Omicidio Carlo Alberto Dalla Chiesa, 34 anni dopo
Tante le iniziative per ricordare la strage di via Isidoro Carini del 3 settembre 1982. A Palermo, la “Festa dell’onestà”
Sono trascorsi 34 anni dalla morte del generale Carlo Alberto Dalla Chiesa, ucciso da “cosa nostra” insieme alla moglie Emanuela Setti Carraro e all’agente della polizia di Stato Domenico Russo il 3 settembre 1982. Molte sono state le iniziative promosse e organizzate nelle varie città italiane per ricordare un uomo che, con il suo coraggio e la sua determinazione, ha incarnato l’esempio più concreto di fedeltà e attaccamento ai valori dello Stato.
A partire da Palermo, città in cui il prefetto portò avanti la lotta contro la criminalità organizzata. Nel capoluogo siciliano la giornata dello scorso 3 settembre è stata interamente dedicata al ricordo dell’eccidio di via Isidoro Carini, nel nome dell’onestà. E’ questa la virtù, propria del prefetto Dalla Chiesa e dei tanti altri uomini caduti per mano della mafia, che Palermo ha voluto celebrare attraverso la prima edizione della “Festa dell’onestà”, un’iniziativa promossa dall’Associazione Cassaro Alto, con il contributo di Confcommercio Palermo e il patrocinio della Città Metropolitana e del Comune di Palermo (co-organizzatore dell’iniziativa).
Una festa, perché questo merita l’onestà. Un’intera giornata, iniziata alle 9.30 in via Carini, con la deposizione di una corona di fiori sul luogo della strage, proseguita prima con la funzione religiosa nella Chiesa di San Giacomo dei Militari e poi con una serie di iniziative tra cui l’esibizione delle fanfare dei Bersaglieri e dei carabinieri, la proiezione di un filmato sul prefetto e la presentazione di libri incentrati sulle vicissitudini degli uomini che hanno dedicato la propria esistenza alla lotta contro la criminalità organizzata. Tra questi, Tutti gli uomini del generale di Fabiola Paterniti, una lente su un frammento di storia, quello degli anni di piombo, da cui emergono le vicende degli uomini impegnati nella lotta al terrorismo, sotto la guida del generale Dalla Chiesa; e È così lieve il tuo bacio sulla fronte, scritto dall’eurodeputata Caterina Chinnici, per ripercorrere, attraverso un duplice punto di vista (quello di figlia e quello di giovane uditore giudiziario), la storia umana, famigliare e professionale di Rocco Chinnici, giudice istruttore del tribunale di Palermo, ucciso dalla mafia il 29 luglio 1983.
Tra le personalità istituzionali presenti a Palermo lo scorso 3 settembre, il presidente del Senato Pietro Grasso che, ricordando il generale ha affermato: «Il prefetto Carlo Alberto Dalla Chiesa è stato un esempio fulgido di attaccamento allo Stato, un attaccamento che aveva dimostrato anche precedentemente nella lotta al terrorismo. Da 34 anni ogni giorno siamo qui perché non possiamo dimenticare quello che il prefetto Dalla Chiesa ha fatto in Sicilia e quello che rappresenta l’esempio di un uomo che ha saputo interpretare al massimo la lotta contro la mafia e che è riuscito, pur nel breve tempo in cui si è dedicato a Palermo e alla Sicilia, a individuare quelli che erano i punti nevralgici della criminalità mafiosa siciliana. È morto per questo e noi dobbiamo sempre avere la memoria di questo esempio fulgido».
Ma quella del 3 settembre è stata soprattutto una giornata in cui Palermo ha vestito abiti nuovi, fatti di immagini, foto e ritratti del prefetto Dalla Chiesa e di Don Pino Puglisi (anch’egli ucciso nel mese di settembre), di gente unita in un’unica grande passeggiata orgogliosa e determinata, di cortili strapieni, di commercianti, artigiani, negozianti entusiasti nel gridare il loro no alla mafia. Tutto questo emerge chiaramente dalle parole di Nando Dalla Chiesa, figlio del generale e presente, insieme alle sorelle Rita e Simona, alle iniziative della “Festa dell’onestà”: «[…] Negozio per negozio, bottega per bottega: il sarto, il puparo, la restauratrice di foto, il costruttore di presepi fantastici, il gioielliere, il gelataio, la libreria. Per centinaia di metri, dall’arco di Porta Nuova ai Quattro canti, andando verso il porto. Tutto il Cassaro alto pedonalizzato, con la gente che camminava su e giù e guardava e si inorgogliva, molti con il badge della festa dell’onestà. E i turisti che restavano meravigliati: ma che è successo? e scattavano foto, e filmavano, sorpresi per la nuova, inimmaginata identità di Palermo».
La strage di Via Carini
Da 34 anni, dunque, la giornata del 3 settembre è associata al ricordo di un episodio che rientra nel lungo e drammatico elenco di quelle stragi mafiose che, tra gli anni 80 e 90, macchiarono di sangue innocente le strade di Palermo.
Quella sera del 1982 il generale Dalla Chiesa era in compagnia della moglie Emanuela Setti Carraro. Avevano deciso di cenare in un ristorante a Mondello e per questo uscirono dalla prefettura di Palermo e salirono sulla loro auto, una A112, seguiti da un’Alfetta guidata dall’agente di scorta Domenico Russo. Alle 21.15, passando per via Isidoro Carini, l’auto dell’agente venne affiancata da una motocicletta, guidata dal killer mafioso Pino Greco, che uccise Russo a colpi di fucile AK- 47. Negli stessi attimi, una BMW 518 guidata da Antonino Madonia e Calogero Ganci, raggiunse la macchina dei coniugi Dalla Chiesa e i killer aprirono il fuoco.
L’auto del prefetto sbandò, andando a sbattere contro un’auto parcheggiata nelle vicinanze; Pino Greco scese dalla motocicletta per controllare l’esito mortale dell’agguato e subito dopo le due auto (in una vi erano due sicari “di riserva”, nel caso fosse servito un rinforzo) e la motocicletta furono bruciate in un luogo isolato.
I colpi di quel 3 settembre di 34 anni fa misero fine all’impegno del generale Dalla Chiesa nella lotta contro la criminalità mafiosa, iniziato già negli anni ’50 quando, giovanissimo, venne mandato a Corleone per indagare sugli omicidi commessi da Luciano Liggio e dalla banda capeggiata da Salvatore Riina.
Una parentesi anticipatoria della lotta a Cosa Nostra che, nel 1982, si trovò ad affrontare improvvisamente come prefetto di Palermo. Dopo anni dedicati al contrasto al terrorismo delle Brigate Rosse, infatti, lo Stato affidò al generale un compito ancora più arduo e delicato: la lotta alla criminalità mafiosa che in quegli anni mirava a stringere accordi con lo Stato e non a distruggerlo, come invece era nei piani del terrorismo brigatista.
Forse proprio per questo Dalla Chiesa fu lasciato solo nel suo impegno da prefetto. «Mi mandano in una realtà come Palermo, con gli stessi poteri del prefetto di Forlì», così descrisse la solitudine in cui fu costretto ad operare. Ciononostante, il “generale di ferro” non perse mai, durante i suoi cento giorni a Palermo, il coraggio, la determinazione e la voglia di credere in una Sicilia diversa.
Una Sicilia che, già nel 1982, urlava il suo bisogno di riscatto nelle parole del cartello comparso in via Carini, all’indomani della strage: «Qui è morta la speranza dei palermitani onesti».
Oggi, dopo 34 anni, il 3 settembre è un giorno per ricordare la memoria di un uomo votato alla fedeltà e alla giustizia ma, ancor più, è una giornata per dimostrare quanto, in realtà, sia viva la speranza dei tanti palermitani entusiasti di dire apertamente, tra le strade della città, no alla criminalità mafiosa e si all’onestà. Quella stessa semplice onestà che ha mosso il lavoro del generale Dalla Chiesa e di tanti che, come lui, hanno lottato per affermare l’unico potere che possa esistere all’interno di una comunità civile: «quello dello Stato, delle istituzioni e delle leggi».
Un impegno portato avanti anche quando Stato, istituzioni e leggi hanno manifestato assenza, lontananza e mancanza di sostegno al lavoro di uomini che hanno pagato con la vita il senso del dovere e l’attaccamento al proprio Paese.
(di Giulia Cara)
Fonte immagine: zerottonove.it
“Il generale caduto e la Dc che si vuole far cadere finiscono per trovarsi dalla stessa parte. Chi ha fatto cadere il generale che ha combattuto i terroristi del “comunismo armato” vuole anche la caduta del partito che ha finora impedito, ed è il solo in grado di impedire, l’avvento del comunismo al potere”… ( 12 Settembre 1982 – Il Tempo).
Sarebbe, dunque, il prolungamento del disfatto Compromesso storico di Aldo Moro in stile mafioso il compito assunto dal Generale Dalla Chiesa – sentenza Giulio Andreotti dixit -, onde per cui si avvallerebbe l’ipotesi che il PCI fosse stato democraticamente migliore come Potere statuale in Italia.
Stati Uniti d’America e Urss contrari fin dal principio: un PCI al Governo avrebbe segnato l’inizio della fine di un dominio incontrastato in Europa retto dal Trattato di Yalta.
P.S. Tratto da “…”: I quotidiani italiani e l’omicidio Dalla Chiesa di Patrizia Piotti, pag.41, edizione 1989.
P.P.S. Un saluto cordiale al Professore Nando Dalla Chiesa…-
Grazie!…
Ettore Ferrero…-
– Commento riveduto e corretto –
“Il generale caduto e la Dc che si vuole far cadere finiscono per trovarsi dalla stessa parte. Chi ha fatto cadere il generale che ha combattuto i terroristi del “comunismo armato” vuole anche la caduta del partito che ha finora impedito, ed è il solo in grado di impedire, l’avvento del comunismo al potere”… ( 12 Settembre 1982 – Il Tempo).
Sarebbe, dunque, il prolungamento del disfatto Compromesso storico di Aldo Moro in stile mafioso il compito assunto dal Generale Dalla Chiesa – sentenza Giulio Andreotti dixit -, onde per cui si avvallerebbe l’ipotesi che il PCI sarebbe stato democraticamente migliore come Potere statuale in Italia.
Stati Uniti d’America e Urss contrari fin dal principio: un PCI al Governo avrebbe segnato l’inizio della fine di un dominio incontrastato in Europa retto dal Trattato di Yalta.
P.S. Tratto da “…”: I quotidiani italiani e l’omicidio Dalla Chiesa di Patrizia Piotti, pag.41, edizione 1989.
P.P.S. Un saluto cordiale al Professore Nando Dalla Chiesa…-
Grazie!…
Ettore Ferrero…-