Amarcord. Graziano Mannari, dalla doppietta alla Juve al Maifredi Team
Graziano Mannari è stata una meteora nel grande calcio, uno dei molti talenti che nel momento di esplodere definitivamente non colgono l’attimo e finiscono col restare impigliati nell’anonimato fino a farsi spazio nell’ampio dimenticatoio che la celebrità spalanca a chi piano piano prende la strada del successo contromano.
Mannari, livornese classe ’69, era un centravanti rapido e molto dotato tecnicamente, bravo a fare sia la prima che la seconda punta. Selezionato da Silvio Berlusconi per uno spot televisivo della Fininvest contro la violenza negli stadi quando militava nel settore giovanile del Milan, il giovanissimo Graziano impressionò l’allora tecnico del club milanista Arrigo Sacchi che lo volle in prima squadra e lo fece esordire in serie A il 7 febbraio 1988 a San Siro contro il Cesena. Al termine di quella stagione il Milan vinse lo scudetto ma Mannari non giocò più a causa del primo di una serie smisurata di infortuni: quella volta fu la rottura di tibia e perone a mettere ko l’attaccante toscano che però l’anno successivo visse il momento più alto della sua breve carriera in serie A. Nella Supercoppa Italiana, tanto per cominciare, segna nel 3-1 del Milan contro la Sampdoria, poi realizza il secondo dei tre gol con cui il Milan travolge il Real Madrid al Santiago Bernabeu in un’amichevole estiva, infine, il 12 marzo 1989, entra nella gara casalinga del Milan contro la Juventus. I rossoneri sono già in vantaggio per 2-0 e per il ragazzo con la maglia numero 16 si spalancano le porte di un pomeriggio favoloso: prima segna in tuffo di testa la rete del 3-0, quindi accompagna a porta vuota la palla del definitivo 4-0, un cappotto che la Juve incassa e porta a casa chiedendosi chi fosse quel ragazzotto indiavolato che esultava correndo e urlando come un matto. In quella stagione, che culminerà con la vittoria del Milan in Coppa dei Campioni, Mannari farà gol anche all’ultima giornata nella vittoriosa trasferta degli uomini di Sacchi a Bologna, 4-1.
Sembra l’inizio di una brillante carriera, ma non è così. Nell’estate del 1989 il Milan lo sacrifica nell’affare che porta in rossonero Marco Simone, e Mannari finisce così al Como in serie B in un’annata poco fortunata per i lariani che precipitano in serie C compiendo in soli 12 mesi la caduta dalla prima alla terza serie. Mannari incide per quello che può segnando 3 reti in 22 apparizioni, non tutte da titolare. Il declino prosegue l’anno seguente quando Graziano passa al Parma neopromosso in serie A: il tecnico Nevio Scala lo indica alla dirigenza come ideale riserva dello svedese Brolin, ma Mannari, complice l’ottima e continua stagione dell’attaccante scandinavo, vede il campo col contagocce, gioca una decina di spezzoni di gara e non segna mai. Sono le sue ultime apparizioni nella massima serie. Il Parma inizia a girarlo in prestito: Avellino in B e Siena in C1 nella stagione 91-92: mai impiegato dagli irpini, un solo gol coi toscani, Mannari soffre di continui problemi muscolari. Il 92-93 sembra l’anno del rilancio: lo prende il Pisa in serie B e l’allenatore Montefusco gli affida la maglia di attaccante titolare: Mannari e Scarafoni saranno le punte con cui i pisani tenteranno l’assalto alla serie A. Mannari gioca 8 partite e non riesce a fare gol, così a novembre il Pisa ingaggia Christian Vieri e vende l’ex attaccante prodigio del Milan al Ravenna che sta dominando il girone A della C1; Francesco Guidolin, allora tecnico dei romagnoli, è contento dell’acquisto di Mannari, convinto che gli potrà essere molto utile.
Ma la carriera di Mannari finisce in pratica qui: dopo due sole partite si rompe i legamenti del ginocchio e chiude anzitempo una stagione che per il Ravenna varrà la prima storica promozione in serie B e per Graziano sarà invece l’inizio del ritiro dal calcio. All’inizio del campionato 93-94 il Parma rescinde il contratto con Mannari che trova ingaggio sempre in serie C1, sempre in Emilia Romagna, accasandosi all’ambizioso Fiorenzuola. Coi rossoneri gioca solo 11 partite perchè il ginocchio fa ancora crack. Mannari è sfiduciato, non ha più nè la voglia e nè la reattività fisica dei bei tempi; finisce così a fare la riserva, sempre in terza serie, prima nella Pistoiese (con cui contribuisce grazie a 2 reti alla promozione in B) e poi nel Pontedera, infine, limitato dai continui problemi fisici che non gli permettono di allenarsi e di stare al passo con compagni ed avversari, sceglie la strada del dilettantismo giocando varie stagioni nell’Eccellenza laziale con la maglia della Sorianese.
Nel 2003 dice basta, minato da un ginocchio ormai martoriato, e apre assieme alla moglie Danila un negozio di abbigliamento a Cecina. L’avventura col pallone pare destinata a restare solo un ricordo per Mannari, finchè non viene chiamato da Gigi Maifredi e dal suo team di ex calciatori che partecipano alla trasmissione Rai Quelli Che il Calcio, in un simpatico siparietto che ogni domenica fa vivere allo spettatore sprovvisto di pay-tv, i gol della giornata, ben imitati dal gruppo allestito da Maifredi. Mannari si diverte, ha uno spirito positivo ed una voglia matta di calciare in porta il pallone, chi se ne frega se i gol li hanno fatti gli altri e lui deve solo farne una sorta di copia-incolla. Il destino gli ha tolto una carriera promessa, lui si riprende qualcosa.
Mannari è tornato a Cecina dove ha giocato con la locale squadra di Calcio a 5 e dove ha allenato le giovanili della formazione toscana, prima di ricoprire anche il ruolo di osservatore di talenti per il Milan. La sua resta una storia forse come tante, un giovane talento a cui infortuni e un carattere non particolarmente agguerrito hanno tarpato le ali verso il successo conclamato, eppure la storia di Graziano Mannari resta unica, per quella doppietta alla Juve, per quel gol davanti ai 90 mila del Bernabeu, per quel canto del cigno così rapido che non ha dato neanche il tempo alla gente di chiedersi: “Ma quel ragazzo che segnò nel Milan una doppietta alla Juve qualche anno fa, che fine ha fatto?”.