Sangue infetto. Il risarcimento e la procedura transattiva: retrogusto di una beffa
di Lucia Varasano
Più che leggi e decreti, per risolvere i contenziosi e risarcire le vittime del contagio, i vari provvedimenti adottati finora dal governo italiano hanno il retrogusto amaro di una beffa. Rendersi conto di ciò non è difficile ma complesso in quanto manca finanche un testo unico di riferimento. Chi si districa tra i dati si scontra inevitabilmente con una miriade di ricorsi ai Tribunali civili sparsi in tutta la Nazione, alla Corte Europea dei diritti dell’uomo, alla Corte di Cassazione e spesso i giudizi sono contrastanti. In tutto ciò la lentezza della macchina giudiziaria non aiuta, lo Stato sembra proseguire per la sua strada e i vari risarcimenti ottenuti finora dai tribunali locali sembrano vittorie di Pirro.
Per chiudere i contenziosi con 7mila contagiati da sangue ed emoderivati infetti nel 2007 era stata pensata una sorta di procedura velocizzata ma dopo 7 anni siamo ancora ad un punto fermo. Cosa è accaduto? Proviamo a fare una ricostruzione.
Sotto la spinta delle associazioni, sette anni fa, il Ministero della Salute decise di aprire un tavolo di trattative a cui parteciparono i rappresentanti legali dei danneggiati, dirigenti, ministro e viceministro della Salute. Con grande plauso per la riuscita dell’ accordo, l’erogazione dei risarcimenti diventò possibile grazie a due leggi, la 222 e la 224 (decreti collegati alla Finanziaria del 2008) con il quale venivano stanziati 180 milioni all’anno a decorrere dal 2008. Il successivo DM 132/2009 stabiliva il 2010 come termine per l’adesione allaprocedura transattiva e si avvaleva di un’apposita piattaforma telematica, RIDAB.
Riepilogando, il dato definitivo delle domande consta di 6935 istanze pervenute. Direte quindi “finalmente tutto risolto, i soldi ci sono, i decreti anche” e invece no. Il testo del decreto di Monti del 2012, già di difficile interpretazione, si muoveva su tutt’altro piano. La transazione che- così come stabilita nella Finanziaria del 2008- dovrebbe essere una replica di quelle del 2003/2004 e del 2005/2006 “in analogia e coerenza” cozza con l’odiato articolo 5 contenuto nel decreto partorito dal governo tecnico.
Il succitato articolo prevede la rigida applicazione del principio di prescrizione dell’azione di danno nei confronti del Ministero della Salute (per omessa vigilanza sulla tracciabilità del sangue) se la richiesta non è stata fatta entro 5 anni dal riconoscimento del danno biologico. Cosa significa? In soldoni che lo Stato non è tenuto a risarcire chi si è accorto in ritardo del contagio e la legge arriva ad apporre date e termini quando invece l’epidemia per sua stessa definizione esce fuori da qualsiasi connotazione spazio-temporale. Secondo alcuni legali la prescrizione però è un falso problema perché non riguarda le vittime di un reato di epidemia colposa mentre lo Stato parla di “lesioni”.
Lo stesso articolo oltre ad escludere la maggior parte dei 7mila contagiati prima del 1978 ridimensionava drasticamente le cifre per gli infettati occasionali definendo i moduli transattivi con nuovi criteri che secondo FedEmo (la Federazione delle Associazioni Emofilici Onlus) sarebbero in contrasto con la giurisprudenza della Corte di Cassazione.
Immediata quindi la replica delle Associazioni delle vittime del sangue infetto e legali di riferimento che ne chiesero un riesame. Il ricorso è al vaglio del Consiglio di Stato mentre altri ricorsi collettivi al TAR sono tuttora pendenti.
Intanto che fine ha fatto la procedura transattiva? Sempre dal 2012 -stando a quello che dichiara il Ministero– l’operazione finalizzata alla stipula delle transazioni previste dalle leggi è in via di conclusione. Le vittime continuano a ricevere rassicurazioni e promesse, l’ultima quella del sottosegretario alla Salute Paolo Fadda e del Ministro della Salute Beatrice Lorenzin. Riconfermata dal governo Renzi il ministro ha tutto il tempo per ottemperare ai suoi impegni sperando che finalmente questa triste pagina di storia italiana possa chiudersi definitivamente.