UNHCR “Mai così tanti rifugiati dalla II Guerra Mondiale”
Sono apocalittici i numeri presentati dall’Alto Commissariato delle Nazioni Unite (UNHCR) durante la Giornata mondiale del Rifugiato. Si parla di 51 milioni di persone, il cui incremento è dovuto soprattutto al conflitto siriano e alle guerre civili che stanno dilaniando l’Africa, dal Sud Sudan alla Repubblica Centroafricana.
Sono rifugiati, richiedenti asilo e sfollati interni, in gran parte anziani, donne e bambini che fuggono dalla guerra, dalle persecuzioni, dagli stupri e dai massacri. Peggiorata notevolmente soprattutto la situazione dei minori, denunciata dal Fondo ONU per l’Infanzia (UNICEF) e da Medici Senza Frontiere che hanno lanciato l’allarme dal Libano. Annamaria Laurini, rappresentate UNICEF nel paese, ha dichiarato: “Si tratta di un’emergenza che peggiora di mese in mese [..] è come se in Italia fossero arrivati 15 milioni di immigrati. Fra pochi mesi rischia di scoppiare la guerra per l’acqua”. Secondo stime ufficiali sono 400mila ma in realtà sembrano sfiorare ben 600mila unità i bambini arrivati in Libano dalla Siria. Tra questi solo 100mila hanno accesso alla scuola, in un paese dove la formazione è a maggioranza privata e scarseggiano le più elementari strutture. Troppi sono invece quelli impiegati come manodopera a basso costo nei bar, nelle cucine e nelle fabbriche che sfruttano l’ormai bassissimo costo del lavoro. La poliomelite dilaga nelle tendopoli, costruite in maniera disordinata come grandi baraccopoli a ridosso dei centri urbani poiché solo in pochi possono permettersi un alloggio in città e il Libano non autorizza lo stabilimento di campi attrezzati – ben conscio ed afflitto dall’onda d’urto palestinese.
E proprio in Palestina si vive una situazione tesa in queste ore, a causa del rapimento da parte di Hamas di sei soldati israeliani, che lo Tzahal sta cercando con massicce azioni di guerriglia su tutto il territorio. L’ennesimo passo indietro dopo la riconciliazione tra Hamas e l’Autorità Nazionale Palestinese rappresentata da Abu Mazen e tra questi e il governo di Tel Aviv. Ben presto, considerate le limitate piogge invernali, nella regione comincerà a scarseggiare l’acqua, problema già molto pressante e fonte di aspri conflitti geopolitici (Palestina, Sud Sudan, Darfur), che rischia di aggravare le già pessime condizioni socio-sanitarie. Il dramma siriano e la recente recrudescenza sciita in Iraq, altro paese molto tormentato, stanno generando una pressione umana che si riversa tutta sui labili confini e che mette in bilico i rilevanti processi di riappacificazione che pure erano cominciati negli scorsi mesi con il tentativo di stabilizzazione dell’Egitto e i colloqui tra il Presidente Obama e l’Ayatollah Al-Sistani.
L’Africa sub-sahariana ospita invece oltre un quinto di tutti i rifugiati, provenienti in gran parte da Somalia, Repubblica Democratica del Congo e Sudan. In Sud Sudan sono oltre 120mila le persone senza assistenza umanitaria, fuggite attraverso la boscaglia della Contea di Pibor per salvarsi la vita, senza identità né prospettive, oggetto del contendere tra l’esercito del neonato Stato, lo SPLA (Sudan People’s Liberation Army) e i miliziani di David YauYau. Non va meglio in Somalia ed Eritrea, economie in ginocchio, dove alimentari e benzina sono spesso introvabili se non sul mercato nero, monopolizzato dai militari. A Mogadiscio non c’è un vero governo dal 1991, mentre il resto del territorio è frammentato da spinte autonomistiche e da rovinosi interventi stranieri che nulla sembrano potere contro le milizie di Al Shabaab, estremisti islamici legati ad Al Qaeda. Nella Repubblica Democratica del Congo le agenzie umanitarie stimano in 300mila gli sfollati. Dopo gli scontri nel Nord Kivu si sono registrate importanti ondate di profughi, riversatesi in gran parte in Ruanda, appena uscito da venti anni di dilanianti lotte tra clan. A meno di mille chilometri il genocidio si ripete identico nella Repubblica Centrafricana (Rca) dove dalle lotte tra milizie si è scivolati ai massacri interconfessionali. La Rca nell’ultimo anno è collassata e la guerra si è radicata nella popolazione, opponendo la maggioranza cristiana alla minoranza musulmana che sta massicciamente lasciando il Paese per sfuggire alle atrocità delle milizie anti-Balaka (anti-machete). Un «disastro umanitario» secondo le Ong.
Il commissario ONU per i rifugiati, Antonio Guterres, parla di un: “massiccio incremento [dei profughi], un enorme numero di persone bisognose di aiuto, con implicazioni che si ripercuotono sia sull’entità degli aiuti internazionali dei Paesi donatori, che sulle possibilità di assorbimento e accoglienza dei paesi più prossimi alle aree di crisi”. Si discute molto di affiancare ai donatori di lungo corso quelli non tradizionali ma in rapida ascesa economica, per poter tutti contribuire a tamponare l’emergenza. Tuttavia, come lo stesso Guterres ha affermato: “Siamo testimoni dei costi immensi che derivano da guerre interminabili, dal fatto di non riuscire a risolvere o prevenire i conflitti. La pace è oggi pericolosamente difficile da raggiungere. Il personale umanitario può costituire un palliativo ma le soluzioni politiche sono di vitale importanza”.