“Chaplin compositore” in mostra a Roma

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“L’arte è intuizione lirica pura”. L’efficace sintesi del concetto di arte espresso da Benedetto Croce in queste parole è assolutamente conforme all’opera di Charlie Chaplin che è stato  regista, attore, comico, sceneggiatore, produttore, compositore britannico e tra i più influenti cineasti del XX secolo.

In occasione dei 100 anni dal debutto del personaggio Charlot, il Progetto Sonora, nell’ambito della Rassegna internazionale “Sonora una musica per il cinema”, ha reso omaggio con una mostra esclusiva a Charlie Chaplin. La mostra, allestita nella casa dell’Architettura di Roma, è stata inaugurata lunedì 20 ottobre da Alfonso Giancotti, presidente del Comitato Tecnico Scientifico della Casa dell’Architettura e da Giuseppe Papasso regista, produttore e curatore della mostra. “Tra i partner di questa iniziativa ci sono  l’Association Chaplin di Parigi, la Cineteca di Bologna, l’Archivio Barret di New York, Inoltre abbiamo selezionato il materiale in modo tale da permettere a più gente possibile di poter fruire di tanta bellezza”, ha affermato Papasso.

La mostra dal titolo “Chaplin compositore” ha voluto esaltare proprio quest’aspetto dell’artista articolando il percorso espositivo in diverse sezioni: spartiti, dischi, rare incisioni a 78 giri e giornali d’epoca riordinate grazie all’Accademia Italiana Grandi Eventi. Il tutto impreziosito da alcuni spezzoni tratti dai suoi film che hanno fatto la storia del cinema internazionale: da “Il monello” a “Le luci della città”, da “Il grande dittatore” a “Luci della ribalta” (che gli conferì il premio Nobel per la migliore colonna sonora nel 1972) per arrivare a Charlot, il personaggio attorno al quale Chaplin costruì gran parte delle sue sceneggiature e che gli conferì una fama internazionale.

Pochi ma efficaci gli elementi attorno ai quali ruota la mostra romana: il non detto, il riso, la musica. Non ci sono parole che raccontano i dialoghi -Chaplin fu tra le personalità più creative e influenti del cinema muto- solo espressioni del corpo, a volte intrise di una pungente ironia a volte di malinconico disincanto, ma capaci di lasciare un sottile tormento di qualcosa che l’uomo non ha pienamente compreso. Il riso svanisce in un attimo per lasciare spazio alla riflessione, all’oscura realtà di un uomo che non riconosce più se stesso ed è costretto a vivere ai margini della società come un reietto. Ed ecco che la risposta artistica di Chaplin si esprime in tutta la sua satira, che è insieme ilarità e rabbia accostabile, se volessimo effettuare un paragone non troppo forzato, all’umorismo pirandelliano. Il tutto accompagnato dalla musica composta dalla stesso Chaplin. Come se la musica fosse l’unica lingua capace di descrivere le immagini, di conferirle dignità. Linguaggio che paradossalmente non conosceva: Chaplin eredita la sua passione per la musica dai genitori incominciando a suonare il violino e il pianoforte da bambino sviluppando un utilizzo della musica molto creativo quando ha iniziato a fare film. Mentre componeva la musica sul piano, faceva scrivere a qualcun altro le note fino al raggiungimento di quello che per lui era la nota e la scena perfetta. Poiché sosteneva lo stesso Charlie Chaplin: “La mente diventa una specie di osservatorio sempre all’erta per cogliere gli incidenti capaci di stimolare l’immaginazione: la musica può dare un volto all’idea”.

L’evento, che è stato promosso dall’Accademia Italiana Grandi Eventi in collaborazione con la Casa dell’Architettura di Roma, Art Doc Festival e il Festival Internazionale del Film di Roma, si è concluso venerdì con il concerto “Il suono dell’immagine” diretto da Paolo Vivaldi.

(Anna Piscopo)

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