Amarcord: William Prunier, la quercia che parlava tanto e giocava poco

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Che la stagione 1997-98 sia stata la peggiore del Napoli lo testimoniano i numeri con l’ultimo posto in classifica e le sole due vittorie in campionato con la logica e conseguente retrocessione in serie B. Roba di una vita fa, certo, e che i tifosi napoletani vogliono evitare di ricordare, così come farebbero volentieri a meno di farsi tornare in mente un nome, quello di William Prunier, che ha funestato i giorni e le notti del pubblico partenopeo in quella funesta annata.

Nell’estate del 1997 a Napoli si respira un’aria discreta, la squadra ha disputato un campionato senza infamia e senza lode, perdendo la finale di Coppa Italia contro il Vicenza. L’allenatore Gigi Simoni è andato all’Inter, in panchina ecco Bortolo Mutti, reduce dalla salvezza ottenuta col Piacenza dopo lo spareggio disputato proprio a Napoli contro il Cagliari. L’allenatore bergamasco ha entusiasmo e capacità, al primo anno in serie A ha centrato l’obiettivo che il Piacenza gli aveva chiesto ed ora a Napoli cerca il salto di qualità per la propria carriera, consapevole che la società azzurra non naviga in buone acque economiche e che l’organico sarà composto da giovani e qualche elemento di esperienza in cerca di riscatto, come l’attaccante Igor Protti che due anni prima era stato capocannoniere della serie A e che nell’annata appena andata in archivio ha faticato più del previsto con la maglia della Lazio.

Fra i nuovi acquisti del Napoli c’è il difensore francese William Prunier, classe 1967, proveniente dal Montpellier dopo un anno al Copenaghen e uno al Manchester United, il che sembrerebbe giocare a favore del calciatore e, di conseguenza, del Napoli, anche se le voci provenienti dall’Inghilterra dicono che il difensore avesse condito la sua esperienza ad Old Trafford (chiusa con appena 2 apparizioni) con prestazioni di gran lunga mediocri e che il Manchester avrebbe accettato qualsiasi offerta da qualsiasi parte del pianeta pur di toglierselo di torno. Eppure, era stato niente meno che Eric Cantona a caldeggiare l’acquisto di Prunier che nel 1992 aveva anche esordito con la nazionale francese, prima di ben figurare sia all’Auxerre (oltre 200 presenze fra il 1984 ed il 1993), sia al Marsiglia e sia al Bordeaux. Un curriculum di tutto rispetto, dunque, passi la negativa avventura inglese, ma la sensazione è che il Napoli abbia chiuso un buon affare con Prunier, trentenne di esperienza che potrebbe guidare la difesa di Mutti in una stagione che i partenopei vorrebbero chiudere nella parte sinistra della classifica.

William Prunier sbarca a Napoli a luglio del 1997, certo a vederlo tutto sembra tranne che un leader: alto e magro, capelli rasati a pelle, un po’ impacciato nel camminare, qualche ragazza accorsa all’aeroporto per ammirare il bel francese resta un po’ delusa. Ma, alla fine, chi se ne frega dell’aspetto fisico, pensano i tifosi, e lo dice chiaramente anche il presidente Ferlaino: “Prunier non sarà un adone, ma vi assicuro che è un giocatore affidabile e di estrema efficacia”. Il patron napoletano rimarrà, peraltro, l’unico sponsor del calciatore che in conferenza stampa afferma: “So di essere stato scelto da Ferlaino in persona, voglio ripagarne la fiducia“. Qualcuno a posteriori sosterrà malignamente che il presidente avesse distrattamente visto un paio di videocassette di Prunier, ordinando poi ai dirigenti: “Ma sì, pigliat’ a chiss“. Leggende più o meno romanzate, di certo c’è che la stagione del Napoli parte con ambizioni discrete e finirà nel peggiore dei modi, forse come nemmeno il più pessimista dei tifosi avrebbe potuto immaginare, mentre l’anno di Prunier sarà, se possibile, ancor peggiore.

Eppure, il difensore francese sembra impavido e per nulla timido, nel pre campionato dichiara: “Credo di aver capito perché il Napoli mi abbia scelto nonostante io abbia ormai 30 anni: dev’essere per il mio carattere, io sono un duro, certo non cattivo, ma so farmi rispettare in campo e fuori“. Le ironie napoletane si sprecheranno, soprattutto al termine della stagione. A non risparmiare fiato, intanto, è lo stesso difensore che inizia a stare in panchina, anche perché in evidente ritardo di condizione, ma non si lascia intimidire (del resto lui è un duro) e appena gli mettono un microfono sotto il naso non si sottrae: “Rispetto l’allenatore, giocherò quanto prima, del resto sono venuto qui per questo, non certo per scaldare la panchina“. Detto, fatto: domenica 5 ottobre 1997 il Napoli scende in campo all’Olimpico contro la Roma, la posizione di Mutti già scricchiola e il tecnico sceglie Prunier per marcare Abel Balbo. La decisione sarà talmente scellerata che Mutti pagherà con l’esonero l’azzardo, la Roma vince 6-2, Balbo con Prunier fa il bello e il cattivo tempo, lo porta a spasso per l’area di rigore, il francese non riesce nemmeno a muoversi, tanto che verrà coniato per lui un epico giudizio sulla stampa: Statico come una quercia.

Il campionato del Napoli va a picco, già al termine del girone d’andata e con una sola vittoria all’attivo, si capisce che la retrocessione è inevitabile. Prunier, nel frattempo, ha giocato solamente 3 partite, sulla panchina partenopea si sono già seduti, oltre a Mutti, anche Mazzone e Galeone, e per entrambi il giudizio sul francese è lapidario: non serve. Col calciomercato invernale, il Napoli tenta il miracolo e, fra gli altri, acquista dal Piacenza il difensore Mirko Conte. Un’onta per Prunier che non le manda certo a dire al suo nuovo compagno di squadra: “In questa squadra c’erano già abbastanza difensori – dice, irritato – e non capisco proprio dove fosse la necessità di prenderne un altro. Questa è un’offesa per me e per i miei compagni di reparto“. In una televisione privata chiama in diretta un tifoso che sbotta in tipico dialetto: “Ha parlato Francobbaresi“. Potrebbe bastare questa battuta per definire l’intera avventura napoletana di William Prunier che all’inizio di gennaio del 1998 viene ceduto in Scozia agli Hearth of Midlothian per poi chiudere la carriera fra Belgio, Qatar ed un ritorno in Francia al Tolosa.

A Napoli Willliam Prunier è ancora oggi ricordato per essere stato uno dei pilastri del fallimento della squadra arrivata ultima in classifica, emblema di quei bidoni stranieri che al San Paolo giocarono poco e male, nonché per tante dichiarazioni sui generis, apparentemente forti e dure, ma che oggi appaiono grottesche, comiche, come in una perfetta commedia di Eduardo De Filippo.

di Marco Milan

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