Roma, “I sogni si realizzano un mattoncino alla volta”
Allo Spazio Eventi Tirso di Roma, “The Art of the Brick” di Nathan Sawaya. Le sue creazioni, interamente fatte con i mitici mattoncini colorati. Ebbene sì. Proprio loro. I LEGO. In esposizione fino al 14 febbraio 2016. Per tutta la famiglia. Nessuno escluso. Dai zero ai 90+.
Veri e propri artefatti artistici i suoi. Non solo belli a vedersi. Ma a dir poco incredibili, unici, stupefacenti. E ciò non solo perché riescono, non si sa come, a tenersi in piedi, rispettando o andando contro, pare, tutte le leggi della fisica. Ben 85 sculture realizzate con circa un milione di mattoncini. Perché immaginare e creare, montare e smontare sono un must, per i più piccoli. Ma Nathan Sawaya dimostra come, anche da grandi, “i sogni si realizzano solo un mattoncino alla volta!”.
Per step di complessità, il visitatore viene gentilmente inglobato dal mondo di Nathan Sawaya. Si parte con molta calma. Quasi con il freno a mano tirato. Con oggetti della vita quotidiana. Come due mele o una matita. Per poi passare all’arte. Da quella greca a quella romana. Grandi ritratti, quale una riproduzione pixelata di La Gioconda. Senza dimenticare le sculture. Quindi, si riflette su alcune millenarie tematiche. Quali l’io, l’amore, la paura, la vecchiaia e la morte.
Pian piano, quindi, volenti o nolenti, si è condotti, a riflettere su un delicatissimo quesito: perché poni freni alla tua immaginazione? Perché, da piccolo, ti piaceva tanto immaginare e creare cose nuove, dal nulla, e ora ti auto-mutili? Per gli obblighi che ti impone società? Ricordati: pensare fuori dalla scatola, non è un male. O, se preferite: per fare grandi cose, occorre andare oltre. Oltre “il foglietto illustrativo” che ti impone come montare il modellino. Oltre tutto e tutti, se serve. Oltre.
Chiaramente, pars construens e destruens, anche dei principi dell’estetica, compresa quella contemporanea, si passano la palla continuamente, nel percorso proposto da Nathan Sawaya. Forme. Colori. Trasformazioni. Ipotesi. Idee. Riflessioni. Si accavallano. Si fondono. Si mescolano. Fino a giungere al gigantesco dinosauro della stanza finale che sembra in grado di mangiarsi tutto, il pensato e il provato, e mandarlo giù in un sol boccone. Lasciando uscire voi dolcemente alleggeriti. Così. Come depurati.
Da non perdere le didascalie. Brevi. Efficaci. Chiare. Permettono al visitatore multipli spunti di accesso all’itinerario, anche introspettivo, delle LEGO-opere di Nathan Sawaya.
(di Eloisa De Felice)