Amarcord: Usa ’94, la ballata della Romania
Caldo, afa e tante nazionali alle prese con un ricambio generazionale: ricorderemo sempre soltanto questo dei mondiali americani del 1994? No, ma forse è stato questo il motivo alla base di tante sorprese, dalle semifinaliste Bulgaria e Svezia alla Nigeria esordiente, dall’Arabia Saudita all’Eire, passando per l’assenza di Francia ed Inghilterra, fino ad arrivare all’incantevole e inaspettata recita della Romania, calcisticamente anonima fino a quell’indimenticabile avventura statunitense.
Il 13 ottobre 1993 a Bucarest la Romania batte 2-1 il Belgio, dà un’occhiata alla classifica del proprio girone di qualificazione ad Usa ’94 e si accorge che la partenza verso gli Stati Uniti è più vicina che mai: ad una giornata dal termine, infatti, i rumeni sono in testa al proprio raggruppamento e un mese più tardi basterà vincere in casa del già eliminato Galles per disinteressarsi dello scontro diretto fra Belgio e Cecoslovacchia e staccare così il biglietto per i campionati del mondo. A Cardiff, il 17 novembre 1993, la Romania vince 2-1 e festeggia l’approdo alla sua sesta partecipazione ai mondiali, la seconda consecutiva dopo quella di Italia ’90 terminata agli ottavi di finale e dopo i calci di rigore per mano dell’Eire a Genova. E’ festa in tutto il paese, una nazione appassionata di calcio e consapevole che stavolta la nazionale possa recitare un ruolo discreto nella più grande manifestazione calcistica, contando su un’ottima intelaiatura di squadra e su ottimi talenti, primo fra tutti l’estroso Gheorghe Hagi, uno che quando è in giornata può fare ciò che vuole col pallone. Il commissario tecnico è Anghel Iordanescu che si affida allo zoccolo duro che ha permesso alla Romania di vincere il girone di qualificazione: la punta di diamante è, come detto, Hagi, ma interesse lo destano anche l’attaccante Dumitrescu ed il centrocampista offensivo Munteanu, così come i carismatici difensori Belodedici e Popescu, oltre ai tre “italiani“, il terzino Petrescu del Genoa, il centravanti Raducioiu che ha appena vinto scudetto e Coppa dei Campioni con il Milan e proprio Hagi che ha militato addirittura in serie B nel Brescia.
Il giorno dei sorteggi la Romania si ritiene discretamente soddisfatta, anche se conscia che approdare agli ottavi di finale non sarà semplice in un girone molto equilibrato, senza eccellenze ma anche senza formazioni “materasso“: intanto ci sono i padroni di casa degli Stati Uniti, poi c’è l’ostica Svizzera e la Colombia, da tutti indicata come una delle possibili sorprese dell’intero torneo. Per qualcuno è forse proprio la Romania la compagine più debole del raggruppamento: va bene il talento, va bene l’unione di squadra, ma le rivali appaiono meglio attrezzate della nazionale di Iordanescu. Proprio il commissario tecnico è uomo duro, orgoglioso, non ci sta che i suoi ragazzi passino per la cenerentola del girone e lo dice anche pubblicamente: “Non saremo la nazionale migliore dei mondiali, ma attenzione a sottovalutarci”. Il resto, poi, lo fanno le considerazioni che accompagnano tutte le squadre ad Usa ’94, l’ultima edizione del campionato del mondo a 24 squadre, la poca dimestichezza degli americani con il calcio, gli orari e le temperature proibitive per permettere la visione delle partite in Europa in orari accessibili a quasi tutti. Ciò preoccupa anche la Romania, costretta a giocare due volte alle 16 e una addirittura alle 13, obbligando i preparatori atletici ad un minuzioso studio su come preparare i calciatori ad affrontare allenamenti e gare con tasso di umidità di poco inferiore al 90% e su come preservare muscoli ed energie a temperature così elevate, paragonate anche a quelle non troppo miti della Romania.
E si arriva così alla data d’esordio del girone A di Usa ’94, quello in cui è impegnata la nazionale rumena e che vede la partita inaugurale il 18 giugno a Detroit col pareggio fra i padroni di casa americani e la Svizzera in una gara giocata alle 11:30 della mattina e disputata nel modernissimo Pontiac Silverdome, stadio con tetto richiudibile ed aria condizionata. Meno all’avanguardia, invece, il Rose Bowl di Pasadena che, oltre ad essere l’impianto che ospiterà la finalissima, è anche quello che accoglie lo stesso 18 giugno Colombia e Romania, forse la gara più interessante del girone; il caldo è asfissiante, ma in campo c’è talento da ambo le parti e la sfida è apprezzabile. La Romania passa in vantaggio al 15′ con Raducioiu, poi venti minuti più tardi Hagi mostra al mondo intero di cosa sia capace: riceve palla sulla linea mediana, leggermente spostato sulla sinistra, avanza di qualche metro e poi lascia partire un siluro di sinistro che coglie di sorpresa il portiere colombiano e si insacca all’incrocio dei pali. Resterà uno dei gol più belli dell’intera manifestazione, ma soprattutto porta i rumeni su un sorprendente 2-0; il gol di Valencia illuderà i sudamericani, colpiti ancora da Raducioiu a ridosso del 90′ per un 3-1 che proietta la nazionale di Iordanescu in testa alla classifica e fra i complimenti generali. Il più sembra fatto, ma la Romania, forse ancora sulle ali dell’entusiasmo per la bella prova contro la Colombia, scende in campo sottotono il 22 giugno e lascia strada ad una Svizzera solida e concreta: il 4-1 finale per gli elvetici è una mazzata inattesa per i rumeni, colpiti ed affondati da una squadra rimasta evidentemente coi piedi per terra. La qualificazione viene così rimessa in discussione, anche perché nell’altra gara gli Stati Uniti battono la Colombia e mescolano ancora di più le carte in vista dell’ultimo turno in cui, comunque, la ciambella di salvataggio è la formula del torneo che premia non soltanto le prime due di ogni raggruppamento, ma anche le migliori terze. E’ il 26 giugno 1994 quando la Romania, ancora a Pasadena, gioca contro gli Stati Uniti, accolti da un pubblico festante ma che non riesce (e non riuscirà mai) a creare attorno ai propri beniamini quella bolgia tipica dei paesi europei e sudamericani; i rumeni passano subito in vantaggio con Petrescu, poi resistono ai timidi assalti degli americani che però non si concretizzano; la Colombia, nel frattempo, tira fuori orgoglio e dignità battendo la Svizzera, un risultato che permette alla Romania di vincere il girone con 6 punti, davanti a Svizzera e Stati Uniti a 4, entrambe qualificate, e alla Colombia, eliminata con soli 3 punti.
A sorpresa, dunque, la Romania vince il raggruppamento, anche se fra le quattro è apparsa la squadra meglio organizzata, preparata fisicamente e tatticamente, ma soprattutto con calciatori affiatati e giunti ad uno snodo delle proprie carriere, quasi tutti fra i 25 ed i 26 anni e dunque al massimo della propria efficienza fisica, al contrario, ad esempio, di una Colombia già spremuta e che forse il meglio lo aveva dato 4 anni prima in Italia. La doccia fredda per Hagi e compagni, semmai, la riserva la sorte: il calendario, infatti, pone i rumeni di fronte all’Argentina (ripescata come una delle migliori terze) agli ottavi di finale, un accoppiamento che sa di beffa perché dopo aver vinto il girone, la nazionale di Iordanescu si aspettava un avversario più morbido e non gli argentini che pure appaiono alle prese con un organico stanco, con la vicenda legata al doping di Maradona e con qualche elemento ormai in debito d’ossigeno come Caniggia e come una difesa lenta ed invecchiata. Eppure, Romania-Argentina appare un ottavo di finale dal pronostico chiuso verso i sudamericani, perché sembra valere la regola per cui ai mondiali nella fase ad eliminazione diretta prevalgono sempre storia, blasone ed esperienza. Ma Iordanescu carica i suoi nei giorni che precedono la partita: l’Argentina, a parte il 4-0 sulla mediocre Grecia, è sembrata piena di problemi, disunita, ha battuto a stento la Nigeria, poi è stata travolta dalla Bulgaria, apparendo fragile e per nulla fresca dal punto di vista fisico. Il 3 luglio alle ore 13:30 locali a Pasadena, Romania ed Argentina scendono in campo e il mondo ammira il gioco e la concretezza dei rumeni, in gol dopo appena 11 minuti col guizzante Dumitrescu; la partita è bella, i capovolgimenti di fronte sono tanti, al 16′ l’Argentina pareggia con Batistuta su rigore, ma non c’è neanche il tempo di respirare perché rimessa la palla al centro la Romania segna ancora con Dumitrescu: 2-1, tre gol in appena 18 minuti. In molti si aspettano la reazione dell’Argentina, reduce da due finali mondiali consecutive e dalla vittoria in Coppa America dell’anno precedente, ma è invece ancora la Romania a colpire grazie all’estro di Hagi che va in gol al 58′ per un 3-1 che lascia tutti a bocca aperta. Il gol di Balbo ad un quarto d’ora dalla fine regala un pizzico di suspense ad una partita che in realtà è stata quasi sempre nelle mani dei rumeni che, sofferenze finali a parte, portano a casa risultato e qualificazione, sbattendo fuori una candidata al titolo ed entrando ufficialmente nella storia dei mondiali.
I quarti di finale sono il punto più alto della storia rumena alla coppa del mondo, il traguardo è peraltro ampiamente meritato, la squadra gioca bene, è organizzata ma non disdegna lo spettacolo, soprattutto in attacco dove regna sovrano il talento di Hagi ma dove il movimento di Dumitrescu e la concretezza sotto porta di Raducioiu rendono la formazione europea imprevedibile e pericolosa. A questo punto, perché porsi limiti? Tanto più che ai quarti di finale l’ostacolo è la Svezia, altra rivelazione del torneo, altra compagine solida e dal gioco redditizio. Romania-Svezia è forse il quarto di finale meno nobile, di certo quello dall’esito meno scontato e forse per questo si presenta come una sfida intrigante, nella quale teoricamente potrebbe accadere qualsiasi cosa e anche azzardare un pronostico non è semplice. Le due nazionali si avvicinano alla partita con apparente serenità, del resto sono arrivate già ad un traguardo impensabile alla vigilia, ma forse proprio per questo incomincia a serpeggiare anche un po’ di tensione, nei rispettivi ritiri ci si chiede: se non arriviamo in semifinale stavolta quando mai ci ricapiterà? E’ vero, certi treni non si fermano due volte nella stessa stazione, soprattutto se non ti chiami Brasile ma Romania, soprattutto se non ti chiami Germania ma Svezia. L’opportunità è insomma troppo ghiotta per affrontare la partita come una qualsiasi, la posta in palio è talmente alta che la sensazione generale è che Romania e Svezia saranno guardinghe, almeno inizialmente, col rischio di assistere ad una gara poco spettacolare, tenendo anche conto dell’orario (le 12:30), della temperatura e della possibilità di arrivare oltre il 90′.
Il 10 luglio 1994 a Stanford (California) si gioca così in ordine di tempo l’ultimo quarto di finale di Usa ’94, poche ore dopo la clamorosa impresa della Bulgaria che ha fatto fuori i campioni in carica della Germania. Chi passerà il turno se la dovrà vedere col Brasile che ha eliminato l’Olanda, anche se il pensiero è ora quello di vincere una partita che si presenta spigolosa per entrambe, chiamate a togliersi di dosso l’etichetta di sorpresa e attaccarsi una volta per tutte quella di realtà. Romania-Svezia non è effettivamente la gara più spettacolare del torneo, chi aveva pronosticato prudenza sta indovinando la previsione, anche perché l’afa è quasi insopportabile, persino i tifosi sugli spalti sembrano più attratti dai loro bicchieroni di Coca-Cola ghiacciata che dalla partita. Al 78′, poi, il sussulto che sembra decisivo e che sarà invece solo il primo di tanti colpi di scena: Tomas Brolin, attaccante svedese del Parma, porta in vantaggio i suoi e a 12 minuti dal termine la Romania appare ormai affossata; passano invece dieci minuti e la caparbietà di Raducioiu permette alla nazionale in maglia rossa di raggiungere un pareggio a quel punto insperato: 1-1 e sfida protratta ai tempi supplementari. Ormai le squadre sono stanche ed aperte, adesso sì che lo spettacolo si fa più interessante e gli spettatori neutrali iniziano a divertirsi per davvero; al 101′ ancora Raducioiu è al punto giusto nel momento giusto, si comporta da centravanti di razza in barba a chi lo ha sempre definito un mangiatore di gol. La sua staffilata dal limite dell’area completa una doppietta che fa esplodere il pubblico rumeno che vede la semifinale oramai ad un passo, anche perché la Romania è padrona del campo, sfiora il 3-1 con una punizione di Hagi che esce di un soffio, mentre la Svezia è palesemente in difficoltà. A 5′ minuti dal 120′, però, il portiere rumeno Prunea fa la frittata del secolo non riuscendo ad abbrancare in uscita un innocuo traversone dalla trequarti e lasciando colpire di testa l’ariete Kennet Andersson che fissa il risultato sul 2-2 e manda la sfida ai calci di rigore.
La beffa è terribile per la Romania che vedeva la linea del traguardo a pochi passi e che ora dovrà affidarsi alle prodezze di quel portiere che ha tradito la squadra nel momento decisivo. Ma non c’è tempo per recriminare, ora ci sono i rigori che dovranno determinare l’ultima semifinalista del torneo; difficile anche in questo caso individuare un favorito, la Romania ha forse più talento, ma la freddezza degli svedesi e la bravura del loro portiere Ravelli potrebbe avere la meglio. Sono proprio gli scandinavi a calciare per primi col centrocampista Mild che alza troppo la mira fallendo incresciosamente; per i rumeni segna Raducioiu, imitato da Larsson e da Hagi: dopo due serie la Romania è avanti 2-1. Per la Svezia tira e segna Andersson e altrettanto fa Lupescu, poi segna Brolin e sbaglia Petrescu rimettendo tutto in parità; ultima serie: Ingesson va in gol per la Svezia, Dumitrescu per la Romania, infilando in rete un pallone bollente. Si procede ad oltranza col sesto tiro che per la Svezia batte l’esperto Ronald Nilsson, il quale non sbaglia, mentre per la Romania si presenta il difensore Belodedici che in tutti i 120 minuti di partita non ha sbagliato un intervento, forse è stato il migliore in campo in assoluto. Il calciatore rumeno batte di destro dopo aver preso una lunga rincorsa, il tiro è incerto, fiacco, non molto angolato: Ravelli si getta dalla parte giusta e con una mano respinge il pallone, poi fa una piroetta su sè stesso agitando il pugno in aria prima di essere sommerso dall’abbraccio dei compagni. La Svezia è in semifinale, come nel 1958, come agli ultimi Europei, mentre la Romania si risveglia bruscamente da un sogno interrotto proprio sul più bello, proprio quando sembrava davvero a portata di mano. I calciatori rumeni sono tutti accasciati a terra a centrocampo, Raducioiu piange disteso sulla schiena e con le mani sul volto, Hagi e Lupescu discutono delusi, Iordanescu in panchina è una maschera di sale, ha un sorriso sarcastico che non cela per niente l’enorme frustrazione.
L’intera spedizione rumena torna a casa e viene accolta all’aeroporto di Bucarest da un sincero, sentito e spontaneo applauso, anche se le facce dei protagonisti sono tutte un programma, segno che il dispiacere è ancora fortissimo. I giornali parlano di maledizione dei calci di rigore e della seconda beffa consecutiva dal dischetto dopo Italia ’90, i calciatori preferiscono rilasciare poche e stringate dichiarazioni, mentre Iordanescu si dice orgoglioso dei suoi e di un cammino probabilmente irripetibile. Il declino di quella generazione d’oro coinciderà con i mediocri Europei del 1996 in Inghilterra e con un appena sufficiente mondiale francese, chiuso agli ottavi di finale per mano della Croazia e senza l’enfasi e lo stupore che aveva accompagnato la Romania nel 1994 in una recita che a Bucarest e dintorni rimarrà per sempre la miglior interpretazione mai riuscita.
di Marco Milan