Roma Pride il giorno dopo: chi non si accontenta lotta
L’11 giugno, il Roma Pride ha tinto la capitale dei colori dell’arcobaleno. Fra i balletti di cifre e l’assenza dei partiti, il mondo LGBTQI ha festeggiato la Legge Cirinnà, mentre dagli States arrivano notizie drammatiche.
Roma Pride. È stata la festa del mondo arcobaleno quella che sabato scorso ha animato le strade della capitale. Come ogni anno, Roma ha celebrato il suo Pride inondando via dei Fori Imperiali e le zone limitrofe di quella fantasia arcobaleno che rappresenta il mondo LGBTQI (Lesbian, Gay, Bisex, Transgender, Queer, Intersexual) nella sua interezza e nelle sue infinite accezioni. Di certo il Pride di Roma è stata una festa, il modo in cui le associazioni arcobaleno hanno voluto salutare l’adozione della Legge Cirinnà, ma anche un modo per sottolineare che questo è solo un primo passo verso una piena equiparazione dei diritti civili.
Del resto, la volontà di far sapere al mondo politico che quella entrata in vigore è solo una normativa di base, che presto dovrà essere ampliata e perfezionata a favore di un pieno riconoscimento dei diritti civili, era chiara fin dalla campagna di comunicazione che ha preceduto il Pride, il cui claim recitava un fierissimo “chi non si accontenta lotta”. Uno slogan che certo non lasciava molto spazio alle interpretazioni e che faceva trasparire la volontà dell’associazionismo arcobaleno di andare avanti. Gli organizzatori non hanno fatto una piega nemmeno quando, pochi giorni prima della manifestazione, è circolata la voce che la casa di moda romana Fendi, licenziataria esclusiva dell’immagine del Colosseo Quadrato dell’EUR, avrebbe fatto causa al Roma Pride per aver usato illegalmente su flyer e manifesti alcuni scatti che avevano come sfondo il simbolo della civiltà italiana. Per tutta risposta le associazioni organizzatrici dell’evento si sono dette intenzionate a proseguire nella campagna senza togliere le immagini incriminate. La questione si è conclusa con un comunicato congiunto di Fendi e di Roma Pride nel quale, la casa di moda dichiarava pieno sostegno alla manifestazione.
Tuttavia mentre le luci si spegnevano sul Roma Pride e in attesa dei prossimi appuntamenti dell’Onda Pride, che si chiuderà a Gallipoli il 19 agosto, dagli Stati Uniti è giunta la terribile notizia della strage al locale gay “Pulse” nella città di Orlando. Il bilancio delle vittime è gravissimo: cinquanta morti e cinquantatré feriti. L’atto, la cui matrice terroristica è ancora al vaglio della polizia, è stato perpetrato da Omar Seddique Mateen, un ragazzo americano di origine afgana, morto durante il blitz delle forze dell’ordine. Dalle prime indagini e dalle dichiarazioni della famiglia, è emerso che il killer sarebbe stato un seguace dell’ISIS e che sarebbe stato spinto a compiere il folle gesto in quanto fortemente turbato dalla vista di un bacio fra due persone gay.
Sabato poi è stata un’esplosione di colori. Nonostante il caldo, il richiamo delle spiagge assolate del litorale laziale, il clima teso per l’esito del ballottaggio del Campidoglio previsto per la prossima settimana, Roma, i romani, i turisti e tantissime persone giunte da tutta Italia hanno sfilato da Piazza Esedra a Piazza Venezia per sostenere il mondo LGBTQI e quella battaglia per i diritti civili vero motore dei Pride in tutto il mondo. Ovviamente a fianco della manifestazione “istituzionale”, della battaglia e delle polemiche legate alle cifre (700.000 per gli organizzatori, molti mento per la questura), c’è stata tutto quel colore, quell’allegria e anche quell’allure di cui il mondo LGBTQI è da sempre portatore sano.
Tantissime le associazioni che hanno sfilato per le vie della capitale: dal circolo Culturale Mario Mieli ad Anddos, dall’Arcigay al Leather Club di Roma, passando per Arcobalena (gruppo LGBTQI buddista) alla Rete delle Famiglie Rainbow. Senza dimenticare i carri degli innumerevoli locali capitolini che poi hanno animato la notte romana più arcobaleno dell’anno, la madrina della manifestazione, Asia Argento, accompagnata dai figli e Laura Pausini, il cui brano “Simili” è stato scelto come inno della manifestazione. Grandi assenti i partiti e i politici, primi fra tutti i due candidati sindaco della capitale, Roberto Giachetti e Virginia Raggi. Tuttavia, se il primo si è dichiarato vicino alle posizioni dei manifestanti promettendo di presenziare al prossimo Pride se dovesse diventare il prossimo inquilino del Campidoglio, nessun messaggio è pervenuto agli organizzatori da parte sulla candidata del Movimento Cinque Stelle. Unica presenza politica è stata quella della senatrice Monica Cirinnà, che ha sfilato in corteo facendo foto con numerosi rappresentanti del movimento LGBTQI e fermandosi a parlare con molti manifestanti.
“Un atto di terrore e di odio” lo ha definito il presidente Obama, mentre tutto il mondo si stringe attorno alle famiglie delle vittime condannando questo terribile atto di violenza, forse terroristica, sicuramente omofoba e di certo intollerabile e inaccettabile. Saranno in molti domani a puntare il dito su molti fattori diversi, come la facilità con si possono acquistare armi negli Stati Uniti, l’odio religioso, la mancanza di integrazione culturale, ma quello che resta sono solo i corpi straziati di cinquanta fra ragazzi e ragazze gay, morti per il loro orientamento sessuale. E mentre in tante parti del mondo si celebra l’orgoglio gay, c’è da chiedersi se forse non siano necessarie pene più severe nei confronti di coloro che si macchiano del reato di omofobia, come passo imprescindibile per un pieno riconoscimento dei diritti di una minoranza, quella LGBTQI, che troppo spesso ha dovuto pagare col sangue l’odio e l’intolleranza altrui.
(di Christopher Rovetti)