Vicari alla Sapienza spiega la normalità di Diaz
di Chiara Baldi
Diaz è nelle sale cinematografiche ormai da più di un mese (è uscito il 13 aprile) eppure ancora riesce a far parlare di sé e dell’incredibilità della sua realizzazione. Ne ha parlato Daniele Vicari, regista del film, venerdì scorso alla Sapienza, nel corso di un dibattito organizzato da Link, la rete di studenti universitari di natura sindacale e politica.
«È incredibile che gli intellettuali di questo Paese dicano che il lavoro che ho fatto con Diaz è incredibile», ha spiegato il regista alla platea di studenti accorsi ad ascoltarlo. Per Vicari, infatti, «fare Diaz non è stato eroico: è stato il tentativo di fare una cosa “normale” cercando di non caricarla troppo di simbolismo». «È stato anche grazie alla caparbietà del produttore Domenico Procacci – ha continuato Vicari – che è stato possibile realizzare questo film: se ci abituiamo a vivere praticando la normalità, allora facciamo emergere le contraddizioni in cui viviamo».
Un problema, quello della normalità sollevato da Vicari, che anche Pino Maniàci il giorno prima a RomaTre aveva sollevato e che si ricollega anche alla necessità di dover produrre il film con una co-produzione italiana, francese e rumena: «farlo in Italia sarebbe stato impossibile – ha raccontato Vicari – perché onosciamo bene il nostro sistema. Da noi c’è un duopolio distributivo-produttivo che fa sì che tutto passi al vaglio di due personalità con il rischio, poi, di non vederlo uscire».
L’intento del film, comunque, assicura il regista, non è quello di dare delle risposte: «io non voglio dare allo spettatore il “certificato del film”, voglio piuttosto che esca dalla sala con dei dubbi e con delle domande!». Inoltre, per Vicari era importante dare rilevanza alla componente straniera presente dentro la scuola Diaz in quella notte di luglio 2001, poiché, come lui stesso ammette, «non siamo stati in grado di far sapere al resto del mondo che dentro la Diaz erano quasi tutti stranieri: su 93 arrestati, solo 14 erano italiani». Per questo è molto importante, ricorda lo stesso Vicari, anche un documentario che è uscito qualche giorno dopo Diaz e che si chiama Black Block, diretto da Carlo Bachschmidt. Nel documentario si susseguono le interviste di ragazzi stranieri che hanno preso parte al Genoa Social Forum e che si sono ritrovati sia nella scuola Diaz che alla Caserma di Bolzaneto, luoghi in cui hanno subito pestaggi e violenze per giorni. «Bachschmidt conosce personalmente tutti quelli che sono venuti a Genova a testimoniare e il suo lavoro, lo ammetto, mi ha anticipato, perché anche a me sarebbe piaciuto fare un documentario sul G8», ha affermato Vicari. Infine, il giovane regista ha concluso con una nota di cauta speranza: «è molto positiva la conflittualità dialettica che Diaz ha suscitato. I tempi sono maturi, ma non dobbiamo farci illusioni».
Foto di copertina:
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Galleria fotografica di Cristiano Checchi.
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