Recuperare il credito insoddisfatto dopo la cancellazione della società dal Registro delle imprese
Approfondimento della sentenza N. 7327 del 13 aprile 2016 della Cassazione Civile
Il singolo creditore sociale che rimane insoddisfatto della propria pretesa creditoria a seguito dell’avvenuta cancellazione della società dal registro delle imprese, può agire in giudizio per recuperare il credito nei confronti dei soci e del liquidatore.
A seguito dell’entrata in vigore del D. Lgs. N. 6/2003, la cancellazione di una società dal registro delle imprese provoca l’estinzione dell’ente; tale estinzione dà luogo ad un fenomeno di tipo successorio in virtù del quale le obbligazioni si trasferiscono ai soci, i quali ne rispondono nei limiti di quanto riscosso a seguito della liquidazione o illimitatamente, seconda che essi fossero o meno illimitatamente responsabili per i debiti sociali; i diritti e i beni non compresi nel bilancio di liquidazione della società estinta si trasferiscono ai soci, in regime di contitolarità o comunione indivisa, con esclusione delle mere pretese, ancorché azionate o azionabili in giudizio, e dei crediti ancora incerti o illiquidi, la cui inclusione in detto bilancio avrebbe richiesto u’attività ulteriore.
La società di persone, così come le società di capitali, acquistano la rilevanza giuridica con la iscrizione al competente registro delle imprese del luogo ove ha la sede legale al tempo della costituzione. L’adempimento dell’onere pubblicitario, prescritto dall’art. 2331 c.c., assolve al perfezionamento della costituzione della società con la rilevanza degli effetti giuridici interni tra i soci ed esterni rispetto a terzi. Il legislatore, con il D.Lgs.n.6 del 17 gennaio 2003 ha modificato la disciplina delle società di capitali e, in particolare, la disposizione civilistica dell’art. 2945 c.c. stabilendo, al secondo comma, che dopo la cancellazione i creditori sociali non soddisfatti possono far valere i loro crediti nei confronti dei soci, fino alla concorrenza delle somme da questi riscosse in base al bilancio finale di liquidazione e, nei confronti dei liquidatori, se il mancato pagamento è dipeso da colpa di questi. Gli effetti della nuova legge interessano anche le cancellazioni eseguite in epoca anteriore all’entrata in vigore della nuova normativa sebbene l’eventuale effetto estintivo farà data dal 01.01.2004. Intervenuta una delle cause di scioglimento della società, l’assemblea dei soci delibera la messa in liquidazione della società con la nomina del liquidatore che, in sostituzione dell’amministratore, esercita tutti i poteri/doveri necessari per la messa in liquidazione e cancellazione della società. Il liquidatore, data esecuzione al bilancio finale di liquidazione ed esaurite le operazioni connesse al bilancio con l’effettivo compimento della liquidazione delle eventuali poste attive in favore dei soci, deve procedere alla richiesta della cancellazione della società presso il registro delle imprese poiché è solo con l’adempimento pubblicitario che cessa l’esistenza dell’ente.
La pubblicità-notizia della cancellazione formalizzata presso il registro delle imprese, pertanto, ha natura costitutiva e non meramente dichiarativa. La decorrenza del termine annuale, infatti, prescritto pena decadenza dall’art. 10 della Legge Fallimentare per presentare l’istanza di fallimento decorre dalla data di effettiva cancellazione della società risultante dal registro delle imprese. Con la cancellazione della società, sorge il problema della eventuale mancata estinzione dei crediti sociali e, di conseguenza, la conseguente responsabilità dei soci che, per le società di capitali, sarà limitata alla quota incassata in sede di liquidazione del bilancio finale mentre per le società di persone la responsabilità del socio è illimitata.
A garanzia dei creditori sociali non soddisfatti, pertanto, è assicurato il rimedio di impegnare il bilancio di liquidazione finale nelle ipotesi di nullità del documento contabile nonché di aggredire il patrimonio personale dei singoli soci. In questa ultima ipotesi, tuttavia, come stabilito dalla massima in esame che si uniforma alla sentenza della Cassazione a Sezioni Unite del 12 marzo 2013 n. 6070, l’azione è possibile nei limiti delle somme incassate dai soci delle società di capitali in base al bilancio finale di liquidazione. I debiti sociali, infatti, restano a carico dei soci limitatamente agli utili ricevuti sulla base del riparto effettuato in sede di bilancio finale e, in caso di mancato pagamento per colpa dei soci, l’azione di responsabilità può essere promossa nei confronti del liquidatore.
Avv. Edoardo Spighetti
edoardo.spighetti@gmail.com