Zamparini dice basta. Palermo saluta il mangia-allenatori
Nell’aria da diversi giorni, se non da diversi anni, da oggi può considerarsi ufficiale: Maurizio Zamparini si appresta a salutare il mondo del calcio.
Con un comunicato apparso sul sito ufficiale dei rosanero, seguente le dichiarazioni verbali dello stesso presidente rosanero divulgate la scorsa settimana, è stata ufficializzata la cessione del club palermitano al fondo d’investimento americano Integritas Capital, di cui è il fondatore l’ex-Iena e Paul Baccaglini; dopo oltre trent’anni si chiude quindi un’esperienza, quella di Zamparini nel mondo del calcio, che nel bene e nel male ha lasciato un segno nel football nostrano.
Un avventura cominciata, dopo una prima esperienza con il Pordenone, acquisendo nel 1987 il Venezia Calcio in Serie C2, salvato dal fallimento tramite la fusione con il Mestre. Promosso in Serie C1 alla seconda stagione di presidenza Zamparini, e in Serie B nella stagione 1990-91, il Venezia centra nel 1997-98 una storica promozione in Serie A (che ai lagunari mancavan da trent’anni) guidato da Walter Novellino in panchina e Stefan Schwoch in attacco, che conducono i neroarancioverdi al secondo posto in classifica dietro la Salernitana di un giovane Marco Di Vaio. Dopo la prima stupefacente salvezza, coronata anche grazie agli 11 gol in cinque mesi di Campionato di un giovane Recoba, la stagione 1999/’00 non conferma le attese, e il Venezia sprofonda in Serie B; i veneti, che con Novellino sceso (geograficamente, e di categoria) al Napoli, alternano sulla panchina Luciano Spalletti, Giuseppe Materazzi, ancora Spalletti e infine Francesco Oddo, nella prima grande abbuffata di allenatori di Zamparini in Serie A (fenomeno che nelle categorie inferiori si era già palesato con costanza, come possono testimoniare tra gli altri Alberto Zaccheroni e Gianpiero Ventura).
La risalita in Serie A, grazie a un giovane Cesare Prandelli è immediata, così come la ridiscesa in Serie B e l’addio a Venezia di Zamparini, che attraversa l’Italia da Nord a Sud, deciso a fare le cose in grande in un’altra grande città di mare del Belpaese: Palermo.
Zamparini rileva la proprietà del club siciliano da Franco Sensi nel 2002, e contraddistingue subito con il suo marchio il club rosanero: quattro i tecnici cambiati dal vulcanico Zamparini, che nella sua prima stagione in Sicilia chiude al quinto posto il Campionato di B roteando il povero Roberto Pruzzo (tecnico per un giorno e vittima del cambio di proprietà), Ezio Glerean, Daniele Arrigoni e Nedo Sonetti. La stagione successiva, quella 2003/04, vede il Palermo protagonista di una sontuosa campagna acquisti, che porta in Sicilia: Gianluca Berti, Michele Ferri, Christian Terlizzi, Ighli Vannucchi, Andrea Gasbarroni, Eugenio Corini, Franco Brienza, Gaetano Vasari , Simone Pepe e, ciliegina sulla torta, Luca Toni dal Brescia cui si sommano, a Gennaio, Jeda, Grosso, Biava e i gemelli Filippini. Il Palermo 2003/04 è una vera e propria Ferrari per quel Campionato di Serie B, eppure il cambio di guida tecnica non può mancare, anche se questa volta si rivela azzeccato: protagonisti sono Silvio Baldini e Francesco Guidolin, con il secondo che subentra al primo guidando i rosanero al primo posto in classifica del Campionato di Serie B conclusosi nel 2004.
L’esperienza di Zamparini in Sicilia, dopo la promozione in Serie A, è un misto di storia e cronaca: ai primi fantastici anni, contrassegnati da ripetute partecipazioni alla Coppa UEFA (con la Champions League svanita per un soffio) e una serie di piazzamenti alle spalle delle grandi storiche che promuovono Palermo nell’aristocrazia del nostro calcio, prima di un graduale disimpegno e ridimensionamento iniziato nel 2011 e culminato dopo le cessione dei vari Hernandez, Pastore, Sirigu, Balzaretti, Cassani, Kjaer e compagnia con la retrocessione della stagione 2012/13. Tornato in Serie A nella stagione successiva, sotto la guida di Giuseppe Iachini, il Palermo è il fratello brutto dell’ambizioso Palermo di 10 anni prima, come testimoniano gli scarni investimenti di Zamparini sul suo giocattolo e le cessioni dei tre talenti più puri della squadra: Franco Vazquez, Paulo Dybala e Andrea Belotti.
Aldilà del ridimensionamento del Palermo, figlio anche di una fisiologica incapacità di Zamparini di mantenersi ai livelli di spesa di un decennio fà, il più grande limite incontrato da Zamparini negli oltre trent’anni di esperienza nel mondo del calcio è figlio forse proprio del grandissimo impegno e del tanto amore e di investimenti di cui si è reso protagonista l’imprenditore veneto. Incapace di mantenere il dovuto distacco dalla gestione tecnica del Venezia prima, e del Palermo poi, Zamparini ha da sempre manifestato una invasività nella conduzione della squadra tale da alimentare l’infinità schiera di avvicendamenti tecnici di cui a breve renderemo onore, rischiando di non lasciare invece spazio nei ricordi della gente ai meriti per le tante intuizioni felici e i tanti talenti scovati nel corso degli anni (da Spalletti a Prandelli in panchina, da Pastore a Dybala sul campo). Gli ultimi anni di Palermo parlano da soli, con una piazza affamata di calcio condotta letteralmente allo scatafascio, costretta ad assistere a uno “spettacolo” che di fatto ha avuto l’effetto di esaurire anche la pazienza dei palermitani, costretti ad assistere impotenti al naufragio di uno dei peggiori Palermo Calcio di sempre con tra le scene più inverosimili, come quella degli otto allenatori cambiati nel corso della stagione passata.
E, nel salutare Zamparini il “Mangiallenatori”, non si può non pensare a tutti quegli allenatori che, a volte anche per un giorno (come il malcapitato Pruzzo), ne sono stati dipendenti: Ferruccio Mazzola, Aldo Cerantola, Giovan Battista Fabbri, Antonio Pasinato, Giuseppe Sabadini, Alberto Zaccheroni (cinque volte), Rino Marchesi, Pietro Maroso (due volte), Gianpiero Ventura (due volte), Gianni Bui, Luigi Maifredi, Gabriele Geretto (due volte), Giuseppe Marchioro, Gianfranco Bellotto (tre volte), Walter De Vecchi e Franco Fontana, Walter Novellino (due volte), Luciano Spalletti (due volte), Giuseppe Materazzi, Francesco Oddo, Cesare Prandelli, Alfredo Magni (due volte), Sergio Buso, Roberto Pruzzo, Daniele Arrigoni, Nedo Sonetti, Silvio Baldini, Francesco Guidolin (cinque volte), Luigi Delneri, Francesco Papadopulo, Pergolizzi e Gobbo, Stefano Colantuono (tre volte), Davide Ballardini (tre volte), Walter Zenga, Delio Rossi (due volte), Serse Cosmi, Stefano Pioli, Devis Mangia, Bortolo Mutti, Giuseppe Sannino, Gianpiero Gasperini, Giuseppe Sannino, Gennaro Gattuso, Giuseppe Iachini, Fabio Viviani, Giovanni Bosi (due volte), Giovanni Tedesco, Roberto De Zerbi, Eugenio Corini e Diego Lopez. Queste le tante (troppe) vittime di Zamparini, talvolta sostituiti per giusta causa ma più spesso martiri caduti sotto i colpi di testa di un presidente tanto geniale quanto vulcanico che, forse, a volte avrebbe dovuto pensare ad esonerare se stesso.
di Michael D’Costa