Consensi bipartisan per nuova legge sulla prostituzione
Regolamentare la prostituzione volontaria e cambiare la legge Merlin. È questo il punto di partenza della nuova proposta di legge sulla prostituzione, che raccoglie il consenso bipartisan di una settantina di parlamentari. A quasi sessant’anni dall’approvazione della legge sull’abolizione delle case chiuse, il Parlamento torna sul tema, discutendo di un testo che vuole regolamentare la prostituzione come scelta professionale. Nel corso del convegno organizzato l’8 aprile alla Camera dei deputati “Addio Merlin. Prostituzione tra diritto penale e tabù” si è parlato di diritti e doveri delle prostitute e della necessità di affrontare una materia controversa, che oggi da più parti si sente l’esigenza di rendere trasparente per arginare per arginare il mercato dello sfruttamento sessuale e per fare emergere i proventi della prostituzione sul piano fiscale.
Verso una nuova regolamentazione – La proposta di legge riguarda soltanto i “sex workers”, la prostituzione volontaria e non la criminalità delle schiave del sesso, ha precisato la giornalista Annalisa Chirico, moderatrice dell’incontro e autrice del libro “Siamo tutti puttane. Contro la dittatura del politicamente corretto”. La regolamentazione aiuta a sconfiggere lo sfruttamento della prostituzione. Ne sono convinti i due primi firmatari della proposta di legge, Pierpaolo Vargiu, presidente della Commissione Sanità (Scelta Civica) a Montecitorio e Maria Spilabotte, vicepresidente della Commissione Lavoro al Senato (Partito Democratico), che sono intervenuti per ribadire i punti cardini del testo nel quale “si sostiene come tale tipo di attività, in una società libera e democratica, debba essere consentito e regolamentato, sottoposto a norme, anche fiscali, così come lo sono molteplici attività imprenditoriali, commerciali e professionali”, si legge nel disegno di legge n. 1201 calendarizzato al Senato nei giorni scorsi.
Vargiu ha sottolineato gli assi portanti che ispirano la regolamentazione, da quello della libertà e dignità personale di donne e uomini, al tema sanitario, fiscale e della percezione sociale del fenomeno, accennando ai tentativi di regolamentazione dello “zoning” a Roma e all’esempio positivo di Mestre, che attraverso un ordinanza fin dal 2009 ha individuato le aree di “zoning” lontano dal centro abitato. La sperimentazione dello “zoning” a Roma, con l’avvio del “progetto #Michela” nel quartiere dell’Eur, che ora sembra in procinto di partire dopo mesi di stallo e accese polemiche, è stata più volte citata nel corso del convegno. Il monitoraggio di aree in cui consentire la prostituzione, che il presidente del IX Municipio di Roma, Andrea Santoro, sta provando non senza intoppi a realizzare, è una questione di dignità, ma anche un modo per garantire il diritto di cittadinanza poiché un esercizio non regolamentato della prostituzione incide sul decoro dei centri urbani e molti cittadini sono costretti a vedere di continuo prostitute che esercitano il loro mestiere senza poter far nulla. “Ai diritti di previdenza e assistenza sanitaria di chi esercita liberamente questo mestiere devono corrispondere dei doveri, tra cui quello di pagare le tasse”, ha sottolineato la Spilabotte. La ratio del testo di legge, ha aggiunto la parlamentare del Pd, che ha anche dichiarato di essere stata scomunicata per essersi occupata della questione, non è quella di fare cassa, ma di regolamentare un “marasma, abbiamo uno ‘Stato pappone’”.
“Oggi si scambia ancora un reato con un peccato”, ha dichiarato Alberto Cadoppi, docente di diritto penale presso l’Università di Parma e autore del testo “Prostituzione e diritto penale”, a proposito della scomunica comminata alla senatrice. Come a ignorare la lezione di Cesare Beccaria, ha tuonato il giurista. Sotto il profilo giurisprudenziale, Cadoppi ha ricordato che una recentissima sentenza della Cassazione, Sezione Unite, ha stabilito che l’attività di meretricio è del tutto lecita e non sanzionabile dal punto di vista dell’Ordinamento, non solo penale. In vista di una nuova disciplina normativa, Cadoppi ha brevemente spiegato le differenze, sotto il piano giuridico, tra i vari approcci al tema della prostituzione, che confluiscono nelle diverse regolamentazioni adottate dai Paesi europei: l’approccio abolizionista (Italia), proibizionista (Paesi nordici), regolamentarista (Germania, Svizzera, Olanda e Austria), asserendo che il modello abolizionista, di fatto, condanna le attività satelliti a vantaggio dello sfruttamento. Se Cadoppi si è detto in disaccordo sulla riapertura delle case chiuse, ma d’accordo con l’apertura di club erotici, presenti appena al di fuori dei confini nazionali, la senatrice Spilabotte ha dichiarato la sua contrarietà ai club, ma si è detta favorevole ad un’attività di mutuo soccorso tra le donne nell’esercizio della professione, oggi vietata in quanto induzione alla prostituzione.
Le novità del disegno di legge – L’inversione di tendenza, stando alla proposta trasversale dei parlamentari, parte dalla tassazione. Pia Covre, presidente del Comitato per i Diritti Civili delle Prostitute ONLUS, d’accordo con la senatrice sulla necessità dell’introduzione dell’educazione sessuale nelle scuole, ha criticato altri aspetti del testo legislativo, tra i quali proprio la tassazione derivante dalla prostituzione. “Una regolamentazione ci vuole, ma deve essere leggera”, ha dichiarato, mettendo l’accento anche sulla questione della sicurezza: “Viviamo in un sommerso che ci criminalizza, abbandonate nelle periferie e negli appartamenti nascosti”. Non si può prescindere dal coinvolgimento dei “sex workers”, come è accaduto in Nuova Zelanda. É ciò che chiede anche Efe Bal, escort transgender cui il Fisco italiano contesta 700.000 euro di tasse non pagate. “Serve il contributo di chi fa questo lavoro per risolvere il problema”, ha dichiarato, aggiungendo che le prostitute, lei per prima, vogliono pagare le tasse per una questione di equità e di dignità. In t-shirt bianca, bandiera turca in primo piano, Efe Bal, ha ribadito l’urgenza di affrontare la questione della prostituzione in vista dell’Expo, un grande business anche per il mercato del sesso.
I punti cardine del nuovo testo legislativo riguardano le misure per la prevenzione e il reinserimento sociale, risorse economiche carenti soprattutto a livello locale per contrastare lo sfruttamento della prostituzione, come ha evidenziato Fabio Scaltritti, membro della Comunità San Benedetto al porto di Genova. Il testo mira a vietare la prostituzione in luoghi pubblici, fermo restando il divieto di esercizio delle “case di prostituzione”, già previsto dalla legge Merlin, consentendo una deroga solo per forme di autogestione nel rispetto dei diritti fondamentali della persona. Tra gli aspetti più innovativi, l’articolo 5 prevede il rilascio di un’autorizzazione a svolgere la professione della prostituzione attraverso una comunicazione presso le Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura (CCIAA), che rende i soggetti autorizzati “assoggettati al regime fiscale e previdenziale previsto per legge”. Infine, l’uso obbligatorio del profilattico, previsto all’articolo 7, “una questione di principio per la lotta alle malattie sessualmente trasmissibili”, ha sottolineato la senatrice Spilabotte, l’unico strumento davvero efficace sul piano sanitario.
Il percorso intrapreso dal Parlamento è solo agli inizi. Se contenere il fenomeno della prostituzione in strada è diventata una questione non più procrastinabile, sebbene eliminarla del tutto venga considerata un’utopia, la necessità di una legalizzare la professione porterà con molta probabilità ad un lungo e contrastato iter parlamentare. Prevarranno le ragioni del “buon costume”, pur in un’epoca di forti cambiamenti sociali, o quelle del “gettito fiscale”, con indubbi benefici per l’Erario in tempi di crisi economica? Intanto, si vuole provare a riavviare un dibattito politico, che a lungo è rimasto sopito, ma che sul piano culturale e su quello legale, non può essere ancora ignorato.
(di Elena Angiargiu)
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