Economie regionali, pubblicato il rapporto di Bankitalia
di Elena Angiargiu
L’economia reale stenta a riprendersi e nonostante qualche segnale positivo in alcune aree geografiche, la ripresa è ancora lontana. È questo, in sintesi, lo scenario delineato dalla Banca d’Italia nel rapporto autunnale sull’economia delle regioni italiane pubblicato agli inizi di novembre.
Le dinamiche congiunturali, valutate sulla base dei dati Istat del 2010 ed integrate con i risultati delle indagini condotte dall’Istituto di Via Nazionale, mostrano situazioni differenziate a livello territoriale e settoriale. L’attività economica nel Nord del Paese ha subito una battuta d’arresto nei mesi estivi e nello stesso periodo, a causa dell’instabilità dei mercati finanziari, sono peggiorate le aspettative imprenditoriali su tutto il territorio nazionale. La crisi ha determinato un ristagno generale delle attività economiche sia al Centro che al Sud nei primi nove mesi dell’anno, mentre l’export è leggermente aumentato sia a Nord che a Sud. Per quando riguarda le condizioni creditizie, il ritmo di crescita dei prestiti alle imprese è calato al Centro Nord e rimasto costante nel Mezzogiorno, ma il Sud risente di una maggiore rischiosità del credito.
Rallenta l’attività industriale e si conferma il pessimismo sui piani di investimento per il prossimo anno. Sono invece confortanti i dati sulle esportazioni, in aumento rispetto al secondo semestre del 2010, sebbene solo al Centro siano stati superati i livelli pre-crisi, mentre crolla il settore delle costruzioni, in particolare nel Nord Est, che ha accusato un forte calo della redditività. Piani di attività rivisti al ribasso per le imprese dei servizi privati, in tutte le aree territoriali, ad eccezione del Nord Ovest. Se i dati Istat indicano un lieve aumento dell’occupazione nel primo semestre dell’anno, l’indagine della Banca d’Italia sulle imprese dell’industria e dei servizi evidenzia un calo dell’occupazione rispetto al 2010 prima al Centro e poi nel Mezzogiorno. Stabile l’occupazione nelle altre aree. In diminuzione le ore di Cassa integrazione guadagni (CIG) in tutte le ripartizioni territoriali.
Il rapporto, oltre agli aggiornamenti congiunturali sull’economia e l’intermediazione finanziaria, presenta alcuni approfondimenti tematici e monografici affrontando, tra gli altri, il tema dell’occupazione dei giovani, con particolare riferimento alla consistenza dei flussi nelle diverse aree geografiche.
OCCUPAZIONE GIOVANILE – Tra le tendenze più significative, emerge un calo dell’occupazione giovanile soprattutto nel Mezzogiorno, in misura più marcata nell’ultimo biennio. Tuttavia, nel periodo 2005-2010, il tasso di occupazione dei giovani è calato in tutte le ripartizioni territoriali facendo registrare una diminuzione di cinque punti percentuali nella media nazionale. La creazione di nuova occupazione si è ridotta sia nel 2009 sia nel 2010 per i giovani tra 15 e 34 anni, mentre i flussi in entrata sono tornati a crescere nel 2010 ma soltanto per i lavoratori con almeno 35 anni.
Sempre più problematica la situazione dei giovani disoccupati che, con l’imperversare della crisi, è divenuta oggetto di una crescente attenzione da parte dei media, soprattutto nelle ultime settimane. Se nel 2008 per un disoccupato la probabilità di trovare un’occupazione entro l’anno arrivava al 33,5%, nel 2010 tale probabilità è scesa al 26,7%. Permangono, anche se meno accentuate rispetto al periodo pre-crisi, alcune differenze territoriali. Stando ai dati del 2010, i disoccupati del Nord Ovest e del Nord Est sembrano avere maggiori prospettive d’impiego (33,0% e 37,2%) rispetto a quelli del Centro e del Mezzogiorno (25,9% e 21,3%).
I NEET – Le nuove generazioni appaiono scoraggiate e inattive. A dimostrarlo è la crescita dei Neet (Not in Education, Employment or Training), quel nutrito numero di giovani che non studia, non lavora e non frequenta un corso di formazione. Nel 2010 sono 2,2 milioni, pari al 23,4% della popolazione italiana tra 15 e 29 anni, in aumento soprattutto al Nord e al Centro e tra le donne. Nel Mezzogiorno superano il milione.
Una condizione, sostengono i ricercatori della Banca d’Italia, «solo in parte collegata al fenomeno della disoccupazione» e «non necessariamente permanente». Ma i dati, in proposito, sono poco confortanti: risulta sempre più difficile cambiare la propria condizione, soprattutto per chi proviene dal Nord Est e dal Centro, le stesse aree che prima della crisi presentavano i più alti tassi di uscita. Non fanno eccezione i laureati, che rappresentano il 20,5% dei Neet. Nette le differenze territoriali: al Sud la quota di Neetlaureati e specializzati è il doppio del Nord.
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