Basilicata, Regionali 2013. Alleanze e temi tra decadenza e speranza di rinnovamento
di Lucia Varasano
In seguito all’ inchiesta di “Rimborsopoli” e allo scioglimento anticipato del Consiglio regionale, dipingere il quadro di una Basilicata che si avvia verso le elezioni del 17 e 18 Novembre non è cosa semplice in quanto trattative e alleanze sono ancora in corso, e non mancheranno senz’altro i colpi di scena.
Per ora i riflettori sono tutti puntati sulle primarie del centrosinistra– aperte e di coalizione- che si terranno il 22 settembre e che consegneranno agli elettori il candidato a Presidente della Regione Basilicata. Due papabili arrivano dal Pd: Marcello Pittella e Piero Lacorazza, altri due da esperienze politiche differenti: Miko Somma (Comunità Lucana) e Nicola Benedetto (Centro Democratico) uniti tutti dallo slogan “BasilicataBeneComune”.
Proporre il candidato vincente per il centrosinistra lucano non è cosa facile e le lotte intestine sono concentrate sulla difficoltà di proporre un nuovo modello che faccia rima con “discontinuità” e “rinnovamento” capace di rompere con i vent’anni di governo e di rinascere dalle ceneri di Rimborsopoli.
Le altre aree politiche cercano di abbattere lo strapotere della sinistra lucana, pur facendo difficoltà ad imporre i temi dello scontro elettorale e puntando tutto sulla questione morale che viaggia a braccetto con quella della trasparenza. Il Pdl lucano è quello dei proclami, immobilizzato dalle vicende giudiziarie di Silvio Berlusconi e dall’incerta ricostituzione di Forza Italia 2.0. Per ora la corsa con i Radicali sembra quasi del tutto scontata dopo lo sposalizio dei sei quesiti referendari per una “Giustizia Giusta” e l’impegno a tal proposito del Segretario regionale Pdl, Guido Viceconte, a fianco di Maurizio Bolognetti, Segretario Radicali Lucani.
Un’altra parte della destra è quella che vuole svincolarsi dalla parte succitata ponendo le basi al nascente cartello “Un’Altra Basilicata è possibile”, composto da Grande Sud, Fratelli d’Italia, L@aboratorio di centro, autonomisti dell’ Mpa, Unione Popolare, progressisti di Radice e Adamo, Fli e dall’area di Alemanno.
E c’è un caso di omonimia che potrebbe confondere gli elettori. “UNALTRABASILICATA è possibile” è il nome infatti anche di un’associazione (attiva già dal 2011) che sta lavorando per stilare una delle tre liste che comporranno la coalizione più ampia della “Primavera Lucana” (costituente regionale di movimenti, associazioni e cittadini). Per ora non si esclude nemmeno un apparentamento tra l’associazione e il cartello, ma se la fusione non dovesse avvenire il rischio di perdita dei voti sarebbe alto.
E poi c’è il sempre non-allineato Movimento 5 Stelle, che indice le “regionarie sul web” dopo l’ok alla candidatura del tenente Giuseppe Di Bello che nella terra dei veleni si è fatto conoscere per le sue denunce in tema d’inquinamento dal Pertusillo alla sorgente d’acqua di Montemurro nei pressi del pozzo di re-iniezione di Costa Molina 2.
Petrolio, ambiente e inquinamento. È il tris micidiale che vede tutti impegnati da destra a sinistra a mettere le mani sulla questione delle Royalty e sul tanto vituperato Memorandum che- sottoscritto a sua volta da entrambe le aree- prevede il raddoppio delle estrazioni petrolifere con risvolti occupazionali (gli stessi che si annunciano da almeno 25 anni).
Temi all’altezza dell’inadeguatezza della classe politica lucana. Quella classe politica che brinda all’accordo tra la Regione e la San Benedetto, la spa di Scorzé (Venezia) interamente privata che imbottiglierà le acque pubbliche lucane contando anche su un finanziamento regionale del 30% sul capitale investito con un ritorno occupazionale di 15 unità (per il momento, assicurano).
E poi c’è l’altra classe politica, quella che a lungo ha brindato al bonus carburanti– ottenuto dai lucani in seguito all’aumento del 3% sulle royalties- senza far caso, offuscati dalle bollicine, a quella piccola clausola (a cui con successo il Veneto ha fatto appello) che destina i fondi oltre che ai residenti nelle regioni interessate dalla estrazione di idrocarburi anche agli impianti di rigassificazione delle altre regioni. Un altro bell’affare insomma.
La questione ambiente è delicata e complessa da toccare, vi sono accordi “di e con” il governo, la moratoria bluff , i piani industriali delle grandi compagnie petrolifere che chiedono nuove istanze di permesso (su terraferma e in mare) che ridurrebbero la Basilicata a una groviera e il tutto si muove nell’ottica della cosiddetta SEN, la strategia energetica nazionale che prevede di realizzare in questa regione l’Hub Energetico centro meridionale.
E proprio in Basilicata le multinazionali del petrolio (e non solo), trovano terreno fertile per operare in assoluta tranquillità ( tenendo sottochiave i piani ingegneristici, dati sul monitoraggio ambientale, ecc.) e ottenendo l’appoggio di aitanti politici che credono di poter ancora propinare la favola dello sviluppo e dell’ occupazione.
Le favole arrivano qui dalle più alte cariche istituzionali. L’ultima è stata raccontata senza alcun imbarazzo alla Prima festa della Cgil di Potenza e Basilicata proprio dal Ministro per lo Sviluppo Economico, il padovano Flavio Zanonato, che nel suo ultimo decreto- nato con l’intento di dimezzare le zone marine aperte alla ricerca e alla coltivazione di idrocarburi– ha salvato il Golfo di Venezia e condannato lo Jonio alle trivelle, animato forse dall’atteggiamento no-nimby e sempre in nome della falsa speranza di creare un nuovo modello di sviluppo.
Intanto le statistiche sono tutte a sfavore della Regione e il suo modus operandi. Regione che rientra tra l’altro tra quelle a cui il Governo ha deciso di affiancare un’apposita Agenzia per la coesione territoriale che l’aiuti a spendere concretamente i nuovi fondi comunitari (quelli del PO FESR Basilicata 2007-2013 ammontavano a circa 752 milioni di euro) e che pongono ancora una volta l’accento sull’ inefficienza dell’intero sistema.
Un sistema che penalizza i giovani lucani, che vivono una condizione drammatica che trova conferma (solo per fare qualche esempio) nei dati di Unioncamere su movimenti e tassi occupazionali, e in quelli di Almalaurea che conferiscono alla Basilicata il triste primato della Regione con meno studenti in sede. La dimostrazione insomma che le politiche formative non sono in grado di accordarsi con quelle di sviluppo locale e con i bisogni di crescita professionale dei giovani laureati e diplomati lucani. A fronte del denaro investito nella formazione professionale l’unico arricchimento sembra rimanere quello di chi si è occupato della formazione.
C’è poi il nodo delle infrastrutture, che rende quasi utopistico far pensare ad un vero sviluppo industriale in Basilicata con tutte le carenze che si registrano tra strade, ferrovie, aeroporti e che meriterebbero un capitolo a parte. Perciò, per salvare i distretti lucani sotto il ricatto occupazionale e per scongiurare il pericolo di licenziamenti, spesso e volentieri si procede con iniezioni di denaro piuttosto che non una seria politica di rilancio delle aree industriali (basti pensare alla Natuzzi ad esempio).
A fronte dei nuovi stanziamenti previsti con l’accordo quadro in materia di viabilità (fondi coperti dalla legge 488, dal Fondo Sviluppo e Coesione 2007-2013, dalla delibera Cipe 142 del 1999 e Anas in convenzione con la Regione), per quanto riguarda l’ ammodernamento della rete ferroviaria il “Decreto del Fare” non ha destinato neanche un euro alla Basilicata.
Potremmo scorgere così nella graduatoria dell’Unione Europea che vede la terra lucana agli ultimi posti per indice di competitività, il fallimento dunque non solo del governo regionale ma anche di quello nazionale. Il Decreto del Fare appositamente pensato per il rilancio dell’economia, ha tagliato fuori la regione escludendola di fatto dalla costruzione di grandi opere infrastrutturali e dal piano di ammodernamento con lo sbocco dei mini-cantieri.
Comunque vadano le elezioni Royalty, petrolio, disoccupazione, infrastrutture, inquinamento, saranno solo alcuni dei temi da affrontare per i nuovi governatori a cui aggiungere tutte le questioni annesse e connesse, nella speranza che il rinnovamento non sia l’ennesima moda di farsi la coda con la parrucca.