Il venerdì nero di Wind. Tutta colpa della tempesta solare
di Emiliana De Santis
È stato un venerdì 13 da brivido per la compagnia telefonica che ha visto azzerarsi, nel giro di qualche ora, tutti i collegamenti alla rete mobile, fissa e connessione dati. Una giornata di vero inferno con danni per quasi un miliardo di euro, reclama Codacons, che vorrebbe già farsi promotrice di una class action contro Wind-Infostrada se questa non rimborserà i suoi oltre 22 milioni di clienti sparsi in territorio nazionale.
Il panico è iniziato verso le 11, e si è diffuso a macchia di leopardo per poi interessare, verso mezzogiorno, praticamente tutta l’Italia. I vertici della compagnia telefonica, contattati da Adnkronos e LaPresse, non hanno saputo dare una chiara spiegazione, cercando dapprima di minimizzare e infine ammettendo una “anomalia eccezionale”. È partita così la raffica infinita delle lamentele, cui Twitter ha fatto da sfondo con l’hashtag #WindDown: un susseguirsi di ironia, imprecazioni e dubbi che poco margine ha lasciato alle scuse dei vertici aziendali. Dopo il Codacons infatti, anche Lorenza Bonaccorsi, componente della commissione Telecomunicazioni, ha rivendicato maggiore chiarezza: “L’Agcom e l’Antitrust chiedano spiegazioni a Wind per il pesante blackout che ha colpito la rete internet e della telefonia fissa e mobile», quindi ha aggiunto: “Gli utenti sono stati lasciati sostanzialmente abbandonati per ore. Lavoratori, professionisti, imprenditori, famiglie: sono rimasti tutti al buio. È opportuno che le autorità di vigilanza verifichino cosa è successo e a chi vanno attribuite le responsabilità”. Ha rincarato la dose il Presidente del Codacons, Carlo Rienzi: “Chi lavora con la mail ha subito ripercussioni non indifferenti. L’azienda deve subito predisporre indennizzi automatici in favore di tutti i propri clienti e per chi ha un account di posta elettronica con Libero, ferma restando la possibilità, per chi ha subito danni maggiori, di rivalersi in tribunale. Se non verranno accolte le nostre richieste, sarà inevitabile un’azione collettiva contro Wind-Infostrada alla quale potranno aderire tutti gli abbonati”
Ma il blocco della rete potrebbe non essere tutto imputabile a Wind. È infatti da qualche giorno che anche altri operatori di rete internet e telefonia – Telecom, Fastweb, Tre – lamentano disservizi che loro stessi non riescono a gestire. Pare si tratti di una tempesta solare la cui onda d’urto ha raggiunto la Terra proprio nella giornata di venerdì. Come nel migliore degli scenari apocalittici, l’attività solare si è improvvisamente risvegliata e sulla nostra stella si sono verificati tre brillamenti di classe X in meno di 24 ore, vale a dire giganteschi crepacci della fotosfera da cui fuoriescono dei campi magnetici provenienti dalle profondità del mantello. Questi campi magnetici eiettano fasci di particelle elettricamente cariche, oltre che potenti getti radiativi provocando delle fortissime onde d’urto che hanno in parte colpito la terra mettendo fuori uso alcuni satelliti di telefonia mobile e i sistemi di comunicazioni GPS. Il risultato è stato il verificarsi di brevi ma estesi blackout che hanno mandato in tilt le comunicazioni. La protezione offerta dal campo magnetico terrestre, infatti, assorbe la maggior parte delle particelle nocive per la nostra salute e fa si che i brillamenti risultino spesso innocui. Tuttavia, specie quelli di classe X, come quelli avvenuti la scorsa settimana, possono causare un grave malfunzionamento dei satelliti e disturbare lo strato di atmosfera attraverso il quale passano le comunicazioni, determinando delle interruzioni.
Wind dovrà quindi chiarire l’accaduto e provvedere quanto prima a indennizzare tutti i suoi clienti che sono rimasti in alcuni casi completamente isolati. Ma le colpe potrebbero non esserle tutte imputabili e soprattutto non nella dura maniera in cui si è espresso il Codacons. Al di là della situazioni di vita o di morte, di accidente fortuito e delle chiamate di lavoro perse, qualche ora di disconnessione non ha arrecato gli ingenti danni così sbandierati, almeno non a tutti gli utenti. Facebook e Gmail, ogni tanto, possono anche aspettare.