solite cose, che la Nazionale non ha un gioco, che con Baggio e Signori sarebbe arrivata la qualificazione, che Casiraghi è un ottimo centravanti ma non ai livelli di Vialli, per finire col ritornello che vincere col Milan degli olandesi era una cosa, ripetersi con quello che passa il convento del calcio nazionale, un’altra. Anche i giornali ci vanno giù pesante, gli articoli sono taglienti nei confronti di Sacchi, i titoli ancor di più, in alcune città nascono addirittura Fan Club anti Sacchi, in un attimo si passa dalla critica all’esagerazione, dall’analisi dura all’esaltazione dell’astio, dalla delusione allo sberleffo. Sacchi tira dritto, la Federazione lo difende, l’opinione pubblica chiama a gran voce Cesare Maldini che ha fatto incetta di titoli con l’Under 21, o Nevio Scala che ha concluso il suo ciclo al Parma, ha sfiorato lo scambio di panchine con Fabio Capello che, però, anziché accettare l’Emilia ha preferito il blasone del Real Madrid, ed ora sta trascorrendo un anno sabbatico fra i suoi vigneti nel padovano.
La sera di domenica 1 dicembre 1996, il Milan guidato dall’uruguaiano Oscar Tabarez perde 3-2 a Piacenza, proseguendo in un trend terribile che lo sta allontanando vertiginosamente dalle prime posizioni della classifica. Nella notte, Silvio Berlusconi chiama personalmente Arrigo Sacchi e lo convince a lasciare la Nazionale per tornare a Milano: “Non ti capiscono, torna da noi e ricominciamo tutto daccapo“. Sacchi si lascia convincere, ma le cose andranno malissimo, per lui e per il Milan: la sua autorità non fa più presa sullo spogliatoio, il tecnico entra in conflitto con Roberto Baggio e Marco Simone, nonché con Christian Panucci che nel mercato invernale finisce sul mercato e si accasa al Real Madrid, la squadra perde colpi e punti, ad aprile cade sia contro l’Inter (1-3) che, soprattutto, contro la Juventus che sbanca San Siro con un clamoroso 6-1 che diventa la pietra tombale sulla seconda avventura di Sacchi a Milanello. Il Milan chiuderà la stagione a metà classifica e fuori dalle coppe, l’allenatore romagnolo non sarà riconfermato e chiuderà la carriera in panchina con le ultime esperienze all’Atletico Madrid ed il brevissimo ritorno al Parma nel 2001, prima di dire addio per eccesso di stress.
Arrigo Sacchi ha cambiato il calcio in Italia, soprattutto ha cambiato il modo di pensare degli italiani, sradicando dalla mente della gente il concetto che andasse bene pareggiare in trasferta e vincere 1-0 in casa. Con la Nazionale, però, la sua rivoluzione non ha funzionato, ad Usa ’94 hanno fatto la differenza i singoli, ad Euro ’96 la spedizione azzurra ha fallito; colpe del commissario tecnico? Certamente, non abbastanza per giustificare l’ondata di rancore nei confronti di un allenatore che da allora non è stato più lo stesso.
di Marco Milan