Clinton vince primarie Usa: prima donna candidata alla Presidenza

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È entrata di diritto nella storia degli Stati Uniti: Hillary Clinton vince le primarie democratiche per la Casa Bianca del 2016 e diviene la prima donna candidata alla presidenza Usa.

Otto anni dopo, vince senza sconti nello Stato più popoloso d’America con un vantaggio inatteso. Quel “soffitto di vetro”, quella barriera spessa e invisibile che tenacemente continua ad impedire alle donne l’accesso ai vertici del mondo professionale, è stata finalmente infranta.

Nel 2008 aveva dovuto rinunciare e lasciare il passo a Barack Obama, che le aveva soffiato lo scettro delle preferenze popolari e proprio Obama ha sugellato la vittoria della Clinton con la sua telefonata, il Presidente si è congratulato con la vincitrice, nonché suo ex segretario i Stato, per aver conquistato i delegati necessari alla nomination democratica.

Abbiamo fatto la storia – ha affermato Hillary – e la vittoria di stasera appartiene a intere generazioni”. Le sue parole partono da Brooklyn, NewYork, esattamente il quartiere che ha dato i natali al suo rivale, Bernie Sanders. Ha un pensiero anche per lui, in nome dell’unità di partito e soprattutto facendo appello all’obiettivo comune: “sconfiggere un Trump che è caratterialmente inadatto a dirigere il paese”.

La vittoria della Clinton è senza ombre, nessun dubbio di calcolo, è fatta di voti effettivi: ha la maggioranza assoluta dei delegati, come afferma in questo storico Supermartedì appena trascorso, e in questa maggioranza sono inclusi anche quei delegati cosiddetti “super”, ovvero parlamentari e governatori, ceto politico, establishment. È su questa base solida di voti veri che Obama ha preso la decisione di appoggiare con certezza Hillary Clinton, è pronto a scendere in campo e a sostenerla per non veder cadere il Paese nelle mani di Trump e per proseguire un cammino politico che potrà preservare il patrimonio delle sue riforme.

Ora Hillary dovrà lottare contro se stessa, contro la sua immagine che non ha mai attirato troppe simpatie tra il popolo americano. Il voto dato alla Clinton, anche in sede di primarie, è un voto ragionato, non di pancia, non dato sull’onda o l’ispirazione di un sogno, come fu per Barack Obama, ma viene dal raziocinio, quasi come se non si potesse far altro che votare lei. Non è di certo una comunicatrice, né una provetta oratrice, ma è competente e preparata, combattiva e tenace, ha saputo aspettare otto lunghi anni, ricoprire un ruolo all’ombra della statuaria carica presidenziale e nel frattempo pianificare con cognizione la nuova campagna elettorale, ma è esattamente questo aspetto calcolatore che indispettisce l’elettorato.

Vedremo se l’America deciderà di dare atto alla costanza e alla fermezza di questa donna, la sua vittoria sarebbe la terza di fila per i democratici, non accade di certo così spesso. Staremo anche a vedere se gli elettori di Sanders riusciranno a superare le grandi resistenze nei suoi confronti e se decideranno quindi di votarla lo stesso, nonostante il deciso livore nei confronti della famiglia Clinton come macchina di potere e soldi. I votanti di Bernie Sanders non vedono assolutamente di buon occhio questioni come la Clinton Foundation, o i super-Pac (Political Action Committeee), istituti attraverso i quali, Bill e Hillary, hanno accettato diversi finanziamenti, da banchieri di Wall Street ad esempio, fino a governi stranieri non esattamente democratici, come l’Arabia saudita, per dire.

Il combattente Sanders in tutto questo, non si arrende. Il prossimo appuntamento sono le primarie di Washington DC, le ultime, riguardo le quali ha dichiarato: “Sarebbe straordinario se le persone qui a Washington, la nostra capitale, si alzassero in piedi per dire che la nostra nazione è pronta a una rivoluzione politica”. Il senatore del Vermont pur non arretrando, apre però timidamente alla Clinton. L’obiettivo comune resta in ogni caso quello di evitare che si verifichi il “disastro Trump“, come lo ha definito Sanders.

(di Azzurra Petrungaro)

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