Puglia, la gestione dei rifiuti e le mafie parassite

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Nel 2014 la Commissione bicamerale di inchiesta sul ciclo dei rifiuti approvava la Relazione territoriale sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti nella Regione Puglia che riportava queste conclusioni (pp. 332-333):

Vi sono una serie di dati che rendono la Puglia particolarmente permeabile alle infiltrazioni della criminalità: da un lato, la collocazione geografica, dall’altro la presenza di importanti realtà industriali e la sussistenza di stretti legami tra la criminalità pugliese e la criminalità organizzata delle regioni vicine (in particolare Campania e Calabria).

Le recentissime indagini della dda di Bari hanno consentito di avere un quadro più chiaro in merito alle infiltrazioni della criminalità di stampo mafioso nel settore dei rifiuti. (…)

La grave fenomenologia che appare dalle risultanze investigative e dai provvedimenti giurisdizionali adottati in materia è quella di un attacco parassitario delle organizzazioni mafiose all’attività di gestione dei rifiuti. La forma che ha assunto la penetrazione delle organizzazioni nel ciclo dei rifiuti è appunto parassitaria in quanto è consistita nella massiccia introduzione nel settore dei rifiuti di personale privo di qualifica e competenza e perciò inerte, con la conseguenziale paralisi dell’efficienza del servizio, essendovi addetti soggetti allo stesso modo incapaci ed incompetenti.

Il risultato è lo svuotamento dall’interno del servizio, la sua disarticolazione, la sostanziale morte della possibilità di fornire ai consociati un servizio congruo.

Nel 2018 la stessa Commissione, nella sua nuova composizione, concludeva le sue attività con parole altrettanto allarmanti riferite al fenomeno delle Ecomafie in tutto il meridione. Si legge nella Relazione conclusiva (p. 197):

L’ecomafia è da considerarsi un sistema proprio perché nasce dalla convergenza di diverse componenti provenienti dalla criminalità organizzata, ma anche da comportamenti illeciti dell’imprenditoria, della politica e della pubblica amministrazione. Proprio il protrarsi di situazioni emergenziali ha offerto alla criminalità organizzata la possibilità di “approfittare” dell’esistenza di procedure extra ordinem o di somma urgenza nelle quali era più facile inserirsi.

A novembre 2018 si sono insediate la nuova Commissione antimafia e la nuova Commissione di inchiesta sui rifiuti. Il Sen. Nicola Morra, presidente della Bicamerale Antimafia ha dichiarato su questo fenomeno: “È necessario approfondire e studiare le tematiche complesse che legano la criminalità organizzata alla gestione dei rifiuti. Sarà mio compito far sì che la Commissione Antimafia insieme alla Commissione d’inchiesta sui Rifiuti faccia luce su questi legami e intrecci perversi che avvelenano la vita delle persone, inclusi gli interessi che sussistono sulla costruzione degli inceneritori e delle discariche”.

Le istituzioni e la magistratura hanno ripetutatamente analizzato e indagato il fenomeno. Anche sulle vicende pugliesi è, quindi, importante tenere sempre più alta la guardia. Con persistente attenzione e scrupolo. La penetrazione delle mafie nel ciclo dei rifiuti rappresenta un pericolo reale. Il pentito di camorra Carmine Schiavone anni fa raccontava come, fino agli anni 90 (da quel che gli era dato sapere) la Puglia e le sue cave, comprese quelle dell’allora provincia di Bari e della provincia di Foggia, fossero state fra le destinazioni dello smaltimento illecito dei rifiuti della criminalità organizzata campana e calabrese. Successivamente molte inchieste di diverse procure, dal Salento al Gargano passando per Terra di Bari, sono tornate sul fenomeno.

E oltre alle inchieste parlamentari servirà (serve subito) l’indirizzo politico amministrativo a livello nazionale e locale: stop agli affidamenti diretti per i servizi di igiene urbana, un corposo sistema di controlli e sanzioni, lo scardicamento del circolo vizioso politica-sistema rifiuti. Anticamera, quest’ultimo, del peggior voto di scambio.

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