Amarcord: Vincenzo Palumbo ed una carriera presa a calci
Di calciatori che non hanno mantenuto le premesse iniziali è piena la storia, così come di atleti oltre le righe, di ragazzi comuni diventati improvvisamente popolari ed incapaci di gestire la notorietà. La storia di Vincenzo Palumbo, attaccante italo-tedesco, è però assai più singolare della classica promessa mai sbocciata, perchè al comune intoppo calcistico, Palumbo ha aggiunto vicende extra sportive e guai giudiziari che rendono unica la sua vicenda.
Nato in Germania ad Heilbronn il 17 maggio 1974, Vincenzo Palumbo è un ragazzo italiano cresciuto in Germania. Alto e possente fisicamente, inizia a calcare i campi di calcio fin da bambino, mettendo in mostra notevoli doti atletiche e di combattente in campo, anche a fronte di una tecnica abbastanza grezza e per nulla raffinata. I primi calci li tira nelle squadrette provinciali di Heilbronn e nei dilettanti del Kickers Stoccarda, prima di trasferirsi in Svizzera dove giocherà con Basilea, Servette e Chenois; sono i primi anni novanta e Palumbo prova ad affermarsi nel calcio nonostante un carattere complicato: è lui il primo ad ammetterlo coi suoi allenatori che cercano vanamente di svezzarlo, molto più mentalmente che tecnicamente, perchè il ragazzone nato in Germania ci mette anima e corpo in campo ma spesso eccede con reazioni inopinate verso avversari ed arbitri, oltre a scappare dai ritiri senza seguire nessuna regola. “Così non farai strada”, gli dicono, ma lui preferisce godersi la vita, contando sul suo temperamento che in mezzo al terreno di gioco lo rende cattivo ma anche trascinatore di compagni più timidi. Lui la timidezza non sa neanche cosa sia, anzi, semmai eccede al contrario, è insolente ed arrogante, ma la gamba nei contrasti non la tira mai indietro. La scomparsa dei genitori in un incidente di macchina ne segna probabilmente ancora di più l’animo ribelle, come lui stesso ammetterà anni dopo.
Segna poco, ma fa un lavoro eccezionale per la squadra, così nell’estate del 1995 lo richiama la patria, non sotto le armi, ben inteso, ma sportivamente: lo vuole infatti la Fidelis Andria che sta per disputare il suo quarto campionato consecutivo in serie B. La stagione dei pugliesi sarà sfortunata e li vedrà retrocedere in serie C, ma Palumbo sarà uno dei più positivi, segnerà 5 gol e verrà confermato anche per l’anno successivo quando l’Andria tornerà prontamente in B vincendo il proprio girone di terza serie grazie anche ai gol dello stesso Palumbo, apprezzato dalla tifoseria andriese per dedizione e carisma, oltre che per quelle 12 reti complessive fra serie B e C, perchè anche nella stagione 1997-98 la Fidelis raggiunge la salvezza. Nell’estate del 1998 Palumbo fa il grande salto dopo un clamoroso contenzioso col Padova con cui aveva firmato un precontratto con ingaggio raddoppiato in caso di promozione e stracciato dallo stesso Palumbo in un autogrill dell’autostrada dopo che il Padova era finito in C. Il club veneto farà causa al calciatore che verrà successivamente squalificato ed obbligato ad un risarcimento pari al primo anno di ingaggio coi biancoscudati. Palumbo lo acquista l’Empoli che lo fa anche esordire in serie A dove l’attaccante nato in Germania colleziona 3 presenze prima di capire che lo spazio sarà poco ed accettare la corte del Pescara tornando in serie B. E’ proprio in Abruzzo che la carriera di Palumbo inizia ad oscillare fra le gesta del campo e i guai al di fuori, perchè il centravanti, pur segnando 12 reti in tre stagioni (lo stesso bottino di Andria) si fa notare soprattutto per le sue bizze: litiga spesso coi compagni in allenamento che mal sopportano i suoi atteggiamenti arroganti, poi si becca 5 giornate di squalifica per aver strattonato violentemente la maglia di un guardalinee al termine di una gara contro il Crotone.
E’ la goccia che fa traboccare il vaso: il Pescara non ne può più di quel calciatore che combina più danni della grandine, che è mal visto dallo spogliatoio che gli rimprovera poca professionalità. Così a gennaio del 2001 lo acquista per 800 milioni di lire il Palermo che è in serie C1 e sta lottando per la promozione; il tecnico dei rosanero è Giuliano Sonzogni che ha conosciuto Palumbo ad Andria e sa come prenderlo e plasmarlo, va dal presidente e lo convince ad acquistarlo: “Non se ne pentirà – dice al patron palermitano – sarà lui a portarci in serie B”. Le ultime parole famose, direbbe la Gialappa’s Band, e visto come finirà l’avventura sicula di Palumbo forse avrebbe ragione il trio di Mai Dire Gol. L’attaccante sbarca in Sicilia in una fredda giornata invernale: capelli corti coperti di gel, occhiali da sole, completo scuro, orecchio destro circondato da orecchini: “Ho un carattere difficile, lo riconosco”, ammette subito ai microfoni, e insomma se il buongiorno si vede dal mattino…..Ma le cose sembrano iniziare nel migliore dei modi perchè alla prima occasione utile Palumbo segna contro la Viterbese e i tifosi palermitani (oltre ad allenatore e società) pensano di aver trovato il bomber giusto per la sospirata promozione che a Palermo aspettano da ormai 4 anni. In effetti il Palermo festeggerà la serie B a maggio del 2001, ma senza Palumbo e senza neanche Sonzogni, esonerato a due giornate dal termine del campionato coi rosanero in piena bagarre col Messina per il primo posto. Due mesi dopo il gol alla Viterbese, infatti, e con altri spezzoni di partita collezionati, Palumbo sparisce per dieci giorni: irreperibile al telefono, nessun amico o conoscente sembra saper niente di lui, tanto che qualcuno vorrebbe addirittura avvisare la trasmissione di Raitre Chi L’ha Visto. Prima che si sollevi un polverone mediatico, però, Palumbo si fa vivo e spiega che è stato costretto a rimanere in Germania dopo il coinvolgimento in un drammatico incidente stradale nel quale suo fratello è rimasto semi infermo ed obbligato a muoversi su una sedia a rotelle. Il Palermo ci crede, forse fa finta di crederci, di queso fratello Palumbo non aveva mai parlato, poi la promozione finale dei siciliani in serie B fa passare la vicenda in secondo piano.
Per la stagione 2001-2002, la prima in B dopo quasi 5 anni, il Palermo chiama in panchina Bortolo Mutti, un tecnico che appena arrivato non è convinto di tenere in rosa Palumbo. Non si fida di quell’attaccante dal carattere riottoso, teme che di mezzo possa andarci l’equilibrio della squadra, tanto più che l’organico rosanero è buono ed il Palermo, nonostante sia una neopromossa, può togliersi qualche soddisfazione inserendosi almeno nella parte sinistra della classifica. In più, la punta si presenta in ritiro con almeno 5 chili di troppo e quando ciò gli viene fatto notare, lui risponde che non è colpa sua se a Palermo vendono arancini ad ogni angolo. Mutti e la società provano a cedere Palumbo al Lecco in serie C, vogliono fargli firmare la rescissione del contratto per 500 milioni, ma il centravanti risponde picche col suo fare strafottente: “In serie C andateci voi, tanto siete abituati”, dice con cattivo sarcasmo alla dirigenza palermitana. Il campionato inizia e Palumbo vede il campo col binocolo, poi a febbraio le cose precipitano ancora di più: la costosa BMW del calciatore viene data alle fiamme nel parcheggio di casa sua, quindi nell’inchiesta che segue si scoprono altarini pericolosissimi ed accuse a cui Palumbo deve rispondere, come traffico di cocaina, detenzione e spaccio, oltre a scoprire un brutto giro di amicizie a cui il calciatore si è legato in Sicilia. E’ troppo: il Palermo lo obbliga a rescindere l’accordo contrattuale, ma il giorno dell’appuntamento in Lega col Collegio Arbitrale per definire la fine del rapporto di lavoro col club siciliano, Palumbo si presenta con un paio d’ore di ritardo giustificandosi con un’improvvisa stanchezza che lo ha fatto addormentare sul divano di casa.
Il CONI lo squalifica per 6 mesi con l’accusa di consumo di sostanze stupefacenti, poi Palumbo ritrova squadra accasandosi alla Torres in serie C. La Sardegna mitiga in parte il suo carattere: l’attaccante ha ormai quasi 30 anni e trova la sua dimensione a Sassari dove in tre anni riesce a ritrovare equilibrio e anche una discreta forma fisica che gli consente di mettere a segno 9 reti. Ancora Sardegna negli anni successivi con contratti ad Olbia e poi fra i dilettanti dove vestirà le maglie di Tavolara, Nuorese, Castelsardo e Calangianus, oltre a brevi parentesi con Pisa, Viterbese e Casarano. A quasi 45 anni, Vincenzo Palumbo scorrazza ancora fra i campetti dei campionati provinciali sardi, sempre abbronzato, sereno e rilassato come forse non è mai stato in una carriera che prometteva bene e che si è invece persa fra un animo insolente e qualche guaio di troppo. Ha vissuto sopra le righe, molto sopra le righe, troppo per affermarsi nel calcio dei grandi. Lo sa anche lui, ma conoscendone il carattere, difficilmente ne avrà rimpianti.
di Marco Milan