Inquinamento ambientale: l’OMS lancia l’allarme

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Secondo il nuovo rapporto dell’Organizzazione mondiale della Sanità (OMS), 12,6 milioni di morti nel mondo sono attribuibili all’inquinamento ambientale e un decesso su 4 è correlato al vivere o lavorare in ambienti insalubri

8427006876_c4474d66e3_cIl 23% delle morti a livello globale è dovuto all’inquinamento ambientale. É il primo allarmante dato che emerge dalla seconda edizione del Rapporto dell’OMS, “Preventing disease through healthy environments: a global assessment of the burden of disease from environmental risks” (La prevenzione delle malattie in ambienti sani: una valutazione globale del carico di malattia da rischi ambientali), presentato a Ginevra il 15 marzo, a dieci anni di distanza dalla prima pubblicazione. Il rapporto analizza l’impatto delle malattie dovute a fattori di rischio ambientale, le zone e le fasce di popolazione più a rischio, sottolineando l’importanza di politiche economiche a tutela dell’ambiente e della salute pubblica per invertire una tendenza negativa che a livello globale colpisce soprattutto i bambini e le aree del Sud-Est asiatico e del Pacifico Occidentale.

L’ultimo rapporto, i cui dati sono riferiti al 2012 e che presenta alcune differenze metodologiche rispetto al precedente studio del 2002, mostra un quadro sostanzialmente stabile nel decennio e anzi evidenzia un lieve miglioramento (dal 23,3% al 22,7%) della percentuale di morti attribuibili all’inquinamento dell’ambiente. Cresce l’incidenza delle malattie non trasmissibili (tra cui cancro, disturbi di tipo mentale, comportamentale e neurologico, malattie cardiovascolari e respiratorie) passate dal 17% al 22% , mentre il peso delle infezioni e delle malattie infantili è crollato dal 31% al 20%.

Stando all’ultima edizione del rapporto, i fattori di rischio ambientale, come l’aria, l’acqua e l’inquinamento del suolo, le esposizioni chimiche, i cambiamenti climatici, e la radiazione ultraviolette sono responsabili di più di 100 malattie e lesioni. Infatti, su 133 malattie esaminate è stato rilevato un nesso con l’inquinamento in 101 casi. Tra i dati più allarmanti quello sul numero di decessi dovuti a malattie non trasmissibili (MNT), molti dei quali riconducibili all’inquinamento atmosferico, che ammontano a 8,2 milioni di morti.

Per comprendere l’interrelazione tra rischi ambientali e salute è utile osservare la definizione di “ambiente” alla base della metodologia della ricerca. Secondo l’OMS l’ambiente è “l’insieme di tutti i fattori fisici, chimici e biologici, esterni all’individuo e correlati ai comportamenti umani, escludendo quei fattori naturali che non possono essere ragionevolmente modificati”. Nella lista dei fattori di esclusione si annoverano, ad esempio, le abitudini alimentari e gli agenti naturali come il polline, mentre tra i fattori di inclusione si trovano i metodi di irrigazione, le azioni per proteggersi dalle radiazioni ultraviolette, i cambiamenti climatici ad opera dell’uomo, solo per citarne alcuni.

L’inquinamento ambientale esercita un notevole impatto sulla salute, con alcune differenze a seconda della popolazione e delle regioni geografiche. I più colpiti risultano i bambini al di sotto dei 5 anni e gli adulti tra i 50 e 75 anni: 1,7 milioni di bambini e 4,9 milioni di adulti muoiono per cause correlate alla cattiva gestione dell’ambiente. Le malattie delle basse vie respiratorie e le malattie diarroiche sono le prime cause di morte dovute a fattori ambientali nei bambini, mentre gli adulti sono i più colpiti dalle malattie non trasmissibili. A livello regionale, i paesi più vulnerabili sono quelli a basso e medio reddito, aspetto che pesa considerevolmente sull’onere economico delle malattie. Il Sud-Est asiatico e le regioni del Pacifico Occidentale detengono il triste primato del numero più alto di morti legate all’inquinamento ambientale: nel 2012 hanno registrato 7,3 milioni di decessi. In Africa il numero dei decessi è arrivato a 2,2 milioni; in Europa a 1,4 milioni l’anno; al di sotto del milione quelli rilevati nella regione Mediterranea dell’Est e nelle Americhe, rispettivamente con 854 000 e 847 000 di morti ogni anno.

Osservando più nel dettaglio  le cause si nota che le malattie cardiovascolari sono responsabili del maggior numero di decessi. L’ictus causa 2,5 milioni di morti ogni anno, seguito dalle cardiopatie ischemiche (2,3 milioni) e a pari merito si piazzano successivamente tumori e lesioni involontarie, che causano 1,7 milioni di decessi. Le lesioni involontarie, cui si riferisce il rapporto sono ad esempio gli incidenti stradali, mentre per quanto attiene al cancro si stima che il 19% di tutte le tipologie della malattia sia attribuibile a fattori ambientali. Le malattie respiratorie croniche causano 1,4 milioni di morti, le malattie diarroiche 846000 vittime, le infezioni delle vie respiratorie 567 000 morti, le condizioni neonatali sono responsabili di 270 000 decessi, la malaria uccide 259 000 persone l’anno, le lesioni volontarie, ad esempio i suicidi, causano 246 000 morti ogni anno.

Le cifre preoccupanti contenute nel rapporto impongono una riflessione sulle cause e sulle strategie più opportune da adottare per ridurre l’incidenza di malattie direttamente riconducibili all’ambiente. Si tratta di misure urgenti da adottare a ogni livello di governance, come suggerisce lo studio dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, che vanno dalla sensibilizzazione della società civile all’investimento economico in buone pratiche in grado di massimizzare costi ed efficacia delle azioni di intervento. L’obiettivo primario è il raggiungimento di sviluppo sostenibile che porti il più possibile alla prevenzione delle malattie. Tra le strategie suggerite vi sono: l’utilizzo di tecnologie pulite e combustibili per uso domestico di cottura, la costruzione di abitazioni dotate di un efficiente sistema energetico, l’aumento dell’accesso all’acqua potabile, l’utilizzo di servizi igienici adeguati e il lavaggio delle mani per ridurre l’insorgenza di malattie diarroiche. Il miglioramento della circolazione urbana, la promozione dell’attività fisica, la legislazione contro il fumo passivo si stanno rivelando vincenti per diminuire l’incidenza delle malattie cardiovascolari e delle infezioni respiratorie.

In attesa della road map, che verrà presentata a maggio, per individuare politiche mirate a contrastare a livello globale gli effetti negativi dell’inquinamento atmosferico, alcune città stanno già adottando buone pratiche per migliorare la qualità dell’ambiente e della salute. Tra queste la Curitiba in Brasile ha investito molto nel riciclaggio dei rifiuti e nel “Bus Rapid Transit”, con spazi verdi e percorsi pedonali. Grazie all’implementazione di alcuni progetti, i livelli di inquinamento dell’aria risultano relativamente inferiori rispetto ad altre città in rapida crescita, nonostante un aumento della popolazione pari a cinque volte negli ultimi 50 anni, parallelamente accompagnato da un’aspettativa di vita di 2 anni in più rispetto alla media nazionale. La nuova strategia di mobilità urbana sta quindi dando i suoi frutti e le previsioni per il futuro sono ottimistiche. Piccoli passi verso la riduzione dell’inquinamento, delle malattie e del numero di morti, che devono prima di tutto realizzarsi a livello locale per portare, nel lungo periodo, ad un effettivo miglioramento della qualità dell’ambiente, del benessere e degli stili di vita a livello globale.

(Elena Angiargiu)

 

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