Missione ExoMars: la capsula Schiaparelli si schianta su Marte
La sonda inviata sul pianeta rosso dall’Agenzia Spaziale Europea si è schiantata al suolo. In fumo, anni di lavoro e centinaia di milioni di euro, ma il valore della missione non si discute
È stato un finale col botto quello della Missione ExoMars, iniziata nel marzo di quest’anno con il lancio dalla stazione russa di Baijkonur. La sonda Schiaparelli, che sarebbe dovuta atterrare sul suolo del pianeta rosso dopo il distacco dal Trace Gas Orbiter (TGO), si è schiantata sul terreno marziano e ormai da giorni non dà più cenni di vita. Nonostante siano numerose le ipotesi relative all’incidente, al momento i tecnici dell’Agenzia Spaziale Europea non sono in grado di fornire spiegazioni certe su quanto accaduto prima dell’impatto.
Cosa è accaduto?
In realtà, secondo gli esperti, non sembra essere andata così male, ma nemmeno così bene, verrebbe da dire. A ben vedere, il TGO incaricato di effettuare rilevazione scientifiche dell’atmosfera marziana ha fatto il suo dovere alla perfezione e del resto anche la capsula dedicata allo scienziato italiano Giovanni Schiaparelli è giunta a destinazione. La piccola capsula non ha frenato, o meglio il computer che avrebbe dovuto dire alla modulo di frenare ha fatto accendere i retrorazzi al momento giusto, per spegnerli tre secondi più tardi. In pratica, ma qui stiamo ancora nell’ambito delle ipotesi perché non vi è ancora nulla di certo, il piccolo modulo progettato dall’ESA, invece di atterrare dolcemente sulla terra rossa di Marte, ha raggiunto il suolo praticamente a peso morto.
Quella partita nel marzo scorso è solo la prima delle due missioni che compongono ExoMars, un piano di “avvicinamento” verso il primo sbarco umano su Marte. Nel 2020, il pianeta rosso dovrebbe essere raggiunto da un altro modulo spaziale che lascerà sul suolo marziano un “rover”, un piccolo veicolo che esplorerà il corpo celeste a livello del suolo. Certo questa prima parte di ExoMars non ha avuto un finale molto incoraggiante, ma senza dubbio gli scienziati e tecnici di ESA, NASA e delle altre agenzie spaziali che collaborano al progetto sapranno imparare da questa mezza sconfitta, per garantire il successo dei prossimi viaggi spaziali. Anche perché i piani in merito al pianeta rosso sono ben più ambiziosi di quanto detto finora. Nel mirino c’è l’ammartaggio di un equipaggio umano entro il 2030 o, più probabilmente, entro il 2040.
Certo sono in molti a chiedersi come faranno tecnici ed esperti aerospaziali a portare un gruppo di astronauti sul pianeta rosso, visto che al momento risulta complesso far atterrare sul suolo marziano una piccola sonda di cinquecento chili. Del resto non sono pochi coloro che hanno ancora negli occhi i disastri aerospaziali occorsi in quasi mezzo secolo di missioni. I due incidenti che hanno coinvolto i moduli Sojuz, il disastro dell’Apollo 1 e più recentemente le esplosioni che hanno distrutto gli shuttle Challenger e Columbia non hanno fatto altro gettare benzina sul fuoco delle polemiche. Eppure non sono state molte le voci di quelli che hanno puntato il dito contro le costosissime e pericolose missioni aerospaziali. Anzi i più, soprattutto gli addetti ai lavori, difendono a spada tratta queste missioni, la loro enorme importanza scientifica e le straordinarie ricadute positive che queste potrebbe avere per il genere umano.
Quali benefici dell’espolorazione del Sistema Solare?
Ora senza nulla togliere agli addetti ai lavori e volendo fare un po’ i conti della serva non sembrano poi molti i benefici concreti che sono derivati dalle grandi missioni spaziali. Certo l’uomo è andato sulla Luna, la piccola Laika è stata sparata nello spazio e Samantha Cristoforetti ha fatto delle splendide foto dalla Stazione Spaziale Internazionale, ma concretamente tutto questo a cosa è servito?
Per rispondere a questa domanda potremmo prendere in prestito le parole di Ernst Stuhlinger, che negli anni settanta ricoprì l’incarico di direttore scientifico della NASA. Dovendo rispondere a una suora dello Zambia che gli chiedeva come potesse spendere tanti soldi per missioni spaziali, mentre nel resto del mondo milioni di persone stavano morendo di fame, Stuhlinger affermò che tali sforzi generavano una serie di innovazioni scientifiche importantissime per debellare alcune delle piaghe peggiori del mondo, fame in testa. Non solo, lo studioso aggiunse che tali sforzi avevano come contropartita quella di rafforzare i rapporti politici fra le nazioni e di generare conoscenza scientifica. E a ben vedere il buon Stuhlinger non aveva tutti i torti. Non possiamo certo fare grandi elucubrazioni mentali su quelli che saranno i benefici a lungo termini dell’esplorazione del nostro Sistema Solare, però possiamo immaginare che, in un futuro abbastanza prossimo, chiunque di noi potrebbe essere curato attraverso qualche scoperta scientifica realizzata proprio a bordo della stazione orbitante oppure potrebbe andare a vivere sulla Luna o su Marte. Del resto, ormai, il pianeta rosso non è più così lontano.
(di Christopher Rovetti)