Editoriale. Il Capitalismo e la tecnica

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Cosa si prova quando le nostre certezze che credevamo imperiture, eterne, sono in realtà “colossi d’argilla alla prova del tempo?

Qualcuno ha detto che la filosofia è nata grande e, d’altronde,  come scordare il famoso detto di Anassimandro che campeggia nella storia  e per il quale il tempo è l’arbitro che giudica dello svanire delle cose. Si badi bene, il tempo non decide quando le cose debbano apparire, dal granello di sabbia, all’animale, dall’uomo alla divinità, ma ritiene che l’ingresso nella realtà, in poche parole, la richiesta di visibilità  si renda colpevole, se non altro di supponenza, ignorando che l’eternità spetta solo alla legge temporale stessa e non alle sue creature.

Compiendo un balzo nella storia, ci sembra di vedere lo sguardo beffardo di Anassimandro il quale sorride del fatto che l’uomo ha creduto di essere un novello Prometeo, e quindi di prendere il posto degli dèi, in questo caso di salire sul trono di Kronos, del tempo e di governarlo. La conquista della tecnica sarebbe stata comunque  il nostro destino. Su questo tema si è espresso recentemente uno dei più importanti filosofi del nostro tempo, l’ottuagenario  Emanuele Severino, il quale con il suo: “Tramonto della Politica”  è tornato a riflettere sul fatto che la tecnica  – come ci ricorda nella prefazione al saggio l’editore Rizzoli – ha la pretesa di essere la via sicura per il “governo del Mondo “, e pertanto essa incarna: “ La volontà di disfarsi  di quella verità assoluta che il tempo presente vuole abbandonare.

Capitalismo - N01

In questo processo il capitalismo, per trionfare sui propri nemici, dopo avere emarginato la politica, deve sfruttare a fondo le potenzialità della tecnica, la quale è divenuta sempre più forte e ora da serva si è trasformata in padrona, svuotando il capitalismo del suo scopo  e conducendolo quindi alla morte”, la Tecnica, afferma Severino è la follia estrema che pervade la nostra cultura .

In ogni caso per sapere se la tesi di Severino possa essere corroborata alla prova del tempo, dobbiamo considerare che i recenti sviluppi del tardo capitalismo riguardano ormai la produzione di bisogni, è difficile pensare che questo esito contrasti o addirittura possa stridere con una certa concezione deterministica dell’economia, per cui le leggi del Mercato che producono numeri a più zeri,  avrebbero tenuto per sempre incatenati  le forze produttive e i rapporti di produzione al “comando del capitano di industria”.

Lo stesso Marx non avrebbe mai pensato che l’economia  si sarebbe dovuta piegare al giudizio del tempo e della storia. Il profitto, il plusvalore, gli investimenti di capitale, il primato della produzione  e   del   consumo  cedono il passo all’organizzazione tecnica della filiera delle Supply chain, ossia della distribuzione di merci e servizi. Fin qui si potrebbe dire che non c’è nulla di nuovo, In fondo è sempre il capitale a gestire gli investimenti della produzione, dobbiamo cercare di chiarire meglio quanto intendiamo sostenere, dicendo che gli ultimi sviluppi del capitalismo sono subordinati alla produzione di bisogni.

Dobbiamo cercare di comprendere cosa si intende per produzione di bisogni, e soprattutto quale legame possa esserci con la distribuzione delle merci. Come ci ha ricordato U. Beck, nel nostro tempo, all’economia che  produce investimenti, merci e servizi, si è affiancata un’altra realtà che con la produzione non dovrebbe avere nulla a che vedere, stiamo alludendo all’influenza dei mass-media. Beck aveva notato che i mass-media sono cambiati, non si occupano della semplice circolazione di notizie, ma tendono a influenzare l’opinione pubblica “costruendo” le notizie e creando effetti tesi a massimizzare l’ascolto.

Lo spazio di autonomia cercato dall’informazione nel massimizzare l’ascolto si è dimostrato rischioso per la formazione dell’opinione pubblica, in ogni caso  il processo di autonomizzazione si è radicalizzato nell’epoca di Internet e della Globalizzazione. E’ chiaro che non è la comunicazione che si serve di Internet, bensì è l’inverso è Internet che crea la comunicazione e al seguito procede alla costruzione  delle coscienze, facendo di ognuno di noi un perenne personaggio in cerca di autore.

La rete Web, come è noto include la realtà dei social network  e quindi l’edificazione di un mondo sviluppato sull’immaginario collettivo. L’universo social ha per alcuni versi aspetti di autenticità, ed è proprio questo che lo rende vulnerabile, in quanto l’elemento della socializzazione è strumentalizzabile, essendo fondato sul primato del desiderio. Desiderio di comunicare, di appartenere, di essere, ecc., senza che si renda evidente che la produzione e la massimizzazione del desiderio include un progressivo bisogno di soddisfazione. La natura dei bisogni deve essere soddisfatta ed esaudita immediatamente, pertanto i bisogni devono entrare in simbiosi con la possibilità di essere soddisfatti nel minore tempo possibile.

Arriviamo al punto: solo in quanto la rete Web rappresenta un universo autonomo è non è il frutto delle dinamiche del mercato e del capitale, non è un mero epifenomeno – si diceva un tempo –   può influenzare l’economia. L’organizzazione tecnica della comunicazione coincide con l’universo delle relazioni virtuali di gusti tendenze, stili di vita che orientano gli investimenti del capitale verso esiti in cui la produzione e il consumo sono subordinati alla rete Web 2.0.

Dopo queste considerazioni, molto succintamente argomentate, dobbiamo affermare che il professor Severino ha ragione è l’organizzazione tecnica che guida il capitale anche se, indipendentemente dalla nostra analisi  e  dalle  conclusione  a  cui  siamo giunti,  il Professore pensa che il capitalismo  è  destinato  a  finire  soprattutto perché rimane prigioniero dell’illusione che solo il controllo pianificato del presente possa sfuggire al nulla.

Una pia illusione, sostiene il Nostro, visto che il controllo pianificato del presente, lo sforzo titanico che ne segue è esso stesso fondato sulla convinzione che la  realtà sia un nulla, e pertanto possa assumere qualsiasi sembiante. Questo è l’esito a cui dobbiamo giungere, circa la fine dell’Occidente e il tramonto della Politica? Dobbiamo favorire l’affermazione di una nuova antropologia 2.0 molto ben pensata e resa efficiente dalla  Web-ecpnomy sviluppata nei paesi asiatici? Oppure ci impegniamo a recuperare i valori di un Occidente che partendo dalla Storia, rimetta al centro il valore dell’umanità, e con essa della solidarietà, della giustizia, e della libertà responsabile?

(di Giuseppe Carcea)

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3 thoughts on “Editoriale. Il Capitalismo e la tecnica

  1. Nell’ era della galassia gutemberg la comunicazione è organizzata dalla rete Internet, pertanto il mercato è subordinato al nuovo dio….Noni dispiace come tesi.

  2. La politica non è più il motore della Civiltà, ormai e serva del potere. E poi, il capitalismo alla fine? Penso che il Mondo e alla fine.

  3. I valori sono , da troppo tempo, questione di etica pubblica, pertanto sono misurati dall’ azione politica e dai suoi fallimenti….o successi? Beh, speriamo che i valori della nostra Civiltà possano essere riscoperti. Mentre sotto una coltre molto spessa fatta di oblio riposa l ‘ inquieta relazione tra l’ eredità del Cristianesimo e la Società moderna.

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