Editoriale. Perché parlare a mia figlia della Resistenza
Ha ancora senso parlare ai nostri figli di antifascismo e Resistenza? Sì, perché oggi il fascismo non indossa più la camicia nera ma si cela nelle pieghe della nostra società. Si nasconde nelle paure e nelle ricette proposte da molti politici nostrani.
Questo è il mio primo 25 aprile da padre e così nel 2017, a 72 anni dal giorno della Liberazione, mi sono domandato se, da qui a qualche anno, avrà ancora senso parlare a mia figlia di antifascismo, raccontarle le vite, le rinunce e le vittorie delle donne e degli uomini che combatterono eroicamente contro la dittatura e i suoi fiancheggiatori.
Anni fa in un’intervista Carla Capponi, una delle donne più attive della resistenza romana, disse: non ho nessun merito personale nell’aver compreso precocemente la pericolosità della dittatura fascista, il merito va tutto ai miei genitori che, con molta prudenza, ci istruivano via via che crescevamo contro i falsi slogan dell’ideologia fascista. Una frase che mi affida una responsabilità di non poco conto, rileggendola ho compreso perfettamente quanto fosse importante, e anzi necessario, educare mia figlia secondo quei valori.
Perché oggi il fascismo, anche se non indossa più la camicia nera e appare solo come un brutto e lontano ricordo, continua a nascondersi nella nostra società. Sui palchi dove si urla l’importanza di difendere i confini dallo straniero si cela il fascismo. Si camuffa nel comitato di quartiere che la sera si impegna nella ronda in difesa dei bambini dall’uomo nero. Dentro i Cie, negli attacchi alle Ong che salvano vite in mare, dietro i muri alzati per tenere fuori chi scappa da guerra e fame, lì c’è il fascismo. È lì, nascosto nei dogmi di chi pretende di poter decidere come è giusto vivere e come morire e si batte contro il testamento biologico e l’eutanasia. Negli ospedali pubblici in cui si ostacola il rispetto della legge 194 e il diritto all’aborto, il fascismo si palesa plasticamente. Nelle liste di giornalisti sgraditi pubblicati su un blog o nelle espulsioni dei militanti che non raccolgono il favore del capo c’è il fascismo. Così come nei provvedimenti di chi cancella diritti in nome della crescita economica.
Mentre in Europa, e non solo, i rigurgiti fascisti prendono piede con l’avanzata delle destre nazionaliste e xenofobe, dovrò insegnarle l’importanza dell’antifascismo rendendola in grado di riconoscerlo in ogni forma di prevaricazione per poterlo combattere senza tregua.
Raccontarle la vita di partigiani come Carla Capponi e Sasà Bentivegna è doveroso perché la democrazia in cui lei oggi cresce è un loro dono. Certo, nel nostro Paese le cose da correggere sono ancora tante, negli anni molte lotte hanno cercato di migliorarne un pezzetto, alle volte hanno vinto, altre hanno perso. Toccherà a lei tenere alta la guardia, cercare di migliorare la nostra democrazia con le lotte che riterrà giuste. Quello che mi auguro, dal canto mio, è che le sue armi siano l’attenzione verso l’altro, la conoscenza e la sete di giustizia.
(di Pierfrancesco Demilito)