68° Edizione del Festival di Cannes: una vittoria d’oltralpe
Anche la 68° edizione del festival di Cannes, la Kermesse più importante per tutti gli appassionati del cinema, è giunta al termine. Quest’anno la rassegna ha preso ufficialmente il via con la proiezione di La tete haute, diretto da Emmanuelle Bercot, seconda regista donna nella storia della Croisette ad inaugurare l’evento, e si è conclusa con la proiezione del documentario Ice and the sky del regista premio Oscar Luc Jacquet.
La giuria capitanata da Joel ed Ethan Coen e formata da Sienna Miller, Jake Gyllenhaal, Sophie Marceau, Rossy De Palma, Rokia Traoré, Xavier Dolan e Guillermo Del Toro ha decretato i migliori film in gara. Brutta sorpresa per l’Italia tornata a casa a mani vuote, nonostante fosse forte di tre validi rappresentanti, Paolo Sorrentino con Youth – La giovinezza, Nanni Moretti con Mia Madre e Matteo Garrone con Il racconto dei racconti.
Trionfo invece per il cinema francese, Jacques Audiard ha conquistato la Palma d’oro, con il dramma Dheepan.
Questa volta l’autore di Il profeta (2009) e Un sapore di ruggine e ossa (2012) ha narrato la struggente storia di un ex soldato Tamil, una donna e una bambina in fuga dallo Sri Lanka per raggiungere l’Europa.
Anche i riconoscimenti agli attori hanno avuto un carattere decisamente “d’oltralpe”. Il riconoscimento per la migliore interpretazione maschile è andato all’attore francese Vincent Lindon per La loi du marché di Stéphane Brizé. Ex aequo per il premio alla migliore interpretazione femminile: vincono l’attrice statunitense Rooney Mara per Carol di Todd Haynes e la francese Emmanuelle Bercot per Mon Roi di Maïwenn.
Con la regista, sceneggiatrice e fotografa Agnes Varda anche la Palma d’oro rimane in territorio francese.
Meritevole del proprio premio, Il Gran Prix, è l’esordiente ungherese László Nemes col suo Saul Fi, film in cui mostra, con notevole coraggio e realismo, la terribile situazione in un lager nazista della seconda guerra mondiale.
Premiato anche il cinema asiatico, il film del taiwanese Hou Hsiao-Hsien conquista il premio per la migliore regia.
Il Prix du Jury finisce nelle mani del greco Yorgos Lanthimos e del suo “The Lobster “, surreale apologo ambientato in un futuro fantastico, dove chi è single viene arrestato o trasformato in un animale se non riesce a formare una coppia entro 45 giorni.
“La Tierra y la sombra“, del colombiano Cesar Augusto Acevedo, ha vinto la Camera d’Or, mentre Michel Franco ha vinto il premio per la miglior sceneggiatura per il film “Chronic“.
La Palma d’oro del cortometraggio è andata al film Waves’98 di Ely Dagher. Come nel suo precedente lavoro Beirut, anche in Wave 98, il regista pone la città al centro della scena. Questa volta il protagonista, il giovane Omar, ci porta alla scoperta dei sobborghi della capitale libanese.
Queste le decisioni della giuria, verdetti che hanno creato diverse polemiche. Ma il bello del festival si sa, sta anche nella sua imprevedibilità.
di Ilaria De Maria