Amarcord: Giuliano Sonzogni, un professore in panchina
Maestro, colonnello, sergente, imperatore: agli allenatori di appellativi se ne sono sempre dati tanti, ma quando si definisce Giuliano Sonzogni “il professore”, effettivamente c’è poco da ridere, anzi, c’è da soffermarsi sulla sua storia, a metà fra la difficoltà di emergere ed una vita benestante che gli ha aperto tante porte.
Giuliano Sonzogni nasce a Zogno (Bergamo) il 2 febbraio 1949. E’ un ragazzo serio e puntiglioso, studia e legge moltissimo, proviene da una famiglia agiata che non gli fa mancare nulla e intravede in lui un futuro da manager o da dirigente di grande società. Il giovane Sonzogni va avanti per la sua strada, grazie alle possibilità economiche di cui dispone, viaggia in Europa e nel frattempo si permette il lusso di fregiarsi di ben tre lauree: una in lingue, una in sociologia e un’altra in pedagogia; niente male, insomma. Nel frattempo, però, Giuliano Sonzogni nutre una sfrenata passione per il calcio, anche se a lui più dei calciatori interessa la tattica, i moduli, le disposizioni in campo; il passo fra l’ammirazione in televisione e l’iscrizione al corso di Coverciano per diventare allenatore è brevissima e Sonzogni è certo di potercela fare, sogna già le panchine dei campionati professionistici, senza sapere che la sua scalata sarà dura, molto più dura di tanti altri.
Il corso di Coverciano prevede un esame preliminare, da svolgere dopo aver frequentato le lezioni. Sonzogni è quel che si dice un alunno modello: piglia appunti, apprende tutto, interviene, a volte sembra quasi più preparato dell’insegnante vero e proprio. Tutto facile, basta passare l’esame, insomma. E invece facile non lo è per nulla, poichè quel ragazzo così intraprendente e preparato non passa l’esame per ben quattro volte e in tutte le occasioni si sente ripetere la stessa solfa: “Lei è bravo, signor Sonzogni, anzi è il più preparato del gruppo, ma vede, gli altri hanno un passato da calciatore…”. Gli ex giocatori gli passano davanti, nonostante la loro preparazione sia inferiore alla sua, a Sonzogni questo non sta bene, il suo carattere poco accondiscendente e la sua testardaggine lo mandano avanti, più ci sbatte la testa e più è pronto a riprovarci, fin quando al quinto tentativo viene promosso e può così frequentare il corso per allenatori e prendere il patentino. Ma il neo allenatore sa anche che per lui, emerito sconosciuto, ottenere e mantenere una panchina sarà complicato, dovrà essere perfetto, forse anche innovativo; amante della zona e del calcio offensivo, per Sonzogni vincere significa anche dare spettacolo, anche a costo di far venire un infarto ai tifosi e ai dirigenti, come gli rimproveranno al suo primo vero incarico, la Virescit Boccaleone: dopo un buon inizio, infatti, la Virescit è una delle squadre più divertenti della serie C, ma l’estenuante tattica del fuorigioco, la difesa alta e i continui capovolgimenti di fronte, di chiaro, chiarissimo stampo sonzogniano, urtano la suscettibilità della dirigenza bergamasca che chiama il tecnico in sede e gli comunica l’esonero: “La squadra è spettacolare e divertente – gli dicono – ma non possiamo farci venire un accidente ogni domenica, le nostre coronarie non ce la fanno più”. Sonzogni va via sconsolato, la Virescit retrocede a fine stagione.
Ma ormai Giuliani Sonzogni è un tecnico in rampa di lancio, ed è anche un tipo curioso: da qualche anno, sin da quando giocava nella provincia di Bergamo, ha una Porsche con cui sfreccia per arrivare ai ritiri e in allenamento, in campo è un duro, ma sa pure ascoltare i propri calciatori. Il capolavoro lo compie a Siracusa quando nel campionato di serie C1 1994-95 conduce la squadra siciliana che ha alle spalle una società sull’orlo del fallimento ed una città in piena crisi economica, fino alla semifinale dei playoff per la serie B, persa contro l’Avellino ai calci di rigore; una squadra eccezionale quella sicula, corta, veloce e spettacolare, zona e fuorigioco applicate fino alla noia; Sonzogni sembra un predicatore, ma tutti lo seguono e nello spogliatoio lo chiamano professore, per via delle lauree e del suo modo di spiegare la tattica alla lavagna. La sconfitta contro l’Avellino è una delusione enorme a Siracusa, ma spalanca a Sonzogni le porte della serie B: lo chiama infatti la Fidelis Andria che ha appena salutato il vecchio tecnico Bellotto che ha condotto i pugliesi fino al 12.mo posto in classifica, conquistando una salvezza più che tranquilla. La serie B inizia a conoscere questo personaggio un po’ curioso, molto al di sopra delle righe, completamente anticonformista: “Io odio le mode – dice in un’intervista al Guerin Sportivo dell’estate del 1995 – e ne sono un avversario dichiarato. Alleno calciatori che pensano ancora al vestito firmato, al telefonino che va tanto di moda, alcuni sono addirittura schiavi delle mogli e delle fidanzatine che pretendono di decidere ogni cosa. Posso allenare questi ragazzi, ma non posso dir loro come comportarsi, io sono un allenatore di calcio e non un educatore; la tattica puoi impararla anche a 30 anni, la cultura e la filosofia del lavoro no, devi averla insita in te”.
Andria e il calcio italiano sembrano ammirati ed incuriositi da questo allenatore esordiente che non ha la minima paura di confrontarsi col pallone dei grandi, anzi, sembra quasi presuntuoso e lui sa di esserlo, senza che ciò ne scalfisca idee e certezze. E a chi gli fa notare che lui, così anticonformista ed avversario delle mode, fin da ragazzo arrivava agli allenamenti in Porsche, risponde: “Guardi che a me la Porsche serviva per arrivare prima ed accorciare i tempi; con una macchina normale ci avrei messo di più ad arrivare, con una vettura veloce come la Porsche ci mettevo un quarto del tempo”. Vagli a dare torto. Emergono poi anche aneddoti incredibili su di lui e fino ad allora sconosciuti: Sonzogni racconta che tempo addietro era stato convocato dalla Juventus e da Giampiero Boniperti in persona che voleva affidargli una squadra del settore giovanile bianconero. “Innanzitutto mi ero già seccato perchè mi fece fare due ore di anticamera – racconta il tecnico – e poi mi disse che prima di assumermi voleva che regolassi un mio rapporto amoroso, ovvero che sposassi la donna con cui stavo. A me non fregava nulla di sposarmi all’epoca, così rinunciai”. Ha detto di no alla Juve, Sonzogni, come Gigi Riva, meglio di Roberto Baggio. Giuliano Sonzogni è davvero un uomo particolare, a Siracusa ricordano ancora quando dopo una sconfitta contro l’Ischia, fece impazzire il metal detector dell’aeroporto di Napoli poichè non si riusciva a capire cosa avesse di metallico addosso e alla fine, dopo vari passaggi, si era rivolto con toni non propriamente oxfordiani alle forze dell’ordine, rischiando perfino il fermo.
La serie B 1995-96 inizia e molti occhi sono per la Fidelis Andria di Sonzogni, il tecnico esordiente. La squadra è un mix fra giovani promesse e calciatori più esperti, sembra in grado di conquistare di nuovo la salvezza, la quarta consecutiva in altrettante stagioni cadette per la formazione biancoazzurra; la stella della compagine andriese è Federico Giampaolo, attaccante di fantasia che ha estro e classe, prodotto del settore giovanile della Juventus. Sonzogni schiera la squadra a zona sostenendo che il suo modulo e il suo credo tattico resteranno tali qualunque cosa accada: “Sono un presuntuoso, lo so – afferma il tecnico al termine della prima giornata e del ko casalingo della sua formazione contro il Bologna per 2-0 – ma io conosco il mio mestiere e voglio continuare a farlo così. Amo la zona e così intendo proseguire, già l’anno scorso in serie C siamo partiti in 14 a giocare in linea e siamo rimasti in 2”. Nelle prime 10 giornate l’Andria vince 3 partite, gioca pure bene ma subisce troppi gol e la difesa schierata da Sonzogni alle volte si dimentica degli attaccanti avversari, come nel caso della sconfitta di Palermo (3-2) o della sconfitta casalinga di novembre contro il Perugia, 0-3, una domenica nella quale anche il presidente pugliese Fuzio sembra stufo di quell’allenatore che bada alla bellezza e sostiene che la sua sia la miglior squadra del torneo, ma che ottiene risultati altalenanti. Ma tutta la rosa della Fidelis Andria è col proprio allenatore, perchè, a conti fatti, Sonzogni insegna calcio, è disponibile coi propri calciatori ed è convincente nel declamare i suoi credo, i suoi dogmi, è un leader. Si dice orgoglioso della sua presunzione, perchè si ritiene anche un allenatore concreto e pratico, in grado di ottenere esattamente i risultati che si prefissa.
Ma il campionato della Fidelis Andria procede a fasi alterne: si passa dai trionfali 4-0 casalinghi contro Genoa e Palermo, ai tanti e troppi inutili pareggi contro formazioni concorrenti per la salvezza. La zona retrocessione è sempre lì, per i pugliesi sembra impossibile tirarsene fuori definitivamente; a fine aprile la situazione è disperata, la dirigenza pensa al cambio di panchina per salvare il salvabile, Sonzogni va avanti per la sua strada, incurante del resto. Il 26 maggio 1996, a tre giornate dalla fine del campionato, la Fidelis Andria perde pesantemente 5-1 a Pescara, riducendo le sue possibilità di salvezza, anche se non drasticamente; il dopopartita è burrascoso, la società decide di esonerare Sonzogni e scegliere la soluzione interna chiamando in panchina Stefano Boggia, ma nonostante l’1-0 contro il Cesena della 37.ma giornata, i pugliesi retrocedono a causa della sconfitta nell’ultimo turno in casa del Genoa e soprattutto della concomitante vittoria del Brescia a Cesena: lombardi salvi e pugliesi in C1. Sonzogni, resta così a spasso, convinto che il suo esonero sia stato ingiusto e che con lui la salvezza sarebbe stata ancora possibile; crede ancora in una chiamata dalla serie B.
Finisce invece a Gualdo Tadino (PG) ad allenare in C1 la locale squadra che ha appena sfiorato la serie B e che vive gli anni più gloriosi della sua storia; ma di glorioso, nell’avventura di Sonzogni a Gualdo c’è ben poco: altro esonero ed altra successiva chiamata dalla serie C1, stavolta da una grande piazza, Cosenza, con la formazione calabrese appena retrocessa dalla serie B. In Sila si rivede il Sonzogni di Siracusa: la squadra rossoblu è una macchina perfetta e il suo tecnico si muove in panchina come un autentico direttore d’orchestra, si fa seguire dai suoi calciatori che ben presto capiscono come la promozione sia assolutamente alla loro portata. La cavalcata del Cosenza è una marcia inarrestabile e, nonostante l’agguerrita concorrenza della Ternana che tallona i calabresi, la compagine di Sonzogni resta al comando della classifica dalla prima all’ultima giornata quando sul campo di Casarano vince 2-1 e festeggia il ritorno in serie B dopo un solo anno; una squadra eccezionale, votata all’attacco ma solida anche in difesa e che ha come protagonista il centravanti Massimo Margiotta che segna 19 reti e in panchina il tecnico Giuliano Sonzogni, artefice di un cammino strepitoso con sole 4 sconfitte subite, meritandosi una nuova possibilità in serie B. Sembra più malleabile il nuovo Sonzogni che esordisce nel campionato 1998-99 con una clamorosa vittoria per 2-1 al San Paolo di Napoli dopo aver spaventato la Lazio in Coppa Italia ad agosto; pare l’inizio di un’altra annata felice per il tecnico bergamasco e per il Cosenza, ma non sarà così. Fra il 1 e il 29 novembre, infatti, la formazione silana perde 4 gare di fila contro Ravenna, Monza, Atalanta e soprattutto Pescara, vittorioso al San Vito di Cosenza per 5-1, un punteggio che spinge la società ad allontanare Sonzogni dalla panchina, con tanti saluti a lui e alla sua promozione di nemmeno 6 mesi prima. Deja-vù: due volte in serie B e due volte esonerato dopo un ko per 5-1 contro il Pescara.
E’ una bella mazzata sul morale di un tecnico che aveva sì incontrato qualche difficoltà, ma che difficilmente avrebbe fatto peggio di quanto poi concretizzerà il suo successore De Vecchi, cacciato a sua volta a tre giornate dal termine col Cosenza in piena zona retrocessione e al cui capezzale viene richiamato ancora Sonzogni che nelle ultime tre gare riesce a conquistare una sofferta salvezza grazie a due vittorie casalinghe contro Cremonese e Cesena, e al pareggio di Lucca. Risultato ottenuto, rivincita presa, Sonzogni lascia Cosenza più sicuro di sè che mai e parte per la Svizzera, chiamato dal Lugano dove rimarrà per poco, giusto il tempo di farsi conoscere anche lì e di tornare in Italia per sostituire Morgia a Palermo in C1. E’ la stagione 1999-2000, il patron del Palermo Franco Sensi progetta il ritorno in B per la stagione successiva e conferma Sonzogni in panchina: i siciliani sono in piena corsa promozione per l’intero campionato, sono anzi in testa spesso nonostante i corregionali del Messina siano anch’essi attaccati al primo posto. Il 1 maggio 2001 il Palermo lo esonera dopo il 2-2 casalingo contro la sua ex Fidelis Andria; arriverà al suo posto Ezio Sella che vincendo le ultime due partite contro Nocerina ed Ascoli, ed approfittando del clamoroso tonfo finale del Messina ad Avellino centrerà una promozione in serie B largamente da attribuire a Sonzogni.
Il personaggio Sonzogni termina in pratica qui, mentre l’allenatore continua il suo lungo peregrinare nella serie C italiana: Avellino, Spal, Monza (dove sfiora la promozione in serie B perdendo la finale playoff per due volte consecutive, col Genoa nel 2006 e col Pisa l’anno dopo), Alessandria, perfino un ritorno a Siracusa, la città e la squadra che lo aveva lanciato da tecnico quasi sconosciuto, fino all’avventura bulgara nel Botev Vratsa dove viene cacciato dopo 5 sconfitte in altrettante gare, una rete all’attivo e ben 16 incassate. Giuliano Sonzogni resta un inguaribile estremista, forse un po’ arrogante, forse troppo dogmatico, certamente un profondo conoscitore del calcio e della sua tattica, forse anche più di tanti suoi colleghi più affermati; insegnanti di calcio ce ne sono molti, di professore in panchina, invece, ce n’è uno solo.
di Marco Milan