Mailgate: l’ombra sull’ultimo miglio di Hillary Clinton

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Le dichiarazioni di Comey  dell’ FBI rivelano l’esistenza di altre mail della candidata democratica

La chiamano “bufera d’ottobre”, la dichiarazione al congresso del direttore dell’Fbi Comey sulla scoperta di nuove mail pertinenti all’indagine di Hillary Clinton. A pochi giorni dalle elezioni, sul finire della campagna elettorale della democratica torna a pesare lo stesso alone di sospetto da cui era iniziata, il mailgate.

L’utilizzo della mail privata da parte della Clinton quando era Segretario di Stato, aveva fatto già discutere: la questione si era però chiusa con la consegna delle oltre 30.000 mail professionali all’Fbi il Bureau, dopo averle esaminate aveva garantito al Congresso che non ea il caso di aprire un’inchiesta a riguardo. O almeno così sembrava fino a venerdì 28 ottobre.

Le reazioni non si sono fatte attendere, anche se non è alcun modo chiaro in cosa consistano queste mail. L’unica cosa certa è la fonte: si tratta di mail recuperate dal laptop di Huma Abedin, storica assistente della Clinton. L’analisi del suo laptop non era in alcun modo correlata all’inchiesta sulle mail della candidata. Riguardava infatti l’inchiesta sull’ex marito della Abedin, Anthony Weiner, ex politico di successo, accusato di essersi scambiato foto improprie con una quindicenne. Il computer in questione era utilizzato da entrambi quando erano ancora sposati.

Dal momento della dichiarazione girano molte voci sulla natura delle mail in questione: mail dalla Clinton alla Abedin? Mail dalla Abedin alla Clinton? Mail della Abedin sull’operato della Clinton? Non è chiaro e questo alone di incertezza è stato prontamente sfruttato dalla candidata democratica.

Al suo evento a Dayton Beach in Florida, il 31 ottobre, la candidata ha ripetuto quello che è stato il mantra di tutti gli eventi dell’ultimo mese, da quando è stato lanciato da Michelle Obama: “When they go low, we go High”.  Frase che se prima era stata usata solo contro le accuse di Trump, in questa occasione era rivolta anche al capo dell’Fbi. La Clinton, infatti, ha ripetutamente chiesto che venisse reso noto il contesto e il contenuto delle mail, per avere la certezza che non si trattasse di una dichiarazione specchietto per le allodole a pochi giorni dal voto. Come ha dichiarato nel suo discorso: “è abbastanza strano che venga fatta una dichiarazione con così poche informazioni a così pochi giorni da un’elezione”.

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Non si è fatta attendere neanche la reazione di Donald Trump, che a una sua convention ha erroneamente dichiarato riaperta l’inchiesta sulla Clinton.

A 24 ore dalla lettera al Congresso, anche Comey si è sentito in dovere di giustificare la sua scelta: di solito, infatti, queste indagini richiedono un riserbo completo e assoluto. Ma le circostanze sono particolari: una qualunque scoperta in futuro avrebbe portato con sé l’accusa di insabbiamento. “Ho sentito l’obbligo di farlo”.

Difficile dire se questi nuovi sviluppi influiranno sul voto dell’8 novembre. Ormai, del resto, le campagne dei due candidati vanno avanti da due anni, lo scandalo delle mail non è nuovo all’elettorato e forse queste nuove dichiarazioni non bastano a rallentare la corsa della Clinton. I sondaggi, infatti, la danno ancora in vantaggio rispetto al candidato repubblicano.

(di Francesca Parlati)

 

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