Separazione e prole, quando cessa l’obbligo per l’assegno di mantenimento ai maggiorenni
Approfondimento della sentenza N. 10207 del 26 aprile 2017 della Cassazione
In caso di separazione coniugale, quando cessa l’obbligo dell’assegno di mantenimento ai figli maggiorenni? A questa domanda risponde l’avvocato Edoardo Spighetti che commenta la sentenza N. 10207 del 26 aprile 2017 della Cassazione. Il raggiungimento della maggiore età non corrisponde al raggiungimento della indipendenza economica. Ecco perché.
L’obbligo di versare il contributo di mantenimento per i figli maggiorenni al coniuge presso il quale convivono cessa soltanto nel caso in cui il genitore obbligato provi che essi abbiano raggiunto l’indipendenza economica ovvero che essi si sottraggono volontariamente allo svolgimento di un’attività lavorativa adeguata; pertanto, la revoca di tale obbligo non può essere legata al mero conseguimento di una laurea triennale.
La separazione coniugale, quando si è in presenza della prole, produce i suoi effetti giuridici non solo nei riguardi dei coniugi ma si estende anche nel rapporto dei genitori verso i figli. I coniugi, infatti, non sono tenuti alla osservanza delle obbligazioni nascenti dai doveri coniugali ma permangono a loro carico i doveri genitoriali di provvedere alla cura, educazione ed istruzione dei figli.
Con la recente normativa introdotta con la legge n. 54/2006 è stato disposto, salvo la grave conflittualità dei coniugi, l’affidamento condiviso dei figli ad entrambi i genitori che, nel rispetto del diritto alla genitorialità, sono chiamati a contribuire in egual misura agli interessi della prole che ha diritto a mantenere un rapporto equilibrato e continuativo con ciascun genitore per una sana crescita psico-fisico ed affettiva. Nell’ambito dei provvedimenti adottati dal tribunale in sede di separazione, assumono rilevanza nei confronti del padre l’obbligo a corrispondere l’assegno di mantenimento verso i figli ed il diritto di visita di avere e tenere con sé i figli minori con il pernotto nella propria abitazione. Il padre, dunque, è tenuto a corrispondere al coniuge presso il quale i figli convivono un assegno mensile di mantenimento in favore degli stessi che viene a determinarsi in riferimento al tenore di vita matrimoniale ed alla capacità reddituale.
L’obbligo al mantenimento, di natura assistenziale, non cessa in modo automatico con il raggiungimento della maggiore età. Il figlio divenuto maggiorenne, infatti, perde il diritto a percepire l’assegno assistenziale quando matura una propria indipendenza economico-reddituale in conseguenza di una stabile occupazione lavorativa ovvero quando non raggiunge tale autonomia economica a causa della sua condotta inadempiente volta al rifiuto immotivato ad una concreta opportunità lavorativa. Il padre che intende far dichiarare l’avvenuta decadenza del figlio al diritto dell’assegno periodico, pertanto, è tenuto a dare la prova in giudizio dell’avvenuta indipendenza o autosufficienza economica del beneficiario ovvero della sua inadempienza all’acquisizione della sua autonomia economica-reddituale.
L’accoglimento della domanda di revoca dell’assegno di mantenimento nei riguardi del figlio maggiorenne è rimessa alla valutazione del giudice del merito chiamato ad accertare e valutare, sulla base di elementi di fatto, la legittimità del rifiuto del figlio ad una occupazione lavorativa in considerazione del percorso degli studi eseguito e della formazione professionale e tecnica acquisita, l’inerzia nella ricerca di un impiego lavorativo nel mercato del lavoro nel settore proprio del corso formativo e professionale, la condotta complessiva personale tenuta dal raggiungimento della maggiore età da parte dell’avente diritto. In altri termini, occorre verificare se la mancata indipendenza economica del figlio maggiorenne non sia addebitabile alla sua condotta inadempiente alla ricerca di un impiego lavorativo.
Come stabilisce la sentenza in esame, è negata la revoca dell’assegno di mantenimento stabilito dal giudice del divorzio nei riguardi del figlio maggiorenne per l’avvenuto completamento degli studi non essendo detta circostanza, alla luce dei requisiti sopra descritti, sufficiente per accertare l’autonomia economico reddituale dell’avente diritto.