Ustica, Cassazione: accertato il depistaggio. Accolto il ricorso dell’Itavia
di Elena Angiargiu
Un’altra verità, l’ultima in ordine di tempo, riporta l’attenzione sulla vicenda del disastro aereo di Ustica, aggiungendo nuovi tasselli alla ricostruzione dei fatti che si verificarono quel 27 giugno 1980. A distanza di trentatré anni mancano ancora i nomi dei responsabili, ma la sentenza emessa alcuni giorni fa dalla Cassazione oltre a rappresentare un punto fermo sotto il profilo giudiziario, costituisce un imprescindibile punto di partenza verso una verità storica, attesa tanto dai parenti delle vittime quanto dall’opinione pubblica, che al versante civile deve però ancora aggiungere l’accertamento di responsabilità penali e politiche.
La sentenza – Confermata la tesi del missile contro il DC9 della compagnia aerea Itavia e accertato il depistaggio ad opera di militari dell’Aeronautica, la Terza Sezione Civile della Corte di Cassazione di Roma, con sentenza n. 2393 depositata il 22 ottobre 2013, ha ribaltato il giudizio d’appello del Tribunale di Roma, che il 4 ottobre 2010 aveva assolto la Presidenza del Consiglio, i Ministeri della Difesa, delle Infrastrutture e dei Trasporti, rigettando il ricorso della famiglia Davanzali, proprietaria della compagnia aerea Itavia, fallita sei mesi dopo l’incidente.
A nove mesi di distanza dell’ultima pronuncia, i giudici di terzo grado hanno accertato la “sussistenza di un’attività di depistaggio”, ritenendo, inoltre, “incongruo” il riconoscimento di un “dissesto preesistente” al disastro aereo. A partire dalla situazione economico-finanziaria della compagnia ricorrente, i giudici, dunque, rimettono alla corte territoriale di Roma la valutazione di quell’attività di depistaggio e del conseguente discredito commerciale ai fini del dissesto, secondo il principio del “più probabile che non”.
La Cassazione e gli ultimi sviluppi giudiziari – Se in primo piano la sentenza riabilita l’Itavia, screditata a lungo dalla “diffusione falsa notizia del cedimento strutturale” del velivolo, altrettanto importanti sono gli aspetti della vicenda ribaditi dalla Suprema Corte che, rifacendosi a precedenti pronunce, chiama in causa la condotta delle amministrazioni statali, nonché le responsabilità degli altri attori coinvolti, a vario titolo, nel disastro.
La “significativa attività di depistaggio”, oggi accertata, richiama la sentenza del 30 aprile 2004, con cui la Corte d’Appello di Roma assolse tutti i Generali dell’Aeronautica imputati per presunti depistaggi, definitivamente assolti nel 2007 dalla Cassazione per mancanza di prove. Nel 2010 Mediapolitika si era già occupata del caso Ustica, in occasione del trentesimo anniversario della strage, riportando proprio il punto di vista dall’Arma Azzurra nel saggio di Vincenzo Ruggero Manca, Generale dell’Aeronautica Militare ed ex senatore, che denunciava le tesi che accreditavano un depistaggio da parte degli Stati Maggiori contro il “partito dell’attacco aereo”, propendendo, invece, per “la tesi dell’esplosione interna”.
Diverse le conclusioni cui sono giunti i giudici di legittimità, che confermano “la tesi del missile sparato da aereo ignoto” che, come già evidenziato dalla sentenza n. 1871 del 28 gennaio 2013, “è abbondantemente e congruamente motivata” e risulta “ormai consacrata pure nella giurisprudenza di questa Corte”. Altro effetto della sentenza è il nuovo processo civile a carico dei Ministeri della Difesa e dei Trasporti, coinvolti oltre che sul fronte delle responsabilità istituzionali anche su quello dei risarcimenti. Secondo i giudici civili lo Stato è responsabile di “omessa attività di controllo e sorveglianza della complessa e pericolosa situazione venutasi a creare nei cieli di Ustica”, come emerge da una sentenza del 2012, mentre il 4 ottobre 2013 i Ministeri sono stati condannati ad un risarcimento danni di circa 265 milioni di euro in favore dell’Itavia.
Le reazioni – La questione dei risarcimenti, come le risultanze della sentenza, riguarda oltre agli eredi di Davanzali, i parenti delle vittime. Ma anche le istituzioni che, con la presentazione di un ddl firmato da 36 parlamentari del Pd, subito dopo la sentenza, hanno chiesto l’istituzione di una commissione d’inchiesta sulla strage di Ustica. Soddisfatta Luisa, figlia di Aldo, patron dell’Itavia, che parla di “sentenza coraggiosa, doverosa, dopo anni di depistaggi e omertà”, mentre la presidente dell’Associazione parenti delle vittime della strage di Ustica, Daria Bonfietti, ha dichiarato: «È un problema politico del governo che non deve solo pagare i risarcimenti, ma chiedere conto del perché sono state depistate le indagini», rinnovando, a nome delle vittime, l’appello a perseguire fino in fondo la verità.