A Dublino il Web Summit 2014: superare la crisi con l’innovazione
Dublino, Irlanda – Basta parlare di crisi! E basta nascondersi dietro la paura! È tempo di reagire. Come? Si inizia prendendo un aereo per il Web Summit 2014 (http://websummit.net/) Non solo innovazione, tecnologia e macchine. Ma anche musica, libri cinema e sport. E poi anche il palato vuole la sua parte. Quindi, spazio al cibo. Mix esplosivo. Elettrizzante. Affascinante. Progetti. Idee. Voglia di rincominciare. E di crescere. Voglia di speranza. E di futuro. Abbiamo incontrato Ivan Turatti, un giovane freelance romano esperto di social media, appena tornato da questa due giorni, chiedendogli di raccontarcela.
Ivan, cos’è il web summit? E poi, spiegaci: se la regola vuole che per un freelance il tempo è denaro, perché hai deciso di investirne partecipandoci?
Direi che il Web Summit è, forse, oggi come oggi, l’evento più importante a livello europeo inerente l’innovazione e la tecnologia. Una sorta di “evento di filiera”, pensato e progettato proprio per dare linfa nuova a questo ambito. Si tratta di un mix tra conferenza, fiera e “matching” che vuole creare momenti d’incontro tra gli attori che popolano e danno vita al settore. Quindi: gli Startupper, i “Big” della tecnologia, gli investitori privati, i fondi di investimento, gli operatori dei media e così via. Insomma: nuove opportunità, per tutti, tramite relazioni e interazioni, che avvengono nei giorni del Summit. Per quanto mi riguarda, invece, posso dire che, di norma, ahimè, un singolo non va mai ad un evento così. Ed è un vero peccato! Perché, se è vero che il tempo è denaro, credetemi: non ne ho mai speso così bene del mio! Ho potuto toccare con mano lo “stato dell’arte” del web e dell’innovazione tecnologica. Vedere i maggiori trend del momento. Oltre ad intravedere il futuro e ciò che succederà nei prossimi anni. Sono stato lì, sposando un pensiero: fare come Cassandra e desideroso di avere una visione di ciò che avverrà! Credo che ciò sia fondamentale sia per un freelance sia per un imprenditore. Che poi, a ben guardare, un freelance non è altro che l’imprenditore di se stesso e della sua creatività.
Ci sembra di capire che sei partito pieno di aspettative. Quali in particolare? Sono state tutte soddisfatte? E cosa hai “raccolto” che proprio non ti saresti aspetto?
A dire il vero, non sapevo esattamente cosa aspettarmi. Anche perché, di solito, in grandi eventi come questo, è sempre piuttosto difficile ipotizzare, a priori, cosa si troverà e cosa ne uscirà. Comunque sia, sono partito per Dublino pieno di curiosità. Sapevo che sarebbe stato un viaggio importante. E poi partivo carico. Avevo una sicurezza: andavo lì intanto per raccoglie quante più storie potevo, ma anche per raccontarne. Ne ho incontrate tantissime. Ho trovato anche tantissime nuove idee. Ho potuto conoscere startup straniere ed italiane. Anche se molte meno delle scorse edizioni. Ma, come dicevo prima, soprattutto: ho raccolto “pezzettini” di futuro. Una cosa, poi, che mi ha piuttosto sorpreso è stato poter ascoltare, in più di una conferenza, seppure tenute da “tecnici”, argomenti che definirei piuttosto “filo-sociologici”. Così, ho ascoltato parlare di big data e privacy. Del rapporto tra cittadini, istituzioni ed aziende. E il punto nodale era sempre lo stesso: ripristinare la fiducia sociale é indispensabile se vogliamo che tutta questa innovazione porti ad un miglioramento della vita in tutto il pianeta. Insomma, sinceramente: pensavo ad una settimana di discorsi tecnici ed economici, come spesso capita in fiere e conferenze. Invece, qui è venuta fuori una delle caratteristiche più importanti di questa nuova ondata imprenditoriale, ovvero la sua “anima sociale”.
Prima hai accennato come, in questi giorni dublinesi, hai avuto modo di ascoltare relazioni di grandissimi personaggi. Raccontaci un po’. Chi più ti ha stupito? Chi più ti ha deluso? Perché?
Si è vero: in questi giorni al Summit, oltre a tantissimi neo-imprenditori, c’erano anche personaggi che hanno fatto la storia dell’innovazione, aziende e individui che sono oggi all’avanguardia e stanno creando il domani. Così, ho avuto modo di ascoltare John Sculley, ex-CEO Apple, convintissimo che il prossimo Steve Jobs sarà una donna. Tra l’altro sostenendo l’importanza delle donne nel settore dell’innovazione e nel mondo del lavoro in generale. E poi sono rimasto molto colpito dal CEO di OculusVR, una azienda che sta facendo passi da gigante nell’ambito della realtà virtuale. Ma, devo dire la verità: non ho seguito molto le conferenze dei big, tanto le posso rivedere in internet nelle prossime settimane. Ho preferito incontrare “gli sconosciuti”, giovani e meno giovani startupper che, per come la vedo io, sono il vero cuore pulsante di questo Summit. E ne ho trovati alcuni davvero interessanti. Tra questi, due su tutti: Nejeed Kassam, fondatore di Networks for Change (http://www.networksforchange.com/), una piattaforma che permette alle ONG, di gestire molti aspetti della loro vita organizzativa e di collegarsi in modo semplice ad altre ONG per lavorare su progetti e eventi. E John Eric Arterberry fondatore di Pledgerunner (https://pledgerunner.org/ ) che, pensate, fino a qualche anno fa era un senza tetto di San Francisco. Poi grazie ad una associazione che lo ha aiutato, ha imparato a programmare, trovandosi così un lavoro. Ed ora sta lanciando questa startup dedicata alla raccolta fondi online tramite attività sportive. Tra gli italiani, invece, molto interessante è stato incontrare Stefano Provenzano, CEO di “SHINO” (http://www.shinsoftware.it/ ), una startup che vuole rivoluzionare il mondo della progettazione 3D grazie a un software che automatizza il rendering direttamente da un progetto CAD. Insomma, veramente: potrei e vorrei continuare per ore a raccontarvi storie. Ma il punto vero, di tutto questo, qual’è? Sono tutte persone che non hanno avuto paura e, per una idea, hanno deciso di mettere in gioco tutto pur di realizzarla.
Insomma, dalle tue parole, sembra evidente: sei una persona “diversa” rispetto a quella che è partita? Cosa riporti in Italia? Come intendi usarlo e/o convertirlo concretamente? Quale/i il/i prossimo/i passo/i?
Per come la vedo io, un viaggio non è andato bene se al ritorno non sei almeno un po’ “diverso”. Così, se nel mio lavoro, come freelance, aiuto le piccole e medie imprese a definire, raccontare e diffondere la loro storia, torno in Italia con tantissime nuove idee per supportare i miei clienti in questo arduo compito. Ma, soprattutto: porto a casa la voglia, grandissima, di raccontare ciò che ho visto ed ascoltato al Summit a chi non ha avuto l’opportunità d’esserci. Perché, sono convinto: portare un po’ di quell’ispirazione che ho raccolto, nel nostro Paese, può solo che essere d’aiuto a molti nostri imprenditori. Perciò i prossimi step andranno proprio in questa direzione: sto organizzando un evento per raccontare insieme ad alcuni che erano presenti al Summit “cosa è successo nella conferenza più importante d’Europa dedicata all’innovazione”. Si chiamerà “Voci dal #websummit 2014”. E coinvolgerò in videoconferenza anche alcune delle startup straniere che ho avuto modo di conoscere a Dublino. Inoltre, intendo continuare a collaborare con Yucan, una Academy che forma Coach Professionisti e che ha lanciato il primo corso per Start-Up Coach. Questo mese apriremo un “Co-Lab” dove chi vuole fare impresa troverà tutto ciò che gli serve per partire, ad esempio: percorsi di business developement, di sviluppo della comunicazione e business coaching, oltre che spazi (uffici, sale riunioni, ecc…) dove sviluppare il proprio business ed altri servizi. Insomma, da un lato, intendo continuare a raccontare ciò che ho visto al Web Summit, e dall’altro desidero continuare ad aiutare la nascita di nuove storie imprenditoriali. Ritengo che così sto dando il mio piccolissimo contributo alla nascita “dell’Italian Valley”. Mi piace troppo questo nome!
Infine, dopo questa esperienza, cosa vorresti dire alle nostre istituzioni? E all’imprenditoria italiana?L’Irlanda, nell’ultimo ventennio, è diventata famosa per le sue politiche mirate ad attrarre i big della tecnologia e a creare un ambiente socio-economico fertile per le startup e l’innovazione. Dublino, anche se in piena crisi, continua ad essere una città dove si può ancora sognare “il futuro” e dove le istituzioni favoriscono in ogni modo chi ci prova, perché sanno che va tutto a vantaggio della collettività. Così, nel Web summit, non c’erano solo gli attori del settore tecnologico. Gli organizzatori hanno dato vita a tutta una serie di eventi paralleli che hanno attivato il settore agro-alimentare, quello della ristorazione, del turismo, ecc… Insomma, detto in poche parole: “hanno fatto sistema”. Questa è una cosa che all’Italia, a mio modestissimo modo di vedere, nonostante il lavoro dell’attuale governo, manca ancora molto. Perciò, vorrei chiedere alle istituzioni di approfittare dell’expo per creare proprio questa “cultura di sistema”. Il mondo è così grande e pieno di persone che è veramente ridicolo continuare ad andare all’estero “separati” e facendoci concorrenza tra noi. Alle aziende, invece, oltre che sollecitarle ad “innovare” e investire in ricerca e capitale umano, vorrei dire che devono ricominciare a raccontare. E non cose a caso, ma le loro storie. Che sono uniche e appetibili sul mercato. Soprattutto, quello internazionale. In Italia, tranne che per qualche caso di “eccellenza”, abbiamo smesso di narrarci da anni. Ed invece il mondo intero è affascinato dalle nostre storie. Ed è grazie a queste, occorre ricordarlo, che poi decidono di acquistare o meno i nostri prodotti o servizi che dir si voglia. Perciò: raccontate, raccontate, raccontate. Non smettete mai!
(di Eloisa De Felice)