Libri – Confessioni di un trafficante di uomini, i Caronte del Mediterraneo
di Arianna Catti De Gasperi
Immaginate di dover aspettare un treno e di entrare per caso in una libreria per cercare qualcosa che inganni il tempo dell’attesa, ecco, sicuramente Confessioni di un trafficante di uomini è un libro che non solo vi farà passare il tempo che dovrete aspettare più in fretta, ma stimolerà anche la vostra curiosità e vi darà nozioni di un mondo “invisibile” che ci circonda.
Questo volume, uscito solo nel gennaio 2014, è scritto da due autorità in materia di immigrazione: Andrea Di Nicola, che insegna Criminologia all’Università di Trento e da anni conduce ricerche sulle migrazioni clandestine organizzate e sulla tratta di persone a scopo di sfruttamento, e Giampaolo Musumeci, giornalista, fotografo e videoreporter, che si occupa di conflitti, immigrazione e questioni africane per radio, tv e giornali italiani e internazionali.
Per scrivere questo libro c’è voluto tutto il coraggio di due uomini che hanno dovuto indagare in un mondo difficile, alla ricerca di testimonianze circa tutto il lavoro che c’è dietro all’immigrazione clandestina.
Gli autori stessi ci dicono che “Dietro alle decine di migliaia di migranti che ogni anno arrivano in Europa c’è un’industria fatta di grandi professionisti del crimine, gente in doppiopetto, uomini d’affari il cui fatturato mondiale è secondo solo a quello della droga.”
L’aspetto interessante di questo “reportage” è che chi parla in prima persona sono proprio gli uomini che controllano il traffico dei migranti. La voce degli autori è una voce fuori campo che ogni tanto può dare consigli o spiegazioni, ma il lettore si immerge direttamente nella storie – sempre interessanti e accuratamente scelte fra molte – di chi ha vissuto o continua a viverle in prima persona.
L’immigrazione è trattata sotto tutti i suoi aspetti, anche se principalmente si parla di immigrazioni verso l’Europa, piuttosto che America (tranne che per qualche accenno ai costi). Le vie dell’immigrazione clandestina trattate qui sono infatti quelle dall’Europa dell’Est fino ai paesi che si affacciano sul Mediterraneo.
“Marina di Turgutreis, distretto di Bodrum, Turchia meridionale. Sono le 9:30 del mattino di un giorno di maggio del 2010, siamo nella sede di una società di gestione e affitto natanti a vela e a motore… un uomo sulla quarantina, il viso abbronzato e un po’ segnato, le braccia forti e la stretta di mano vigorosa, si presenta in agenzia per concludere il contratto.
È uno skipper. Si chiama Giorgi Dvali, di nazionalità georgiana. Organizza crociere nel Mediterraneo… riferisce all’impiegata che i suoi prossimi clienti sono una famiglia di americani di Seattle, in crociera nel Mediterraneo. Dvali paga in contanti quanto dovuto per l’affitto e l’assicurazione […] sei giorni dopo la barca è a largo di Porto Selvaggio in provincia di Lecce.
Il guardacoste della finanza affianca lo scafo per un controllo ordinario… sottocoperta non c’è la famiglia appassionata di vela, ma una quarantina di uomini afghani dai sedici ai trentadue anni”.
Questo è l’inizio ed una delle tante testimonianze presenti in Confessioni di un trafficante di uomini (ed. Chiare Lettere).
Dal loro racconto emerge la rilevanza del traffico di esseri umani intorno al mondo e la consapevolezza dell’impossibilità di arrestare questo fenomeno: se la rotta di Lampedusa viene chiusa, perché ci sono più pattugliamenti, allora immediatamente questa grossa rete, individuerà un’altra rotta, quella turca terreste, il fiume Ebros – con il rischio però di essere sparati a vista dai poliziotti turchi. Quel confine lì si chiude? Ebbene, i “tour operator” penseranno a un’altra rotta, che è quella che passa dalle montagne della Bulgaria.
Che cosa succede però? Che la rotta è più lunga, ci sono da fare molti più chilometri a piedi, la rotta diventa più rischiosa e più costosa.
Da qui il paradosso per cui più l’Europa si chiude, più Frontex pattuglia e più il Muammer Küçük (trafficante) della situazione vedrà il suo fatturato ingigantirsi, perché i migranti devono spendere più soldi.
In questo libro scopriamo un po’ tutti gli aspetti di questa “Agenzia di viaggi” – come la chiamano i due autori.
Come funziona la mafia dei trafficanti di uomini? Chi sono e perché hanno iniziato a trafficare? Come si organizzano, quali rotte scelgono e perché? Come trovano i migranti da trasportare e quanto li fanno pagare?
Tra i vari testimoni c’è anche Kabir, faccia pulita e sorriso aperto, è ben vestito, ha scarpe eleganti e una giacca alla moda con gilet trapuntato. Pare un agente di viaggi. Dal suo aspetto non penseresti mai a un trafficante di uomini. Kabir, pachistano cinquantenne, preferisce definirsi “mediatore”: “Tutti vogliono venire in Italia. Io aiuto le persone . Realizzo sogni”. Per fare questo sfrutta anche le falle nella legge italiana: fa arrivare pakistani, Pashtun per l’esattezza, da villaggi tra Pakistan e l’Afghanistan, e li fa arrivare con permessi di soggiorno regolari, stagionali, questa è una vulnerabilità, perché sono nominativi, si mette d’accordo con imprenditori italiani, agricoli o turistici e a quel punto chiama nominativamente i propri connazionali, fa pagare dai 5 agli 8 mila euro, queste persone arrivano qui non da Lampedusa, non con i barconi, ma con l’aereo, e una volta che arrivano lui dice loro: “Stracciatevi le vesti, andate nel centro più vicino e dite di essere afgani e chiedete asilo politico, tanto nessuno se ne accorgerà, perché voi sapete parlare Pashtun”.
Quanto si paga per la tratta più cara? Per quella dalla Cina agli Usa, il biglietto costa dai 40 ai 70mila dollari, un guadagno con cui forse solo il traffico di cocaina può competere. È un business popolato da tanti piccoli delinquenti, che spesso non si conoscono nemmeno fra loro, dietro ai quali si celano grandi mercanti di clandestini, gente in doppiopetto dalle immense fortune. Sono gli “smugglers”, i trafficanti d’uomini, i “mercanti di carne umana”.
Una star del mercato è senza dubbio il turco Muammer Küçük. Per anni è stato il boss indiscusso degli sbarchi illegali nel Mediterraneo. La sua specialità: nascondere i migranti nella pancia delle barche a vela.
Ma come testimonia l’egiziano El Doudy, risalire tutti i nodi della rete è impossibile. Le tratte sono spesso in subappalto, così i grossi trafficanti non si sporcano le mani. “Mi chiamano El Douly, l’internazionale, perché sono uno che ha viaggiato molto”. El Douly opera in una delle zone più calde per l’immigrazione irregolare. Gestisce una rete egiziana, che collabora con una grande rete libica specializzata nel muovere i migranti verso la Sicilia. “Ora sono cresciuto nel mio business ed è la gente a cercarmi nei piccoli villaggi dell’Egitto i giovani hanno bisogno di me. Qui non c’è un vero capo, un regista. Siamo in tanti, ci conosciamo e ci fidiamo l’uno dell’altro. Ognuno fa un pezzo del lavoro. È una rete, una collaborazione. A volte la fiducia passa dai legami tra clan, che in alcune regioni del mondo sono molto forti. Insomma, se cercate un solo capo, significa che non avete ancora capito nulla di questo business”.
Quindi a chi non ha capito nulla, come ci dice l’egiziano, ma vuole apprendere qualcosa di più per cercare di fermare questa grande Agenzia di viaggi clandestina, consiglio vivamente di raggiungere la libreria più vicina è comprare Confessioni di un trafficante di uomini.