Amarcord: Roma-Torino, una finale da batticuore
Dicono che della Coppa Italia non interessi niente a nessuno, poi quando il gioco si fa duro e la competizione arriva alle semifinali e alla finale, ecco che puntualmente escono fuori tifosi ed appassionati, gli stadi tornano (quasi) pieni e la coppa nazionale assume importanza pure in Italia. Nel 1993, però, dar poca importanza alla Coppa Italia contesa da Roma e Torino sarebbe stato impossibile: giallorossi e granata hanno dato vita alla più emozionante finale che la manifestazione nazionale ricordi.
Il cammino di Roma e Torino verso la finale di Coppa Italia 1992-93 è lungo e tosto, non ci sono regali, la Coppa Italia anni novanta inizia presto e finisce tardi, anche le grandi della serie A giocano tante partite e non entrano in scena agli ottavi di finale come ora, non partecipano alla semplice passerella delle damigelle, ma iniziano a sgomitare quando mezza Italia è ancora sotto l’ombrellone in spiaggia. I giallorossi allenati da Vujadin Boskov eliminano il Taranto (formazione di serie B) al primo turno vincendo 4-1 all’Olimpico e 3-1 in Puglia, poi fanno fuori la Fiorentina (4-2 a Roma, 1-1 a Firenze), quindi il Napoli nei quarti di finale (0-0 al San Paolo e 2-0 a Roma), infine buttano fuori il Milan in semifinale ed è una vittoria storica perchè la formazione capitolina riesce a battere l’invincibile armata di Fabio Capello conquistando uno strabiliante 2-0 all’Olimpico firmato da Muzzi e Caniggia, e resistendo a San Siro quando, dopo il vantaggio siglato da Eranio, i rossoneri hanno l’opportunità di agguantare i supplementari proprio al 90′ usufruendo di un calcio di rigore che però il francese Papin si fa parare da Giovanni Cervone che manda in estasi i tifosi romanisti giunti a Milano e riporta in finale la Roma dopo due anni. Percorso simile anche per il Torino che fa fuori anch’esso prima una formazione di serie B, il Monza, vincendo 3-2 in trasferta e 1-0 in casa, poi sconfigge il Bari (sempre compagine cadetta) con un 1-1 in Puglia e un successo per 1-0 al Delle Alpi, quindi nei quarti di finale ha la meglio sulla Lazio, sconfitta 3-2 nel ritorno a Torino dopo il 2-2 di Roma, infine elimina gli odiati cugini della Juventus in semifinale grazie alla regola dei gol in trasferta e al doppio pareggio, 1-1 in casa e 2-2 fuori, nonostante lo stadio fosse lo stesso; una beffa per la Juve di Trapattoni, un delirio per i granata di Emiliano Mondonico, tecnico che ha restituito identità e compattezza al Torino dopo il suo arrivo in panchina nell’estate del 1990.
Sabato 12 giugno 1993 allo stadio Delle Alpi di Torino va in scena l’andata della finale di Coppa Italia fra Torino e Roma. Il campionato è finito la settimana precedente e per entrambe le squadre non è stato un gran torneo: il Torino è giunto nono, la Roma decima, pertanto raggiungere la qualificazione alle Coppe Europee è per entrambe possibile solamente grazie alla vittoria della coppa nazionale. Curiosamente, poi, la sfida di campionato dell’Olimpico è stata a dir poco rocambolesca e il Torino ha vinto per 5-4 in una sfida piena di ribaltamenti di fronte, colpi di scena ed orrori difensivi da ambo le parti. Ad ogni modo ora c’è la finale di andata di Coppa Italia e Torino e Roma non hanno altro per salvare una stagione poco fortunata; sulla carta i granata sono favoriti, hanno un organico compatto ed organizzato, oltre ad un allenatore certo della riconferma e seguito dallo spogliatoio; tutto il contrario di quanto accade invece dall’altra parte perchè Boskov non è stato mai amato nè dai calciatori e nè dal pubblico ed ha già annunciato che dopo la finale di Coppa Italia andrà via e la Roma ha già ufficializzato il suo sostituto: Carlo Mazzone, tecnico romano che ha appena condotto il Cagliari ad una clamorosa qualificazione in Coppa Uefa. Inoltre la Roma ha un’emergenza portieri a dir poco anomala: i titolari Cervone e Zinetti sono ko, così Boskov è costretto a mandare in campo il terzo portiere, il giovanissimo Patrizio Fimiani. Torino-Roma ha inizio, lo stadio Delle Alpi è tutto granata nonostante un notevole spicchio di rumorosi sostenitori giallorossi; la gara ha poca storia, la formazione di Mondonico segna l’1-0 grazie ad un’autorete di Silvano Bendetti, ex di turno, quindi legittima e rimpingua il risultato nella ripresa coi gol di Cois e Daniele Fortunato: 3-0 e vittoria della coppa praticamente scontata.
Una settimana più tardi, il viaggio a Roma sembra una gita, una passerella per i torinisti, convinti che il risultato dell’andata li metta a riparo da brutte sorprese. Ma lo stadio Olimpico è commovente, stracolmo, i tifosi della Roma sono indiavolati, sembra che partano i giallorossi dal vantaggio di tre reti, le migliaia di sostenitori del Torino sono praticamente invisibili e la squadra granata sembra risentirne. La Roma parte a mille, attacca, ringhia sugli avversari quando la palla ce l’ha il Torino, i calciatori giallorossi incitano i tifosi ad urlare ancora più forte, ed il sortilegio sembra avere i suoi effetti, tanto che prima Carnevale ha tre palle gol importanti che sciupa malamente, poi al 22′ l’arbitro Sguizzato concede un rigore alla compagine di Boskov per un dubbio intervento sullo stesso Carnevale: dal dischetto va il capitano Giuseppe Giannini che spiazza Marchegiani e porta in vantaggio la Roma, 1-0 e Olimpico in tripudio. Ma non basta, perchè il Torino ha ancora due reti di vantaggio e perchè la Roma commette l’errore di sbilanciarsi troppo e di credere che l’avversario sia già annientato; e così proprio a fine tempo i granata pareggiano con una stoccata dal limite dell’area di Andrea Silenzi, centravante torinista che, ironia della sorte, è nativo proprio di Roma. Una mazzata terribile per la Roma, non per lo stadio Olimpico che continua ad incitare i propri beniamini senza preoccuparsi del risultato e del trofeo che sta lentamente scivolando sempre più dalle mani dei giallorossi. Inizia la ripresa con Boskov che spedisce in campo Muzzi per Petruzzi, una punta per un difensore, e dopo pochi istanti Rizzitelli riporta in vantaggio la Roma con un perentorio stacco di testa su azione di calcio d’angolo: 2-1, speranze riaccese ma strada ancora lunga e tortuosa per la formazione romana. Eppure il Torino sembra in difficoltà e la Roma ci crede, sospinta da uno stadio caldissimo; così dopo soli tre minuti dal gol di Rizzitelli, i giallorossi trovano anche il 3-1 ancora con Giannini e ancora su calcio di rigore dopo un contatto in area fra Hassler e Mussi. A questo punto alla Roma mancherebbero ancora due reti per portare a casa la coppa, in quanto, in virtù della regola dei gol fuori casa, neanche un 4-1 consentirebbe ai giallorossi di ribaltare la situazione della gara di andata. Ma i colpi di scena non sono finiti e proprio due minuti dopo il rigore di Giannini e nel momento di maggior spinta giallorossa, Silenzi sovrasta l’intera difesa romanista e incorna di testa il 3-2 che pare spegnere ogni aspettativa della Roma ed ogni sogno di rimonta dei ragazzi di Boskov: ora alla Roma servono tre reti, impresa pressochè impossibile considerando anche il tempo che manca al termine della gara. Silenzi corre sotto la Curva Nord e spalanca le braccia, i tifosi torinisti esultano con urla e canti liberatori, la Coppa Italia viaggia veloce verso Torino. Ma Roma-Torino è una finale per cuori forti, destinata a riscrivere in continuazione la sua storia senza un filo conduttore: altri due minuti e la Roma si getta rabbiosamente in attacco, incurante del risultato ormai incanalato a favore degli avversari; Carnevale si guadagna il terzo rigore della partita e Giannini lo trasforma siglando la rete del 4-2 e la sua tripletta personale, unico calciatore assieme ad Angelo Domenghini a realizzarne una in finale di Coppa Italia; alla Roma servono altri due gol e manca poco più di mezz’ora alla fine.
Altri dieci minuti e Sinisa Mihajlovic, alla prima stagione in Italia, trasforma una delle sue magiche punizioni dai 30 metri e riporta incredibilmente la sfida in bilico: 5-2 e Roma ad un solo gol da un’impresa clamorosa. Sale altissima la tensione, lo stadio è caldo ma ora anche impaurito, si gioca sul filo del rasoio e mancano una ventina di minuti al termine della gara; il Torino sente che sta rischiando di dilapidare un vantaggio enorme, la Roma non ha più niente da perdere e, nonostante lo svantaggio, sembra avere ora una marcia in più per trovare quel gol che varrebbe la Coppa Italia. I giallorossi si spingono all’attacco con cuore e un pizzico di confusione, Rizzitelli ha sui piedi la palla del 6-2 ma calcia troppo debolmente addosso a Marchegiani che devia in angolo mentre la gente sugli spalti perde ogni briciolo di lucidità. Ancora Roma poco dopo con l’azione che diventerà l’emblema della finale e della carriera di Giuseppe Giannini: il capitano giallorosso, non contento della tripletta già messa a segno, si ritrova ancora nell’area di rigore torinista, approfitta di una sponda di testa, resiste alla marcatura di Venturin, protegge palla e calcia in porta da posizione decentrata cogliendo il palo alla sinistra di Marchegiani. Un rammarico che il numero 10 della Roma si porterà dentro per sempre e che, consciamente o inconsciamente, segnerà una frattura col pubblico romanista che non si sanerà mai definitivamente. L’ultima possibilità ce l’ha Benedetti che, nato e cresciuto nel Torino, prova a vendicarsi della sua ex squadra e di quell’autogol scellerato della partita di andata, ma il colpo di testa del biondo difensore centrale giallorosso è troppo centrale, Marchegiani para e fa pure un figurone.
La partita termina, i calciatori del Torino si abbracciano per un trofeo conquistato in maniera rocambolesca e dopo una paura palpabile negli sguardi dei giocatori granata e di Emiliano Mondonico. Lo stadio Olimpico tributa un lungo ed appassionato applauso ad una Roma che ha dato tutto e forse anche di più in una finale persa probabilmente più all’andata che nella disgraziata partita di ritorno; non è servito un Giannini monumentale ed un cuore immenso per riportare a Roma una coppa che finisce invece nelle mani di un Torino bello all’andata e folle al ritorno, salvato dalla doppietta di Silenzi e dalle parate di Marchegiani che, come ultima beffa per la Roma, di lì a poche settimane andrà a giocare nella Lazio. Roma-Torino 5-2 è ancora oggi un ricordo agrodolce, l’ultimo trofeo conquistato dai granata, finiti poi per molti anni in serie B, una delle delusioni più cocenti per l’ambiente romanista, tutt’ora legato ad una squadra e ad un gruppo di buoni ma non eccezionali giocatori che hanno sfiorato un’impresa epocale. Il tutto in nome di una Coppa Italia che a parole non interessa mai a nessuno. A parole.
di Marco Milan