Amarcord: gli anni della Reggiana in serie A
Sessantaquattro anni. Un’eternità, una guerra di mezzo e un calcio completamente cambiato ed evoluto. Ma tanto hanno dovuto aspettare i tifosi della Reggiana per rivedere la loro squadra in serie A e in una serie A del tutto diversa, unita e compattata come l’intero paese. Una sorta di prima volta, di esperienza nuova e di emozioni riunite in una città con vista sul freddo e nebbioso Po, ma tremendamente calda di passione.
Quando termina la sfida di serie B fra Cesena e Reggiana nella primavera del 1993, i tifosi emiliani sono al settimo cielo per la matematica promozione della compagine granata in serie A, un salto di categoria atteso la bellezza di 64 anni, ma più o meno una prima volta assoluta per la Reggiana che ha visto la massima serie solo negli anni venti, agli albori del pallone italiano, molto prima dell’introduzione del calcio moderno. Niente girone unico, niente fotogrammi delle partite dell’epoca, insomma quell’ultimo anno della Reggiana in serie A, datato 1929, è un’icona storica sbiadita di cui i reggiani vanno sì fieri, ma di cui non servano vivi ricordi.
Ora la squadra granata è di nuovo in serie A e per la prima volta entra nel calcio dei grandi e in un campionato lungo come quello a 18 squadre; artefice dell’impresa è Giuseppe Marchioro, esperto allenatore che in passato ha guidato Cesena e Milan, e che grazie ad un’attenta programmazione e ad un lavoro solido e preciso della società, ha potuto riportare la Reggiana in serie A col compito di raggiungere la salvezza nel campionato 1993-94, in un calcio italiano che è a quel tempo l’eccellenza del pallone in Europa. In estate la dirigenza granata rinforza l’organico di Marchioro col portiere brasiliano Taffarel (ex Parma), con l’esperto difensore Luigi De Agostini (ex Juventus, Inter e nazionale italiana) e con i giovani e talentuosi Michele Padovano e Massimiliano Esposito. Ciliegina sulla torta è poi l’arrivo di Paulo Futre, fuoriclasse portoghese reduce da tanti infortuni e in cerca di rilancio in una piazza piccola ma in un campionato importante.
L’ esordio della Reggiana nella nuova serie A avviene il 29 agosto del 1993 a San Siro contro la rinnovata Inter degli olandesi Bergkamp e Jonk, guidata in panchina da Osvaldo Bagnoli; la squadra emiliana non ha grandi timori reverenziali e gioca a viso aperto, inchinandosi però al più forte avversario che prevale per 2-1. Ma la formazione di Marchioro ha destato una buona impressione e non è certo a Milano che i granata dovranno conquistarsi la permanenza in serie A. Il primo punto arriva alla seconda giornata, 0-0 contro la Lazio in uno stadio Mirabello gremito come non mai, ma dopo due partite incoraggianti, la Reggiana si blocca: spesso pareggia in casa, anche contro avversari alla sua portata come Piacenza e Udinese, frequentemente perde in trasferta. L’appuntamento con la prima vittoria è così rimandato alla dodicesima giornata, il 21 novembre 1993, quando i granata battono 2-0 la Cremonese acciuffando il tanto sospirato primo successo stagionale; ma è una giornata agrodolce, perché alla gioia per la vittoria si frappone il dramma di Paulo Futre che proprio quel giorno fa il suo esordio in campionato dopo l’infortunio, segna la rete dell’1-0, ma viene poi abbattuto dal difensore cremonese Pedroni che con un pericoloso intervento da dietro gli rompe il ginocchio.
Il portoghese esce in barella e in lacrime, ed è di poca consolazione l’espulsione diretta per Pedroni perché il responso medico non lascia spazio a dubbi o interpretazioni: per Futre il campionato è già finito, l’ex asso di Porto e Atletico Madrid chiuderà la stagione con una presenza ed un gol. La stagione della Reggiana, invece, prosegue fra alti e bassi, fra un pesante 5-0 incassato a Napoli ed una brillante vittoria casalinga contro il Cagliari per 3-1 termina il girone d’andata, ma si capisce chiaramente che la squadra di Marchioro dovrà sudarsi la salvezza fino alla fine. Ad aiutare le squadre in lotta per non retrocedere ci si mettono Lecce ed Atalanta, staccate in classifica già al giro di boa e condannate alla caduta in serie B con un girone intero ancora da disputare. Alla prima giornata di ritorno la Reggiana batte in casa l’Inter, si ripete due settimane più tardi contro l’Atalanta e ferma nel successivo turno casalingo la Juventus sullo 0-0, dimostrando che il Mirabello può essere la fortezza in cui conquistare la maggior parte dei punti, anche perché in trasferta i granata continuano a perdere praticamente contro chiunque. In casa, però, la formazione emiliana inizia a far la voce grossa con tutti e vince per 2-0 il derby contro il fortissimo Parma, regalando ai tifosi reggiani una doppia soddisfazione: conquistare due punti fondamentali per la salvezza e battere i poco amati cugini gialloblu.
Nel frattempo anche l’Udinese abbandona le speranze di permanenza in A, così di posti da assegnare per la retrocessione ne resta uno solo e, con Cagliari e Cremonese che hanno un vantaggio abbastanza rassicurante, sembrano essere Piacenza e Reggiana a dover ingaggiare un duello all’ultimo sangue per non cadere, anche se pure l’Inter, clamorosamente, è stata risucchiata nei bassifondi della classifica e rischia seriamente di venir coinvolta nelle sabbie mobili della zona rossa. La prima vittoria fuori casa, la Reggiana la ottiene a Lecce a tre giornate dalla fine: i granata si impongono 4-2 in casa del già retrocesso avversario, pur con qualche sofferenza di troppo, al punto che dopo la quarta rete emiliana tutta la panchina, Marchioro compreso, entra in campo a far festa e viene redarguita dal guardalinee che invita i componenti della spedizione reggiana a rimettersi seduti; la tensione è altissima, Marchioro se la prende con la terna arbitrale ed urla: “E cosa avremo mai fatto di così grave! Non volete che festeggiamo, è un anno che soffriamo!“. Già, l’annata è dura e pesante, mancano solamente due giornate al termine del campionato e Piacenza e Reggiana sono attaccate, ogni minimo errore può risultare fatale.
Nel penultimo turno i granata pareggiano in casa contro la Sampdoria e i piacentini fanno altrettanto con la Juventus; l’ultima giornata è un vespaio di polemiche che ancora oggi fa parlare la via Emilia: Parma-Piacenza si gioca venerdì sera perché la squadra di Scala deve preparare la finale di Coppa delle Coppe contro l’Arsenal e la società piacentina chiede che anche la Reggiana giochi di venerdì per salvaguardare la contemporaneità ed evitare che i granata scendano in campo conoscendo già il risultato degli avversari. La Lega, però, è irremovibile e concede l’anticipo solo per la gara di Parma. Parma-Piacenza termina 0-0, la Reggiana sa che vincendo in casa del Milan già campione d’Italia e in procinto di giocare la finale di Coppa dei Campioni contro il Barcellona, può salvarsi. Milan-Reggiana è un susseguirsi di emozioni: a San Siro arrivano quasi diecimila tifosi emiliani che credono in una salvezza a quel punto a portata di mano di Marchioro e dei suoi; ma il Milan, pur non giocando a marce elevatissime, non lascia spazi agli avversari, anzi, Massaro sfiora a ripetizione il vantaggio per i rossoneri di Capello. Poi, al minuto numero 70, Massimiliano Esposito fugge sulla destra accompagnando un contropiede della sua squadra, appena gli arriva palla lascia partire un esterno destro che si infila alle spalle di Ielpo: 1-0 e Reggiana ad un passo dalla salvezza.
Esposito si sfila la maglietta e corre per tutto il campo fin sotto lo spicchio dei suoi festanti tifosi. Il fischio finale, atteso da tutta Reggio Emilia con spasmodica frenesia, arriva nel tripudio granata: la Reggiana è salva al termine di un campionato al cardiopalma, mentre a Piacenza l’epiteto più carino nei confronti del Milan è quello di “venduti“, dando vita ad una rivalità fra piacentini e milanisti che è durata negli anni a venire. Ma alla Reggiana poco interessano le lamentele del Piacenza, conta la salvezza ottenuta e quei 31 punti che hanno determinato un obiettivo ad un certo punto apparso irraggiungibile; 31 punti, quattordicesimo posto, Padovano autore di 10 reti che gli valgono la palma di beniamino del pubblico granata.
Nell’estate del 1994, la Reggiana conferma Marchioro in panchina e ritrova Paulo Futre, seppur non al meglio di una condizione che il portoghese non avrà mai più. Il campionato della Reggiana, pur rinforzata dagli acquisti del nigeriano Oliseh e dell’ex portiere del Milan Francesco Antonioli, parte male e finisce peggio. I granata faticano, arrancano, restano a zero punti per le prime cinque giornate e devono aspettare il tredicesimo turno per la prima vittoria che, ironia della sorte, giunge sempre contro la Cremonese e sempre per 2-0. Marchioro è stato nel frattempo esonerato dopo sette stagioni alla guida dei granata, ma anche il nuovo tecnico, Enzo Ferrari, sembra non orientarsi bene in una stagione storta nella quale ben presto a Reggio Emilia si capisce che centrare la salvezza sarà impossibile. La Reggiana chiude il primo torneo di serie A con i 3 punti a vittoria, a 16 lunghezze dal terz’ultimo posto, meglio solo del fanalino di coda Brescia, accompagnata in serie B dal tecnico delle giovanili Cesare Vitale che nelle ultime partite prende il posto del dimissionario Ferrari.
Due stagioni intense per la Reggiana, la prima culminata con una salvezza quasi insperata, la seconda colma di delusioni, seppur con lo storico evento del 15 aprile 1995, ovvero l’inaugurazione in Reggiana-Juventus 1-2 del nuovissimo stadio Giglio (poi ribattezzato Città del Tricolore) di Reggio Emilia, un impianto nuovissimo e all’avanguardia, di proprietà della Reggiana stessa, primo caso di stadio di proprietà di una società di calcio italiana. Il pensionamento del vecchio e storico Mirabello fa scendere qualche lacrima ai tifosi reggiani, ma la bellezza del nuovo stadio li rende subito orgogliosi della nuova casa della Regia.
La stagione 1995-96 vede la Reggiana riconquistare immediatamente la serie A sotto la guida dell’esordiente allenatore Carlo Ancelotti che riporta i granata in massima serie al termine di un campionato iniziato male e finito in trionfo con la vittoria di Verona che sancisce il pronto ritorno dei granata in A. Ancelotti, però, lascia Reggio Emilia nell’estate del 1996, chiamato a guidare il Parma orfano di Nevio Scala, obbligando così la società granata a cercare un nuovo allenatore; la scelta dei dirigenti cade sul rumeno Mircea Lucescu che in Italia ha già guidato Pisa e Brescia.
Il campionato 1996-97 vede la Reggiana ai nastri di partenza con una squadra completamente rivoluzionata rispetto a quella che ha con merito raggiunto la promozione: la società granata opta per una soluzione drastica, ovvero affidarsi quasi esclusivamente ad elementi esperti che possano contribuire alla salvezza della squadra. Peccato che gli elementi selezionati dal presidente Luciano Ferrarini siano molto più che esperti: la frutta troppo matura, in sostanza, finisce col divenire marcia, e così i vari Grun, Beiersdorfer e Valencia, grandi nomi del passato, si rivelano autentiche zavorre per una Reggiana che resta al palo nonostante l’avvio sprint con l’1-1 che al Giglio blocca la Juventus fresca campione d’Europa: al vantaggio di Vieri, la Reggiana risponde quasi subito col pareggio di Tovalieri. Sembra l’inizio di una stagione frizzante per i granata, sarà invece un semplice fuoco di paglia di fine estate, un incendio spento dall’autunno che insieme alle foglie spazza via pure una squadra costruita male e aggiustata peggio visto che nel mercato di riparazione a novembre, la dirigenza emiliana pensa bene di cedere proprio Tovalieri (l’unico elemento in grado di tenere a galla la squadra) al Cagliari e senza sostiturilo adeguatamente.
Inutile si rivela anche il cambio in panchina con Francesco Oddo a rimpiazzare Lucescu, ma col nuovo tecnico che non riesce a far nulla per salvare una formazione capace di vincere solamente due partite in tutto il campionato e per giunta entrambe in trasferta, a Perugia e a Verona, senza far mai gioire i tifosi di casa.
La Reggiana retrocede aritmeticamente in serie B l’11 maggio del 1997 dopo la sconfitta per 3-1 in casa del Milan con quattro turni di anticpo sulla fine del campionato, mentre l’ultima partita disputata dai granata in serie A è datata 1 giugno 1997, Reggiana-Atalanta 0-3, ennesima sconfitta di una stagione disgraziata, l’ultima in massima serie per una società che ha successivamente vissuto gravi crisi economiche e conosciuto il baratro del fallimento con annate difficili in C2 ed una lunga serie di delusioni sportive che non hanno ancora riportato gli emiliani almeno in serie B nonostante tante promesse finora mai mantenute fino in fondo.
Ecco allora che il ricordo di quei tre campionati in A a metà degli anni novanta si rafforza sempre più nella mente e nel cuore dei tifosi della Reggiana, sognanti di rivivere un giorno le stesse emozioni che hanno accompagnato la cavalcata della squadra emiliana dalla serie C alla serie A; quegli stessi tifosi che chiedono a gran voce all’attuale società di ripristinare il completo interamente granata al posto di quello spezzato da calzoncini blu e calzettoni neri, storico ma poco vincente, segno che la Reggiana anni novanta è ancora la più amata a Reggio Emilia.
di Marco Milan