L’Uruguay combatte povertà e narcos legalizzando la marijuana
di Azzurra Petrungaro
L’Uruguay sarà il primo stato al mondo a divenire produttore e distributore di Cannabis. La legge che ne regolamenta le procedure, dopo aver superato lo step della Camera è ora al vaglio del Senato e se ne attende l’approvazione entro e non oltre il mese di novembre.
In questi giorni intanto è stato fissato il prezzo al grammo delle droghe leggere di stato, che si aggirerà attorno ad un dollaro. L’obiettivo è chiaro: legalizzare il commercio di marijuana statalizzandolo, per fronteggiare e indebolire lo strapotere dei narcos.
La produzione dei derivati della canapa indiana diverrà monopolio di Stato, mentre i privati si occuperanno della distribuzione, sempre sotto un rigido controllo statale. Si creerà un registro, dove saranno elencati i nomi dei consumatori, ai quali ne verrà fornito un quantitativo mensile di 30 g, (è inoltre prevista la possibilità per il cittadino di produrne autonomamente non più di 480 g). I proventi verranno investiti in attività di sostegno sociale e ricerca medica,
Un progetto ambizioso, storicamente bollato come utopico, ma tuttavia tentato da altri. L’Uruguay sembra sempre più intenzionato a portarlo a termine, lo stesso Uruguay che ha depenalizzato l’aborto, approvato le nozze gay e legiferato in materia di espiantazione degli organi. L’Uruguay di “Pepe” Mujica.
“Pepe” Mujica. Al secolo Josè Alberto Mujica Cordano, è il Presidente uruguaiano in carica dal 1 marzo 2010 e nelle sue vene scorre un misto di sangue basco e genovese. Si sta battendo per liberare il suo paese dalle piaghe della povertà e della penuria di lavoro.
L’esecutivo del Fronte Amplio ha conseguito risultati degni di nota in questi anni, portando il tasso di disoccupazione al 6,3% con oltre la metà della popolazione (che conta circa tre milioni e duecentomila abitanti) in possesso di un impiego.
Si assiste a un aumento costante del commercio uruguaiano verso l’estero e l’indicatore di povertà alla fine del 2011 si attestava al 14 % contro il 31,9 % di sette anni prima.
“Il miglior Presidente del mondo”. Così è stato definito dalla stampa inglese. Sarà che vive con milleduecentocinquanta dollari al mese in una piccola fattoria nei sobborghi di Montevideo, quando il suo stipendio ne conta ben dodicimila. Sarà che il restante 90% lo devolve a favore di attività sociali. Sarà per il suo passato da guerrigliero.
Da tupamaro a Presidente. Un attivista del MLN (Movimiento de Liberación Nacional), l’organizzazione di estrema sinistra attiva in Uruguay tra gli anni sessanta e settanta, questo era “Pepe” Mujica. I Tupamaros coniarono il loro nome in onore del celebre e ultimo re Inca Tupac Amaru II, si battevano per l’imparziale ridistribuzione della ricchezza e con attività spesso fuorilegge tentavano di ristabilire l’equilibrio economico, al grido di “O bailan todos, o baila nadie”.
Mujica militava nel movimento e nel periodo della dittatura uruguaiana, sconta ben tredici anni di prigionia (1972-1985) per la sua adesione al Movimiento de Liberación. Il fermo principio di uguaglianza è il tratto caratteristico che distingue l’operato di Mujica. Conoscendo il suo passato, si possono comprendere le scelte e gli orientamenti del suo cammino politico.
Nonostante il plauso e il sostegno dell’opinione pubblica mondiale, la figura di Mujica non raccoglie in patria la stessa unanimità di consensi. La sua attività riformatrice è stata accolta con chiaro indispettimento da parte della chiesa. In più l’Onu più si mostra decisamente critica verso il nuovo progetto legislativo in materia di droghe leggere, che contravverrebbe agli accordi contro il narcotraffico stipulati tra i vari Paesi membri. Ma non sono solo le alte sfere a non approvare a pieno il leader tupamaro. Basti pensare che più del 60% degli uruguaiani ha espresso il suo dissenso in materia di statalizzazione del commercio di Cannabis. Il suo successo e il suo apprezzamento provengono in gran parte lontano dai confini nazionali.
“Pepe” Mujica nonostante i suoi 78 anni appare come un Presidente sognatore, ma mai inconcludente. Il suo percorso governativo appare ispirato da nobili ideali, che aiutano a plasmare una politica più umana. Basta ascoltare le sue parole pronunciate alle Nazioni Unite nel giugno del 2012, in occasione di “Rio+20”. In dieci minuti di discorso appassionato, Mujica rivendica convintamente il diritto dell’uomo al perseguimento della felicità, che non può essere in alcun modo ostacolato dal progresso e lancia un accorato appello a porre un fine al cieco consumismo che illude i sogni del singolo e brucia l’esistenza riducendola a una congerie di desideri mai appagati.