Addio a Mr B. Ora l’Italia si avvia ad un nuovo inizio

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di Vincenza Nacucchi

Quella che ci siamo appena lasciati alle spalle è stata una settimana fremente e caotica per la politica di casa nostra. Abbiamo visto lottare fino all’ultimo Silvio Berlusconi, alla continua ricerca di sostenitori e traditori. Concluso l’iter parlamentare di esame e di approvazione della legge di stabilità e del bilancio di previsione dello Stato, Berlusconi ha rassegnato le dimissioni dalla carica di Presidente del Consiglio sabato scorso intorno alle 21.

Ieri, in un videomessaggio alla Nazione, ha spiegato la scelta delle sue dimissioni e le ragioni del sì condizionato del suo partito ad un governo tecnico capeggiato da Mario Monti.

Senso di responsabilità e senso dello Stato. Queste le motivazioni alla base della sua resa finale, per preservare l’Italia da un attacco finanziario. Il suo è stato un gesto “responsabile e generoso”, sostiene pacato, e prova tristezza per chi lo ha accolto con fischi e insulti.

La risposta ai contestatori arriva pronta: anche se non sarà più a capo del Governo, Berlusconi si vedrà impegnato in prima linea in Parlamento e nelle Istituzioni e raddoppierà il suo impegno per rinnovare l’Italia, senza attendersi in cambio dei riconoscimenti.Il suo discorso si conclude con una dichiarazione d’amore per l’Italia, inneggiando alla patria e alla libertà del nostro Paese.

Quel che c’è di vero nel suo rendiconto finale è che, dal 1994 ad oggi, con i suoi quattro mandati ha segnato profondamente la storia politica dell’Italia. Protagonista indiscusso della scena politica degli ultimi vent’anni, vanta il primato di essere stato a capo dei due Governi, rispettivamente il secondo e l’ultimo, più longevi della nostra storia.

È difficile fare un ritratto di Berlusconi come leader politico, separare l’uomo politico dall’imprenditore, la sua figura istituzionale dagli affari economici privati. Abbiamo assistito negli anni all’approvazione di leggi da parte del Parlamento fatte ad personam (se non ad aziendam) e alle relazioni internazionali con gli “amici” Putin e Gheddafi.

Ma anche il personaggio Berlusconi ha quel non so che di imprecisabile, quel carisma tutto personale che difficilmente potrà farci vedere un altro leader in futuro. Lo ricorderemo come l’emblema del conflitto d’interessi, per il suo accanimento contro le toghe rosse, per i consigli utili alle giovani donne italiane: “una ragazza con il suo sorriso dovrebbe sposare uno come mio figlio”, per tutte le barzellette e le gaffe internazionali, dal Barack abbronzato alla Merkel.

Ma anche Berlusconi operaio e Berlusconi cantante insieme ad Apicella. E poi, a corredo del personaggio, bisogna menzionare tutta la corte: dall’harem delle papi girls, passando per i fedelissimi fino a Lavitola e Tarantini.

Berlusconi è stato fondatore di una nuova corrente che si può definire più come un fenomeno di costume tipicamente italiano che come una corrente di pensiero politico. Ora dobbiamo fare i conti con il nostro passato e guardare al futuro, tenendo comunque presente che questa resa finale e la sua uscita di scena non rappresentano la fine del berlusconismo.

 Le scene di giubilo che si sono viste sabato sera davanti a Montecitorio sono indubbiamente segno di un desiderio di cambiamento di cui l’Italia non solo ha bisogno, ma che addirittura chiede a gran voce da almeno un anno. Pensiamo alle manifestazioni dei mesi scorsi: a cominciare dal “No b day” del dicembre 2009 per passare poi alle donne in piazza con lo slogan “se non ora quando” a febbraio 2011, continuando con i precari e il loro “il nostro tempo è adesso, la vita non aspetta” lo scorso aprile, fino agli indignados di ottobre. Di certo gli italiani in questi 17 anni non hanno dimostrato grande comprensione dei fenomeni politici, ma la fine di Berlusconi come uomo politico è indubbiamente il punto da cui si può e si deve ripartire per risollevare il Paese.

Fonte foto: Europeanpeoplesparty on Flickr

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