Scontri a Gerusalemme. Al di là delle religioni

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spianataNel cuore della parte vecchia di Gerusalemme, tra i quartieri ebraico, armeno, cristiano e quello musulmano, si erge la moschea di Al-Aqsa, come la definiscono i musulmani o Monte del tempio, come invece lo chiamano gli ebrei. Luogo sacro per le tre grandi religioni monoteiste, la Spianata delle moschee che si estende intorno alla Cupola d’oro, da sempre luogo di tensioni, è tornata ad essere teatro di scontri.
Non solo una questione di toponimi, ma una lunga storia di tradizioni diverse che cercano di convivere, tra alti e bassi, in una delle città che potremmo definire un vero “caleidoscopio di culture”.
A Gerusalemme tutto sembra essere pensato come un meccanismo ad incastro: la città è avvolta nelle mura all’interno delle quali è compresa la parte più antica dove convivono i quattro quartieri. Qui si trova la Spianata delle moschee. Per accedere alla Spianata bisogna attraversare due passaggi: superati i primi controlli della polizia israeliana, si accede al Muro del pianto, il luogo più sacro per gli ebrei in quanto rappresenta tutto ciò che resta dell’antico tempio di Gerusalemme, e luogo in cui, secondo la tradizione, risiede la “Shekhinah” ovvero la presenza di Dio. Qui uomini e donne pregano, dopo aver effettuato le consuete abluzioni, in ambienti divisi: le donne opportunamente coperte e gli uomini con in capo la kippah. Salendo si incontrano altri controlli, quelli del tutto informali dei musulmani, volti piuttosto a rivendicare che ci si trova in un luogo sottoposto al loro controllo. In effetti la gestione della Spianata è oggetto di contesa dal 1967, ovvero dai tempi della guerra dei sei giorni. Al termine del conflitto si optò per un accordo che prevedeva la sovranità religiosa dei musulmani sul sito e il controllo dell’accesso a Israele. Così i non musulmani potevano e possono visitare il sito, ma non pregare o tantomeno visitare la moschea.
Ma è dal 28 settembre 2000 che i controlli si sono inaspriti, quando Ariel Sharon rilascia alcune dichiarazioni ritenute provocatorie dai palestinesi e compie quella che viene ricordata come la “passeggiata sulla Spianata delle moschee”, a significare che anche quel pezzo di terra avrebbe dovuto essere sottoposto alla custodia israeliana. Di qui la seconda Intifada.
Nell’ultima settimana gli attriti tra musulmani e ebrei sono tornati a infiammare l’antica città di Davide. Tre giorni di scontri feroci, decine di feriti e diversi arrestati. Questo è il bilancio dei duri scontri a colpi di pietre e lanci di lacrimogeni in seguito ai quali il premier israeliano Bejamin Netanyahu ha convocato una riunione d’emergenza. Questa volta a scatenare le reazioni dei musulmani è stato un decreto firmato lo scorso 8 settembre dal Ministro della difesa israeliano Moshe Yaalon. In vista del capodanno ebraico, celebrato tra il 14 e il 15 settembre, il decreto bandiva dalla Spianata delle moschee i gruppi musulmani Murabitun e delle Murabatat che volontariamente “fanno la guardia” alla moschea di Al-Aqsa per difenderla in particolare dagli estremisti ebrei. E mentre l’organizzazione palestinese Hamas venerdì ha proclamato la “giornata della rabbia”, la polizia per scongiurare il pericolo di ulteriori disordini ha dispiegato più di 4000 agenti vietando l’accesso alla Spianata agli uomini di età superiore ai 40 anni. L’accesso è stato vietato anche al primo ministro palestinese, Rami Hamdallah, diretto alla moschea per un sopralluogo.
Un clima di sommersa convivenza di respirava appena qualche settimana fa. Un potente fiume carsico pronto a riaffiorare al primo segnale. Un equilibrio instabile quello che tiene insieme i diversi credo religiosi presenti nella capitale dello Stato d’Israele, come diversi sono gli episodi di ribellione da parte dei palestinesi che in atteggiamento di sfida accedono alla Spianata delle moschee rivendicandone il controllo. Non senza “doppi giochi” da parte della polizia israeliana, la quale durante le tante manifestazioni si mostra compiacente nei confronti ora degli uni, ora degli altri.
Molto di più di uno scontro tra religioni, dunque, celato dietro motivazioni ideologiche. Ma la consapevolezza non basta a evitare continui feriti e morti innocenti. Un altro massacro che affligge e tiene sotto scacco il Medio Oriente, insieme alle oscenità dell’Isis di fronte ai quali rimaniamo ancora una volta inermi.

(di Anna Piscopo)

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