Serie A. La Roma è sola in testa, stecca il Napoli. Che errore su Paloschi. Allegri e il MIlan dalle sette vite

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È andata in scena la quinta giornata di campionato. Il primo turno infrasettimanale della stagione lascia in eredità per la prima volta una squadra da sola in vetta, la Roma, il Napoli di fronte alla prima grave stecca della stagione e i problemi arbitrali che tornano a fare capolino tra le parti di Torino.

La quiete dopo la tempesta – Se ai fini di maggio ai tifosi della Roma avessero detto che dopo 5 giornate nella stagione avessero compiuto un’impresa mai fatta nel corso della propria storia (5 vittorie di fila nelle prime cinque), in tanti avrebbero riso, per usare un eufemismo. E invece eccola issarsi prima in classifica con 12 gol fatti e uno subito, trascinata nella vittoria di ieri contro la Sampdoria proprio da due al centro di tante discussioni estive. Benatia era chiamato a sostituire Marquinhos, mentre Gervinho in città aveva suscitato tanta ilarità per la pettinatura e per il rapporto complicato con la rete avversaria. Ma l’artefice di questa partenza siede in panchina, quel Rudi Garcia che era entrato a gamba tesa in un ambiente ancora ferito (“Chi contesta è della Lazio” disse a Riscone) ma che già, dopo poche amichevoli, aveva conquistato squadra prima e tifosi poi (per credere vedere il capannello di giocatori intorno all’arbitro a difesa della propria guida appena espulsa, non si sa bene per quale motivo). La Roma segna sempre nel secondo tempo, e lo fa anche a Genova dove per assurdo aveva giocato meglio i primi 45’. Passa la prima ora di gioco a sfinire l’avversario per poi colpire, anche se tra turnover, infortuni (Maicon dopo una mezz’ora di gioco) e grinta doriana, la quinta perla è stata complicata (De Sanctis, su Gabbiadini, ha compiuto anche il primo grande intervento in cinque partite). Alla fine lo slalom gigante di Benatia e la rete di Gervinho su assist di Totti regalano altri tre punti a una Roma che piano piano sembra in grado di venir fuori dalle sabbie mobili.

Prima battaglia persa (pareggiata) – Ma se la compagine di Garcia guarda tutti dall’alto in basso lo deve a un ex dal cuore giallorosso, Eusebio Di Francesco, e soprattutto alla serataccia in cui è incappato il Napoli. Le magliette militari non sono servite, nonostante lo spirito del Napoli dovrebbe essere sempre quello di una guerra (sportiva s’intende). Il Sassuolo, forse svegliato dalla sette sberle prese con l’Inter, è sembrato finalmente quello visto in Serie B lo scorso anno. Nessuno ovviamente dava per fattibile un pareggio tra le due, ma sono proprio partite del genere che nascondono le insidie peggiori, quelle che poi possono minare certezze e convinzioni. Il turnover, credo imprescindibile nella filosofia di Benitez, non ha dato i frutti sperati. Dzemaili, con un siluro da lontanissimo, aveva mostrato la retta via, Zaza con un grande sinistro da posizione impossibile ha imposto il primo macigno a bloccare la strada intrapresa dal Napoli. Gli azzurri sbagliano sotto porta e il Sassuolo è pericoloso in contropiede: è questo il lite motive del secondo tempo. I nero verdi, come svegliati dalla valanga di gol presi solo 3 giorni fa, a Napoli sono ben altra squadra: tutta corsa e grinta, come Di Francesco da giocatore. Alla fine il primo punto in classifica è meritato, mentre la corsa del Napoli si blocca, ma all’ombra del Vesuvio sanno che è solo la quinta giornata.

Fattaccio Paloschi  – A Verona, dove è di scena la Vecchia Signora, va in scena invece un triste spettacolo. Prima di poter parlare del bel gol di Thereau o dell’ottava rete di Quagliarella al Chievo (sempre più chiari i motivi per cui Conte si è opposto alla sua cessione), dobbiamo parlare del clamoroso errore del guardalinee Preti. Paloschi segna approfittando di un erroraccio di Buffon, la bandierina sale, il gol viene annullato. Spiegazione non c’è. Conte non vuole che sia enfatizzato il fatto, chiederlo è lecito, ma pretenderlo lo è di meno. Un errore del genere è talmente grossolano e vistoso che almeno nelle 24 ore successive alla partita merita di essere riportato. Alla fine comunque la Juve esce indenne dalla sfida contro i veronesi e sempre in rimonta (così come domenica contro il Verona a Torino), grazie al definitivo autogol di Bernardini. È una squadra, la Juve, che dopo l’ottimo avvio con la Lazio sta faticando più del previsto, ma che però, nonostante il turnover (fuori Tevez, Vidal e Lichtstenier), si porta lo stesso a 13 punti recuperando già i 2 punti di distacco dal Napoli.

Le sette vite del Milan – Che il Milan sia una squadra dura a morire lo si è sempre saputo. Ma la squadra di Allegri domenica dopo domenica sembra sempre pronta a cadere per poi, come un film di Rocky Balboa, rialzarsi proprio all’ultimo round, a pochi minuti dalla fine dell’ultima ripresa. È successo con il Torino ed è successo di nuovo ieri sera. In vantaggio con il gol di Poli, Abbiati si è poi dovuto giare a raccogliere la palla in fondo alla propria rete per ben 3 volte: doppietta di Laxalt e prima volta anche per Cristaldo. Poi ecco i sessanta secondi della vita: due mischie, due zampate vincenti. La prima è di Robinho, la sconda di Abate. Il Milan così evita la seconda sconfitta di fila, ma continua a non vincere, e la media di un punto a partita rischia di non far durare ancora a molto la permanenza di Allegri sulla panchina rossonera. Per Pioli e il suo bel Bologna altra occasione persa.

Le altre – Aspettando Inter e Fiorentina c’è la Lazio immediatamente dietro a Juve e Napoli. Per i biancocelesti probabilmente giocare 72 ore dopo un derby perso è stata la miglior medicina possibile. Medicina che ha sopperito anche all’assenza di Klose. All’Olimpico gli uomini di Petkovic si sono sbarazzati per 3 a 1 di un Catania ormai veramente irriconoscibile e in caduta libera (1 punto). Le reti di Ederson, Lulic ed Hernanes, ridanno serenità ad un ambiente minato dalle sconfitte con Juve e Roma, e che non ha ancora mandato giù l’immobilismo finale sul mercato del presidente Lotito. Per il Catania la rete del momentaneo pareggio è stata di Barrientos, ma Maran deve seriamente cominciare e preoccuparsi. Spettacolo vero è quello andato in scena al Tardini di Parma, dove Cassano e compagni ce l’hanno messa tutta per complicarsi la vita, ma alla fine sono riusciti a portare a casa i primi 3 punti dell’anno. Succede tutto, o quasi, nel primo tempo, e sono tutti grandissimi gol. Grande  tiro a giro di destro di Mesbah per aprire le marcature, pareggio immediato di Bonaventura, pochi minuti e la grande combinazione Cassano-Parolo porta il centrocampista a colpire al volo con il sinistro alle spalle di Consigli. Poi è Rosi a inventarsi una fuga, accentrarsi sul sinistro, spostarsi di nuovo sul destro e colpire da fuori area. Ma non è finita, il Parma dà spettacolo: grande azione sulla sinistra palla dentro per Cassano che al volo colpisce il paolo, la palla arriva ancora sui piedi di Parolo che scaraventa in rete al volo. Sembra finita ma Denis riapre tutto appoggiando con lo scavino in porta dopo aver superato Mirante. Nel secondo tempo, dopo un primo con 6 gol, si aspettava di più, alla fine è solo Livaja ad accorciare ulteriormente per i neroazzuri. Pareggio bello e ricco di gol è quello a Torino, dove una doppietta di Cerci non è bastata per battere gli ostici uomini di Mandorlini, capaci di rimontare due volte: prima con Gomez e poi con il rigore Jorginho. Sembrava destina a soffrire con tutti invece il Livorno di Nicola continua la sua marcia: contro il Cagliari guadagna un altro punto: 1 a 1 (reti di Luci e Ibarbo) ma sono prestazione e punti (8) a dare fiducia al tecnico del Livorno. Per Ventura l’ennesimo rimpianto di una vittoria sfumata negli ultimi 10 minuti. L’anticipo del martedì ha invece visto l’Udinese di Guidolin imporsi 1 a 0 sul Genoa, frutto della sciagurata autorete di Calaio.

di Cristiano Checchi 

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