Premi e impressioni dal Torino Film Festival 2014
Si è conclusa il 29 novembre la 32° edizione del Torino Film Festival. I festival del cinema si sa, costituiscono nella maggior parte dei casi un tour de force massacrante che spinge appassionati, cinefili e giornalisti a saltare da una sala all’altra con una media impressionante di cinque, o più film al giorno.
Dopo dodici film per 1.167 minuti totali di visione in tre giorni e mezzo, esprimere opinioni singolari non è sempre facile e trovare un filo conduttore che lega i film è pressoché impossibile, per le diverse tematiche, gli stili e le sezioni di appartenenza.
Tuttavia, sembra che il filo rosso della maggior parte dei titoli in circolazione, sia stato il citazionismo di topoi e stilemi di un cinema precedente. La sensazione che rimane è, però, quella di una ripresa sempre più simile al passato ma altrettanto incompleta; come se, il ricorso a materiali di generi classici e tematiche già viste e riviste non riesca ad andare oltre e creare qualcosa di davvero inedito.
Succede ad esempio nel crime story- dalle tinte nere The Drop di Michael R.Roskam che si muove nella direzione del noir anni quarante e di Drive di Nicholas Refn per le ambientazioni e per la costruzione del personaggio principale (Tom Hardly), in Wild di J.M Vallée che è in debito con i recenti biopic on the road quali Into the Wild e Tracks; in The Homesman, secondo lungometraggio diretto dall’attore Tommy Lee Jones, che scardina da dentro il genere classico del western in un’operazione analoga a quella dei fratelli Coen (Il grinta) e Tarantino (Django).
Brillano invece di luce propria i documentari, uno per tutti il lirico 20,000 Days on Earth, sulla vita di Nick Cave non solo perché si sta parlando di un personaggio già sfrontatamente cinematografico, ma soprattutto per la capacità dei due registi, Ian Forsyth e Jane Pollard, di trasformare in immagine la filosofia musicale e il procedimento creativo dell’artista.
Sul fronte italiano degno di nota è stato Luoghi comuni di Mario Gomes e Marco Ugolini che ritrae nel suo quotidiano il filosofo italiano Paolo Virno, attivista politico durante il periodo delle brigate rosse.
A parte le impressioni e i commenti strettamente personali è giunto il momento di annunciare la lunga lista di premi che sono stati assegnati dalle diverse giurie durante questa 32° edizione.
Il premio per il miglior film in concorso è andato al francese Mange tes morts di Jean-Charles Hue che narra le vicende dei Dorkel, una famiglia nomade di etnia jenisch.
Il Premio Speciale della giuria è andato invece a For Some Inexplicable Reason di Gábor Reisz (Ungheria), e l’italiano N-Capace di Eleonora Danco ha ricevuto la menzione speciale della giuria «perché dimostra di essere una grande promessa per il futuro e perché ci ha colpito emotivamente e intellettualmente con un ritratto, così lirico e penetrante, dell’Italia di oggi».
I premi per la miglior intrepretazione femminile sono stati vinti da Sidse Babett Knudsen, per ruolo di Cynthia in The Duke of Burgundy di Peter Strickland (UK), e da Hadas Yaron, per il ruolo di Meira in Felix & Meira di Maxime Giroux (Canada), il miglior attore è stato Luzer Twersky per Shulem sempre per Felix & Meira.
What We Do in the Shadows, il mockumentary neo zelandese sulle vicende di quattro vampiri che condividono lo stesso appartemento di Jemaine Clement ha vinto il premio per la migliore sceneggiatura e, For Some Inexplicable Reason di Gábor Reisz (Ungheria) viene premiato dal pubblico.
Sul fronte dei documentari, Endless Escape, Eternal Return di Harutyun Khachatryan (Armenia/Olanda/Svizzera) vince il premio per il miglior film internazionale «per la sua sensibilità verso gli elementi più autentici del cinema e il loro uso consapevole e attento».
Il premio speciale della giuria per Internazionale.doc va a Snakeskin di Daniel Hui (Singapore/Portogallo); per la sezione Italiana.Doc, la giuria considera Rada di Alessandro Abba Legnazzi il miglior docu-film, mentre 24 heures sur place di Ila Bêka e Louise Lemoine (Francia/Italia, 2014) si aggiudica il premio speciale della giuria.
Il francese Mercuriales, che ritrae con autentica veridicità lo spaccato di vita di due adolescenti nella periferia desolata francese di Virgil Vernier vince il premio Fipresci i e il premio Cipputi va al documentario sul mondo del lavoro Triangle di Costanza Quatriglio per aver saputo raccontare due drammi accaduti sul posto di lavoro, nel 2011 a Barletta e nel 1911 a NY, con inedite soluzioni di parallelismo e continuità.