Amarcord: Ludo Coeck, una vita sfortunata
C’è chi al mondo nasce con la camicia, ovvero circondato da agiatezza e comodità, e chi invece è costretto per tutta una vita ad arrabattarsi, a tenersi a galla con l’acqua pericolosamente alla gola. Ludo Coeck, talentuoso centrocampista belga, sembrava appartenere alla prima categoria citata, ma il destino aveva invece in serbo per lui tutt’altro disegno.
Ludo Coeck nasce a Berchem in Belgio il 25 settembre 1955 e la sua carriera da calciatore è pronosticata fin da subito: il ragazzino ha talento, corsa e personalità, il classico fisico asciutto e magro degli anni sessanta-settanta e la dinamite nel piede sinistro da cui partono bordate che i portieri a malapena vedono sfrecciargli accanto. Esordisce giovanissimo nella squadra della sua città ma vi resta poco perché a neanche 17 anni lo nota l’Anderlecht che fiuta l’affare, si rende conto di trovarsi di fronte ad un potenziale fuoriclasse e lo tessera per la prima squadra. Si dice che un calciatore così giovane possa pagare lo scotto del passaggio in una grande squadra; macché, a Ludo Coeck interessa solo giocare a calcio, il dove è un dettaglio e se giocare nell’Anderlecht significa anche vincere trofei, allora tanto meglio. Partito come centravanti, il giovane talento belga si ricicla come centrocampista e diventa un mediano da far invidia ai migliori della storia: non perde un contrasto, recupera la palla e riesce a far ripartire i suoi grazie alla sua progressione, alla sua grinta e alla sua instancabilità. L’Anderlecht ne fa immediatamente uno dei perni della formazione bianco-malva, così come a notarlo è anche la nazionale del Belgio che lo convoca a 19 anni senza pensarci sopra più di tanto e lo fa esordire l’8 settembre 1974 nella gara giocata e vinta in Islanda e valida per le qualificazioni ad Euro 1976.
Le stagioni all’Anderlecht passano veloci e sono piene di trionfi: la squadra è la migliore del Belgio e fra il 1972 ed il 1983 vince 3 scudetti oltre a 5 Coppe del Belgio e, soprattutto, fa la voce grossa anche in Europa dove conquista due volte la Coppa delle Coppe ed una volta la Coppa Uefa. Ludo Coeck si afferma come uno dei centrocampisti più completi d’Europa, nel 1980 arriva secondo agli Europei italiani perdendo la finale con la Germania, mentre due anni più tardi lascia di stucco il mondo per le prestazioni ai mondiali di Spagna quando il 13 giugno 1982 nella partita inaugurale rende inoffensivo Diego Armando Maradona contro l’Argentina campione in carica, quindi decide la sfida contro El Salvador grazie ad una delle sue sventole da fuori area. Nell’estate del 1983 l’Anderlecht capisce di non poter più trattenere il suo gioiello che ambisce a giocare in campionati più competitivi, come ad esempio l’Italia che gli fa già il filo da un paio d’anni. L’accordo col Milan sembra ormai ratificato, Coeck ha già parlato sia col presidente rossonero che con la dirigenza, ha il benestare del tecnico Castagner ed ha limato tutti i dettagli, pronto ormai a porre solo la sua firma sul contratto. Proprio nel momento decisivo, però, sulla scena irrompe l’Inter che offre al belga un accordo più vantaggioso ed ambizioni migliori, visto che il Milan è neopromosso dalla serie B mentre i nerazzurri possono giocarsi il titolo assieme a Juventus, Roma e Fiorentina.
Coeck accetta l’Inter, sa bene che il Milan ci rimarrà male, ma pensa ai suoi interessi e alla sua carriera che in serie A può trovare la sua definitiva consacrazione. Il centrocampista fiammingo è uno dei colpi dell’estate, i tifosi non vedono l’ora di vederlo all’opera e l’occasione appare propizia quando l’Inter affronta in amichevole e in pieno luglio il Livorno che è appena retrocesso dalla C1 alla C2. Coeck gioca, è l’attrazione numero uno del giorno in quella che dovrebbe essere soltanto una sgambata estiva e che si trasforma invece nell’inizio di un incubo per il calciatore interista. Avete presente quando in un film horror il protagonista mette piede per la prima volta nella casa maledetta e lo spettatore capisce che quello sarà il punto di non ritorno? Ecco, a Ludo Coeck sul prato dello stadio Ardenza di Livorno accade proprio questo. Durante la partita, infatti, il centrocampista nerazzurro sente tirare la gamba in maniera anomala, alza un braccio e chiede il cambio; il responso è peggiore del previsto: stiramento e dunque preparazione sospesa e recupero. Il 4 settembre 1983 l’Inter gioca a Parma una gara di Coppa Italia e Coeck è di nuovo a disposizione, pronto per far innamorare il pubblico interista con il suo fosforo, il suo dinamismo e le sue micidiali cannonate. Ma il destino lo ha ormai messo nel mirino e il belga si procura banalmente una distorsione alla caviglia che lo costringe ad un nuovo stop che ritarda il suo esordio nel campionato italiano, previsto per il successivo 11 settembre quando l’Inter perderà in casa contro la Sampdoria per 2-1.
L’avvio di stagione dei nerazzurri e quello di Coeck sembrano andare di pari passo: la formazione milanese perde infatti anche alla seconda giornata in casa della Lazio, poi anche alla quarta ad Ascoli dopo lo scialbo pareggio casalingo per 0-0 contro il Torino. Dopo il successo col Napoli al quinto turno di campionato, finalmente arriva il momento di rilanciare Coeck che è pronto per la trasferta di Udine del 23 ottobre. L’incontro è avvincente e terminerà 2-2, ma la partita del centrocampista belga viene condizionata da una terribile botta al costato che lo obbliga un’altra volta a lasciare il terreno di gioco anzitempo; sembra una sfortuna senza fine, anche perché neanche un mese dopo Coeck durante Svizzera-Belgio, gara valida per le qualificazioni agli Europei del 1984, si fa di nuovo male alla caviglia. E’ una stagione dannata per lui e per l’Inter che non riesce a contare sull’acquisto migliore del suo calciomercato estivo, costretto in infermeria per quasi tutto l’anno ed arrivato a collezionare appena 15 presenze fra campionato, Coppa Uefa e Coppa Italia, senza gol, senza assist e senza guizzi, riuscendo comunque a strappare la convocazione per gli Europei dove giocherà anche due partite. Il club nerazzurro non si fida delle sue condizioni, già in primavera ha deciso che a fine anno lo piazzerà sul mercato a causa di un rendimento messo troppo a rischio dai malanni fisici. Coeck finisce così all’Ascoli, ma il presidente Costantino Rozzi pretende l’inserimento di una clausola nel contratto con l’Inter: se il calciatore non risulterà perfettamente sano dopo i controlli medico sanitari, la società marchigiana potrà rispedirlo a Milano senza sborsare una lira. I medici dell’Ascoli riscontrano una malformazione all’anca, Rozzi fa valere la clausola e l’affare salta senza che Coeck abbia neanche posato con la maglia bianconera.
Il centrocampista, quasi demoralizzato, torna in Belgio e si sottopone ad un altro intervento chirurgico (il sesto dopo quelli agli arti inferiori) che possa risolvere il problema all’anca. Rimesso in piedi dall’equipe medica, Coeck chiama più amici possibili fra procuratori e dirigenti per tentare di rientrare nel grande calcio, anche perché l’Inter nel frattempo lo ha mollato per tesserare altri due stranieri, Brady e Rumenigge. Intanto la stagione 1984-85 passa per intero senza che l’ex ragazzo prodigio dell’Anderlecht metta piede in campo; alla soglia dei trent’anni il treno sembra ormai passato, ma Coeck vuole giocare ancora, vuole dimostrare di essere più forte degli infortuni e di un fato avverso che continua a scaricargli addosso tutte le sue saette. Trova un contratto con il Molenbeek, squadra belga che ha vissuto anni di gloria e si sta avviando verso un declino inaspettato ma inesorabile, proprio lo stesso di Ludo Coeck che ancora si illude di poter ritrovare una nuova giovinezza e, forse, una seconda carriera nel suo Belgio. Il 7 ottobre 1985, invece, dopo aver partecipato come ospite alla trasmissione televisiva Extratime dove peraltro parla dei suoi guai e della separazione con la moglie, il centrocampista fiammingo resta coinvolto in un drammatico incidente stradale che coinvolge due automobili (fra cui la sua) ed un camion; l’impatto è tremendo, la macchina di Coeck viene scaraventata contro lo spartitraffico e il calciatore è estratto a fatica dalle lamiere. Le sue condizioni appaiono immediatamente disperate e i medici sono scettici circa una sua ripresa: il corpo di Coeck appare straziato e devastato, il fegato spappolato, fratture multiple un po’ ovunque ed una emorragia cerebrale che lascia pochissime speranze di sopravvivenza.
Dopo 48 ore di strenua lotta, Ludo Coeck muore nella clinica dell’Università di Anversa. E’ il 9 ottobre 1985 ed il calciatore ha da poche settimane compiuto 30 anni, troppo pochi per morire, troppo pochi perfino per smettere di giocare a calcio. La vita sfortunata del bravo centrocampista belga è stata da sogno per oltre 26 anni, condita dalla passione ed il talento per il pallone, dalla fama e dal successo, per poi diventare improvvisamente un calvario con infortuni a raffica, come se il destino si fosse accorto di avergli dato troppo prima e che volesse riprendersi tutto con gli interessi. Ludo Coeck era forse nato con la camicia, ma qualcuno ad un certo punto ha deciso inspiegabilmente di sfilargliela, lasciandolo solo contro tutti e senza vie d’uscita.
di Marco Milan