Ungheria, un muro per fermare i migranti e il rimprovero dell’Ue
Un muro di 175 chilometri e alto 4 metri che si estende lungo il confine con la Serbia. Peter Szijjarto, Ministro degli Esteri ungherese ha scovato una soluzione avanguardistica per porre fine al flusso di migranti illegali. Ha anche spiegato che il governo ha la netta intenzione di chiudere la frontiera con il Paese balcanico. Szijjarto ha inoltre dato voce ad una profonda ed attenta analisi socioeconomica dell’area EU oggi, asserendo che «L’immigrazione è uno dei più gravi problemi che l’Unione europea affronta oggi, l’Ungheria non può permettersi di aspettare ancora una soluzione da parte dell’Ue». Stando alle dichiarazioni di Szijjarto, il 1° luglio, dovrebbe aver luogo una consultazione con Belgrado su questo progetto.
Ma Szijjarto non ha concepito questa acuta opera di costruzione tutta da solo, già il 12 giugno il Primo Ministro Viktor Orban intervistato dalla radio pubblica ungherese, ne annunciava la messa in cantiere, parlando di una barriera fisica. Dato che secondo Orban «L’immigrazione è pericolosa», ha suggerito all’Ue di finanziare strutture poste al di fuori dei propri confini, in cui i migranti che desiderano venire in Europa possano restare in attesa dell’esame dei loro casi e delle loro richieste d’asilo. Chiede almeno di far fare loro un po’ di anticamera.
In un rapporto recente, l’Ecri, l’organismo anti-razzismo e intolleranza del Consiglio d’Europa, si diceva preoccupato per i discorsi d’odio apertamente anti-Rom, antisemiti, xenofobici e omofobici provenienti da un “partito di estrema destra”, in Ungheria. Dove il 22% di tutti i richiedenti asilo presenti nel Paese sia privato della libertà.
Viktor Orban. Fidesz-Unione civica ungherese, è questo il partito di estrema destra di cui è leader Viktor Orban, che ha conquistato di nuovo la vittoria nelle elezioni politiche del 2014, continuando la strada di una politica autonoma e nazionalista, anche sul fronte economico. In questo ultimo e terzo governo (il primo dal 1998 al 2002, il secondo dal 2010 al 2014) l’estremismo delle sue posizioni politiche si è decisamente acutizzato, giungendo a sostenere di essere sul punto di mettere in discussione la forma di democrazia liberale occidentale, dichiarando la volontà di «liberarsi dai dogmi e dall’ideologia occidentale europea». E proprio dall’area UE, Orban ha allontanato le sue collaborazioni, virando sullo stringere legami più stretti con l’Asia e la Russia di Putin.
La politica di non accoglienza verso i richiedenti asilo e la necessità di chiusura delle frontiere sono temi che l’Ungheria ha spesso rivendicato nei confronti di Bruxelles. Già lo scorso febbraio Orban dichiarava alla radio pubblica «Bisogna chiudere le frontiere davanti gli immigrati illegali. Ci vogliono regole più severe per poter fermare, recludere ed espellere subito gli immigrati clandestini. Non vogliamo che l’Ungheria diventi un campo per gli immigrati».
Ma proprio dalla Commissione Europea arriva la prima ammonizione per l’Ungheria «Ne abbiamo abbattuti di recente, non dovremmo costruirne altri». Pur se la competenza del controllo dei confini esterni spetta agli Stati membri, Bruxelles sottolinea che esistono “modi migliori” per salvaguardare i propri varchi, nel pieno rispetto dei diritti umani e del principio di non respingimento.
Altri muri. Budapest non ha di certo il copyright su quest’idea di erigere muri. Senza navigare a ritroso nel passato remoto o recente, facendo un rapido giro in questo mondo globalizzato e iperconnesso, si incontrano le enclaves spagnole di Ceuta e Melilla in territorio marocchino oltre 1000 km di barriere fra Stati Uniti e Messico, mentre salgono a oltre 4 mila quelle che impediscono ai bengalesi di entrare in India, o ancora gli sbarramenti fra Arabia e Yemen o fra il Botswana e lo Zimbabwe. In quest’Europa di Schengen compare del filo spinato tra la Grecia e la Turchia e tra la Turchia e la Bulgaria lo scorso anno è stato costruito uno sbarramento di 30 chilometri. A chiudere il cerchio la stessa Turchia, che si protegge con un muro dalla vicina Siria.
(di Azzurra Petrungaro)